Presentazione incontro “Energia e Geopolitica” presso Grosseto

Rapporto dell'ISPI su Energia e GeopoliticaPer i nostri affezionati lettori rendo disponibile la presentazione utilizzata la scorsa settimana a Grossetto presso la sede della Banca della Maremma.

Nelle diapositive dal titolo L’energia in Europa al 2030 vengono descritti in forma sintetica i contenuti del capitolo 2 del rapporto ISPI, con l’aggiunta di alcuni riferimenti ai recenti sviluppi in materia di Unione dell’energia.

Buona visione (commenti e consigli sono ben accetti!).

Economia dell’energia. I fondamenti

Pireddu - Economia dell'energia. I fondamentiAl giorno d’oggi moltissima informazione in materia di energia e politiche dell’energia è disponibile sul web, ma la lettura di un testo più ampio in grado di affrontare con precisione e ampiezza i più importanti temi non deve affatto essere messa in secondo piano. Anzi, è essenziale per avere una bussola nel mare magnum del dibattito pubblico e delle opinioni spesso contrastanti che lo alimentano.

È per questo che avviso con piacere i nostri lettori dell’uscita della seconda e ampliata edizione di un manuale, cui anche io ho dato un contributo, che si occupa di economia dell’energia. Il testo, di livello universitario, è stato scritto da Giancarlo Pireddu, professore dell’Università di Pavia, e rappresenta uno dei pochi libri disponibili in lingua italiana sul tema (un altro molto bello, ma decisamente più breve e meno approfondito è quello curato da Pippo Ranci nel 2011).

Partendo da un’attenta descizione degli aspetti fisici e tecnici dell’energia, Pireddu ripercorre i temi classici dell’economia dell’energia: la domanda di energia e le sue componenti strutturali, l’intensità energetica, i costi di produzione delle varie fonti energetiche, i mercati dell’energia (petrolio, gas, elettricità), la regolazione dei settori a rete, la liberalizzazione e la concorrenza, gli effetti macro-economici del settore energetico.

Data la lunghezza del testo, circa 750 pagine, il libro è consigliabile per chi voglia o debba fare uno studio approfondito della materia o abbia bisogno di consultare alcuni temi specifici, di cui la pubblicistica per il grande pubblico non fornisce la rilevante bibliografia oppure non presenta la formalizzazione analitico-matematica necessaria.


Giancarlo Pireddu
Economia dell’energia. I fondamenti
Seconda edizione, CLU, Pavia, 2015, pp. 766.
ISBN/EAN: 9788877910448 (cartaceo)
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Scala Mercalli: una buona puntata con qualche precisazione

Scala_MercalliA qualcuno potrà sembrare che stia facendo una crociata contro Rai 3 (vedi qui e qui). Non è così. Tuttavia, la puntata di sabato di Scala Mercalli, mi ha dato lo spunto per alcune osservazioni e precisazioni che ritengo utili avanzare ai nostri lettori e solleticare il loro senso critico.

Infatti, sebbene il livello della puntata sia insolitamente alto per un programma televisivo – in particolare è apprezzabile come si spieghino con precisione di linguaggio e pazienza vari concetti legati al clima e all’inquinamento – qualche cedimento si registra quando si passa ai ragionamenti di tipo più economico e di prescrizioni di policy.

Primo, quando attorno al minuto 55 si parla di idrocarburi, si arriva a sostenere che l’estrazione dello shale non ha senso nè in termini energetici, nè in termini economici: curisoso che diverse imprese ci abbiano investito quasi mille miliardi di dollari. Forse è lecito avere dei dubbi. 🙂

Certo, il rendimento energetico dell’estrazione di idrocarburi non convenzionali è inferiore a quello che si ha oggi nei ricchi campi sauditi o che si aveva nei giacimenti del Nord America che venivano sfruttati 80-90 anni fa, ma contemporaneamente è aumentata molto l’efficienza delle macchine che usano quegli idrocarburi: il valore economico di una singola unità fisica di petrolio o gas disponibile per il consumo finale è dunque molto aumentata, perchè con essa riesci a ottenere maggiori servizi energetici.

Bisogna poi non confondere le risorse con riserve: la Terra contiene sì un ammontare finito di risorse di idrocarburi, ma le riserve non sono “finite” a priori. La tecnologia e le preferenze dei consumatori possono rendere più o meno sfruttabili economicamente certe risorse, che quindi possono trasformarsi o meno in riserve.

Secondo, quando attorno al minuto 70 si presenta il caso danese e lo si esalta così tanto, si omette forse di notare che:

  • la resa energetica dei pannelli fotovoltaici in Danimarca è probabilmente inferiore a quella dell’estrazione di gas da scisto (il fattore di carico sarà circa 800-900 ore l’anno);
  • la Danimarca è un discreto produttore di petrolio e gas naturale e possiede una quantità di vento e di spazio dove coltivare piante e animali notevole (bassa densità di popolazione, piovosità che favorisce la crescita delle biomasse, ecc.), che altri paesi non hanno;
  • la Politica Agricola Comune probabilmente facilita non poco i progetti “verdi” danesi, in quanto tende a sussidiare l’allevamento di bovini e la produzione di cereali in modo sproporzionato;
  • non si dimentichi che il metano rilasciato dalla digestione degli animali da allevamento (bovini in primis) è un potente gas a effetto serra (le scoregge fanno male al clima 🙂 );
  • l’Italia ha un mix elettrico non meno verde della Danimarca, dato che nel 2014 circa il 40% della elettricità prodotta è venuta da rinnovabili.

Infine, quando attorno al minuto 100 si parla di abitazioni efficienti e si porta il caso dell’Appenino bolognese, non viene evidenziato il costo delle case efficienti. L’intervistato parla di un 10% in più. Tradotto in soldi, se una casa normale costa 250-300.000 euro, ciò significa 25-30.000 euro in più. Non sono pochi e ciò implica che per recuperare l’investimento addizionale, che ovviamente solo le famiglie più benestanti possono permettersi, servono, a spanne 15-20 anni (gli intervistati parlano infatti di un risparmio sulle bollette di 1.000-1.500 euro l’anno).

Non si indaga poi il fatto che bruciare legna non è necessariamente più pulito che bruciare metano: se le caldaie non sono avanzate, la quantità di particolato e di ceneri rilasciate non è poca.

Non sono contro l’efficienza energetica, ci mancherebbe, ma bisognerebbe stare attenti a riportare tutti i lati della medaglia quando si vuole informare correttamente il pubblico.

Ps: resta un peccato che la Rai continui a trasmettere i suoi programmi di approfondimento scientifico-culturale prevalentemente il sabato sera, quando la maggior parte degli adolescenti e dei giovani tende a uscire. Credo bisognerebbe essere più coraggiosi nelle scelte del palinsesto: se stimolato adeguatamente, il pubblico risponderà.

Contro l’inquinamento non servono opposizioni di principio ma vigilanza

basilicataQualche giorno fa ho visto una puntata di Presa Diretta dedicata allo Sblocca Italia e ai danni ambientali che lo sfruttamento di idrocarburi starebbe producendo nell’area della Val d’Agri in Basilicata.

Personalmente, si tratta di una regione che amo e che ho apprezzato molto turisticamente, soprattutto per i suoi paesaggi poco popolati, i suoi panorami selvaggi, nonché per la bontà della cucina.

Di conseguenza, fa bene il programma a evidenziare il problema dell’impatto ambientale che le attività estrattive e di lavorazione possono generare.

Tuttavia, come altre volete evidenziato, è necessario evitare sensazionalismi e affermazioni basate unicamente sull’emotività, che spesso inducono al rifiuto e all’opposizione totale.

Non ha senso dire che il 70% della Basilicata potrebbe essere coperto di pozzi petroliferi (non si tratta di formazioni shale e quindi i pozzi sarebbero al massimo poche decine sparsi su migliaia di km2). Non ha senso dire che tutto il petrolio italiano ci basterebbe solo per due anni e quindi è inutile che roviniamo il paesaggio per sfruttarlo (agli attuali tassi di sfruttamento ci vorrebbero più di dieci anni per estrarre le sole riserve provate: poi se ne possono trovare ancora altre). Per non parlare del filmato di Ficarra e Picone (due comici che apprezzo), basato puramente sull’emotività e non su dati o ragionamenti bilanciati.

Al contrario, qui come altrove (Ilva, TAP, TAV, ecc.) è necessario un cambio di mentalità. L’attività economica va sostenuta e facilitata. E invece di fare ostruzionismo duro e puro, è meglio pretendere un’applicazione delle norme e un assiduo controllo da parte degli enti preposti, che devono essere dotati delle competenze tecniche e dei requisiti di indipendenza necessari, per poter vigilare, fare attente analisi e sanzionare comportamenti illeciti.

Invece di vietare i pozzi di petrolio, bisogna controllare che questi siano fatti a regola d’arte e rispettino elevati standard di sicurezza!

Insomma, invece di gridare sempre al lupo al lupo come Pierino, bisogna diventare più seri. Questo richiede impegno e costanza, ma certo fa parte di quell’evoluzione necessaria per mantenere l’Italia tra il novero dei paesi avanzati.

Ps: quando dico che alcuni interventi di questa puntata di Presa Diretta come di altri programmi televisivi sono molto emotivi e poco ragionati, mi riferisco soprattutto al fatto che spesso indicano un danno, un costo ambientale o altro senza contestualizzarlo, senza indicare il corrispettivo beneficio o il costo opportunità della scelta alternativa. Ad esempio: 250 milioni di euro di entrate per la Basilicata all’anno con le nuove regole sono oltre 350 euro per ogni lucano all’anno. Oppure: dei 7-8 miliardi di euro di valore del petrolio estratto in Italia l’anno scorso, è parziale dire che solo 400-500 milioni sono rimasti in Italia. Se contiamo gli stipendi dei lavoratori, i dividendi pagati da Eni agli azionisti italiani, ecc. il valore è molto maggiore.

Insomma, bisogna sempre essere molto prudenti quando si fanno analisi costi-benefici.

Tensioni in Libia ma non sui mercati del petrolio

mappa-libia-cirenaica3Nonostante le numerose tensioni geopolitiche che hanno caratterizzato questo primo scorcio di 2015, il prezzo del petrolio, dopo un mini-rimbalzo a inizio febbraio, si mantiene su livelli piuttosto contenuti, attorno ai 60 $ al barile.

In particolare, la situazione di profonda crisi che caratterizza la Libia non sembra incidere troppo sulle quotazioni internazionali.

Su questo tema vi segnalo un mio breve contributo apparso oggi su AgiEnergia.

Il calo delle quotazioni del greggio: un bene o un male per i paesi importatori?

petrolioStamattina ho letto sul Sole 24 Ore un lungo articolo in cui si riportavano le opinioni di vari analisti finanziari sugli effetti del calo delle quotazioni petrolifere.

Data l’entità della variazione del prezzo (-60% circa se calcolato in dollari, -45% circa se calcolato in euro) e l’importanza della commodity (anche perchè rappresenta un riferimento di prezzo per altre fonti di energia), l’impatto sul quadro macro-economico può essere significativo, sia in positivo che in negativo.

Nell’articolo si sottolineano i vari rischi che il ribasso comporta, in particolare le perdite finanziarie per le imprese energetiche e le società finanziarie, nonché la minore domanda di investimenti nel settore oil&gas.

Ad ogni modo, credo che per paesi come l’Italia i vantaggi sono e saranno maggiori degli svantaggi: maggiore potere di acquisto grazie alla riduzione della spesa per energia e trasporti, rafforzamento del dollaro e quindi dell’export (salvo ovviamente che verso i paesi esportatori di greggio), sollievo per il settore della raffinazione.

Non credo molto alle minacce di una deflazione indotta dal calo di materie importate e ai danni che essa produrrebbe. Molto più colpevole è un’indiscriminata politica di austerità delle finanze pubbliche.

Nel complesso quindi il calo dovrebbe essere una cosa abbastanza buona, a meno che non siate azionisti di Eni, Tenaris o creditori del Venezuela. Ma questa è un’altra storia.

PS: commenti da parte di macro-economisti sono ben accetti.

PPS: per chi oggi fosse a Padova, consiglio un convegno al Centro Levi Cases dell’Università di Padova. Massimo Nicolazzi parlerà di idrocarburi non convenzionali e dell’impatto del loro sfruttamento sui mercati energetici.