L’età dell’abbondanza: come cambia la sicurezza energetica

Nicolazzi e Rossetto - L’età dell’abbondanza: come cambia la sicurezza energeticaDopo alcune settimane di latitanza, segnalo ai lettori di questo blog l’uscita del nuovo rapporto dell’ISPI dedicato all’energia.

Se quello dell’anno scorso aveva avuto un taglio per aree geografiche (Europa, Cina, Russia, Asia centrale, ecc.), l’edizione di quest’anno è invece incentrata sul concetto di sicurezza energetica, un tema emerso con forza nel dibattito pubblico e in quello accademico a partire dalle crisi petrolifere degli anni ’70, che hanno mostrato come l’approvvigionamento regolare di energia a prezzi abbordabili non potesse essere dato per scontato.

Proprio sulla scorta di quegli eventi, il concetto di sicurezza si è incentrato prevalentemente sulla disponibilità di fornitori e rotte d’importazione degli idrocarburi diversificate e sulla stabilità nel tempo dei prezzi delle materie prime energetiche.

Negli ultimi anni il panorama è tuttavia mutato e il concetto o, forse meglio, la sua rilevanza e la sua applicazione pratica vanno perciò ripensati e riqualificati.

A richiedere questo spostamento semantico sono da un lato il notevole aumento della disponibilità di fonti fossili di energia da 18-24 mesi a questa parte e, dall’altro, la questione climatica, al centro di quasi tutti i dibattiti sull’energia, anche in seguito alla Conferenza di Parigi.

Il primo fattore pone in evidenza questioni che potevano essere meno importanti in un contesto supply-constrained, come la sicurezza della domanda per i paesi esportatori e la sostenibilità degli investimenti in nuove riserve; mentre il secondo fattore rileva da un lato perché i negoziati internazionali esercitano un’influenza, perlomeno indiretta, sulle politiche energetiche dei paesi e perché, dall’altro, in un contesto climatico in cambiamento anche la domanda di energia e l’affidabilità delle forniture cambiano e vanno ripensate (si pensi ai frequenti picchi di domanda estiva, agli eventi climatici distruttivi e quant’altro).

Il rapporto cerca di far luce su questi temi presentando il punto di vista e il contributo specifico di una serie di esperti, provenienti dal mondo accademico, dalle imprese o dalle istituzioni.

In questo modo il rapporto riesce a fornire spunti d’interesse sia per lettori curiosi ma relativamente profani, che per quelli più esperti e consapevoli, cui magari interessa approfondire aspetti specifici o essere aggiornati sugli sviluppi recenti.

Detto questo non mi resta che augurarvi una buona lettura e una buona Pasqua.

PS: per chi fosse interessato, la versione cartacea sarà prossimamente disponibile presso Edizioni Epoké.

L’Azerbaigian e il Corridoio meridionale

Il tema della diversificazione degli approvvigionamenti europei di gas e del potenziale ruolo del Corridoio meridionale del gas tornano ciclicamente alla ribalta con l’arrivo della stagione fredda.

Pipeline Politics in Southeastern Europe (© Center for American Progress)

L’Azerbaigian, agli onori delle cronache in questi giorni per il tragico incidente alla piattaforma di Guneshli, è al momento l’unico fornitore di gas per il Corridoio meridionale, destinato a portare 10 Gmc all’anno di gas in UE, di cui 8 in Italia attraverso il TAP.

Per chi volesse approfondire al questione, tra i tanti volumi pubblicati sul tema, segnalo Azerbaijan and the New Energy Geopolitics of Southeastern Europe, curato da Margarita Assenova e Zaur Shiriyev. Nonostante nel taglio traspaiano inevitabilmente gli incarichi istituzionali dei due curatori, i contenuti sono ricchi di informazioni e di spunti.

Dalla prospettiva italiana, forse il capitolo più interessante è quello dedicato alla costa orientale dell’Adriatico: The Southern Gas Corridor’s Adriatic Prospects: Slovenia, Croatia and Montenegro, di Fabio Indeo dell’Università di Camerino. Spesso negletta, la sponda balcanica dell’Adriatico è destinata da un significativo sviluppo economico e infrastrutturale, che può avere ricadute di rilievo anche per l’Italia.

Economia dell’energia. I fondamenti

Pireddu - Economia dell'energia. I fondamentiAl giorno d’oggi moltissima informazione in materia di energia e politiche dell’energia è disponibile sul web, ma la lettura di un testo più ampio in grado di affrontare con precisione e ampiezza i più importanti temi non deve affatto essere messa in secondo piano. Anzi, è essenziale per avere una bussola nel mare magnum del dibattito pubblico e delle opinioni spesso contrastanti che lo alimentano.

È per questo che avviso con piacere i nostri lettori dell’uscita della seconda e ampliata edizione di un manuale, cui anche io ho dato un contributo, che si occupa di economia dell’energia. Il testo, di livello universitario, è stato scritto da Giancarlo Pireddu, professore dell’Università di Pavia, e rappresenta uno dei pochi libri disponibili in lingua italiana sul tema (un altro molto bello, ma decisamente più breve e meno approfondito è quello curato da Pippo Ranci nel 2011).

Partendo da un’attenta descizione degli aspetti fisici e tecnici dell’energia, Pireddu ripercorre i temi classici dell’economia dell’energia: la domanda di energia e le sue componenti strutturali, l’intensità energetica, i costi di produzione delle varie fonti energetiche, i mercati dell’energia (petrolio, gas, elettricità), la regolazione dei settori a rete, la liberalizzazione e la concorrenza, gli effetti macro-economici del settore energetico.

Data la lunghezza del testo, circa 750 pagine, il libro è consigliabile per chi voglia o debba fare uno studio approfondito della materia o abbia bisogno di consultare alcuni temi specifici, di cui la pubblicistica per il grande pubblico non fornisce la rilevante bibliografia oppure non presenta la formalizzazione analitico-matematica necessaria.


Giancarlo Pireddu
Economia dell’energia. I fondamenti
Seconda edizione, CLU, Pavia, 2015, pp. 766.
ISBN/EAN: 9788877910448 (cartaceo)
Scheda dell’editore
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Servizio Bibliotecario Nazionale

Quattro priorità d’azione per l’Europa

ISPI - Energia e geopoliticaNelle conclusioni della collettanea Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio ho proposto quattro indicazioni generali, che prendono spunto dalle analisi dei diversi capitoli e che possono servire a valutare l’adeguatezza delle politiche energetiche europee, attuali e proposte.

Aumentare l’efficienza energetica
La prima priorità d’azione è quella di aumentare costantemente l’efficienza energetica, ossia di ridurre i consumi energetici a parità di lavoro svolto. Per un insieme di economie importatrici come quelle europee, la riduzione del fabbisogno è un elemento importante per abbassare i costi di produzione e dunque aumentare la competitività.
Aumentare l’efficienza significa anche ridurre la vulnerabilità rispetto ai problemi di approvvigionamento, perché in caso di indisponibilità di un fornitore i volumi da rimpiazzare sono minori. Inoltre, dato ancora più importante, le variazioni nelle quotazioni di gas e petrolio incidono di meno sui processi economici.
I decisori politici dovrebbero dunque promuovere in modo prevedibile e progressivo gli aumenti di efficienza, anche quando le contrazioni dei prezzi dell’energia riducono lo stimolo per gli attori economici a contenere i costi e l’adozione di misure normative vincolanti rappresenta l’unica alternativa.
Nel caso europeo, l’efficienza degli usi finali è già superiore alla media mondiale, ma occorrono ulteriori interventi normativi per accelerare i miglioramenti nei diversi settori, dall’edilizia ai trasporti, ai processi produttivi. Nella legislazione vigente, l’obiettivo al 2020 di riduzione dell’efficienza è però l’unico non vincolante e, nonostante gli interventi in alcuni settori specifici, anche per gli obiettivi al 2030 non è ancora emersa la volontà di includere l’obiettivo dell’efficienza tra quelli vincolanti.

Aumentare l’integrazione dei mercati
La seconda priorità d’azione è quella di proseguire con l’integrazione dei mercati energetici europei, in particolare quello elettrico e quello del gas. Un mercato più ampio e interconnesso ha infatti un approvvigionamento più diversificato, può sfruttare le complementarietà dei diversi sistemi nazionali e in ultima analisi è più resiliente.
Nel caso del gas, in particolare, dato che la domanda europea resterà debole e le infrastrutture di importazione sono nel complesso ridondanti, per decisori politici dei paesi europei l’integrazione è una soluzione ottimale per contenere i costi a parità di livello di sicurezza ottenuto.
La legislazione vigente, giunta al terzo “pacchetto energia”, ha finora favorito una crescente convergenza dei mercati nazionali, ma esistono ancora numerosi ostacoli normativi a una piena integrazione, anche a livello infrastrutturale. L’elemento più evidente del mancato completamento del processo di integrazione è l’assenza di un regolatore unico dell’energia a livello europeo.

Promuovere la concorrenzialità dei mercati
La terza priorità è quella di implementare e mantenere la struttura concorrenziale e aperta dei mercati energetici. Il ricorso ai meccanismi di mercato è uno degli aspetti fondanti non solo delle politiche energetiche europee, ma della struttura stessa dell’UE, sulla base dell’assunto che un mercato concorrenziale sia il miglior strumento per allocare efficientemente le risorse.
Pur nella necessità di contemperare esigenze diverse, occorre evitare che il perseguimento di obiettivi ambientali o di politica estera introducano distorsioni tali da compromettere l’efficienza del funzionamento del mercato, riducendone la concorrenzialità e dunque la capacità di aumentare il benessere e la sicurezza delle economie europee.
La legislazione vigente a livello europeo è frammentata e manca un indirizzo unitario e organico in tema di politica economica e industriale. Questa situazione favorisce una competizione tra istituzioni che fa emergere priorità e scelte a volte incompatibili tra loro, che rendono particolarmente incerto il quadro normativo per gli investitori e generano inefficienze.
Per quanto riguarda i consumatori finali, l’efficienza dei meccanismi di mercato è data dalla possibilità di discriminare tra le offerte e scegliere sulla base dei segnali di prezzo. Un elevato livello di tassazione, come quello vigente in molti grandi mercati europei, distorce i segnali di prezzo sino a renderli poco significativi nella scelta dell’offerta, compromettendo così l’efficienza dei mercati. Ridurre la rigidità dello strumento fiscale per i consumi energetici rappresenta dunque una condizione necessaria al funzionamento dei mercati finali europei e, in prospettiva, del mercato unico.
Il mercato e la concorrenza non sono solo principi che informano i processi economici interni all’UE, ma sono anche le modalità con cui gli operatori europei si approvvigionano a livello internazionale. Per i governi europei il rafforzamento delle istituzioni di mercato a livello internazionale e l’aumento della concorrenzialità anche al di fuori dell’Europa sono dunque strumenti primari per il rafforzamento della sicurezza energetica europea.

Ricercare protocolli condivisi a livello globale sulle emissioni
La quarta priorità è quella di ridurre le emissioni a livello globale e non solo regionale. A differenza dell’inquinamento locale, nel caso dell’anidride carbonica ridurre le emissioni in una regione non produce alcun beneficio locale, ma solo globale e solo se la riduzione dei volumi complessiva è sufficientemente ampia.
Gli sforzi imposti alle economie europee per ridurre le emissioni di anidride carbonica hanno già oggi un effetto marginale a causa della quota ridotta delle emissioni europee sul totale (11%). Questa quota è destinata a ridursi ancora – fino al 7% del totale – nel corso del prossimo decennio, quando i consumi europei diminuiranno mentre quelli del resto del mondo aumenteranno rapidamente, rendendo sempre più inutili gli sforzi unilaterali europei.
Gli obiettivi europei vigenti sono di una riduzione per il 2020 del 20% delle emissioni rispetto al 1990 ed è già emersa la volontà di portare questo obiettivo al 40% entro il 2030. Il rispetto degli obiettivi al 2020 è fortemente agevolato dalle conseguenze della crisi economica, mentre il rispetto degli eventuali nuovi obiettivi al 2030 potrebbe essere nettamente più costoso, favorendo tra l’altro un’ulteriore deindustrializzazione del continente se adottate in modo unilaterale.
La priorità per i decisori politici europei è dunque quella di ricercare protocolli condivisi sulle esternalità negative delle emissioni di gas climalteranti, a cui possano aderire i governi di tutte le grandi economie mondiali. La definizione di standard globali consentirebbe di trasformare la questione della riduzione delle emissioni da un tema di impegno su basi etiche a un tema di mercato, in base al quale incorporare nei prezzi finali il costo delle esternalità nelle attività economiche attraverso meccanismi di tassazione coordinati a livello globale.
In caso di mancata cooperazione, un’alternativa per i paesi europei potrebbe comunque essere quella di destinare più attenzione e più risorse alle misure di contenimento degli effetti del cambiamento climatico sul territorio e sulle attività umane. In questo caso, peraltro, gli investimenti avrebbero ricadute positive certe e su base locale, a prescindere dalle scelte di politica ambientale di altri governi.

Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio

ISPI - Energia e gepoliticaIl fabbisogno energetico globale si espande incessantemente e le fonti fossili continuano a dominare i consumi di tutte le grandi economie. Alla stesso tempo, le crisi che in questi anni stanno sconvolgendo alcune delle principali aree di produzione stanno inevitabilmente condizionando le scelte politiche dei governi, con conseguenze di lungo periodo.

Sul tema ho appena curato per l’ISPI una collettanea dal titolo Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio. Questo l’indice del volume:

Prefazione di Paolo Magri
1 – Geopolitica dell’abbondanza di Massimo Nicolazzi
2 – L’energia del futuro, tra rivoluzione americana e boom asiatico di Matteo Verda
3 – L’energia in Europa al 2030: ambiente vs competitività? di Nicolò Rossetto
4 – Cina: da produttore a importatore di Filippo Fasulo
5 – La Russia dopo la Crimea: la fine di South Stream e la proiezione verso l’Asia di Fabio Indeo
6 – L’area del Caspio nello scenario energetico contemporaneo di Carlo Frappi
7 – Il gas naturale liquefatto: evoluzione di un mercato sempre più globale di Filippo Clô
8 – Prepararsi al futuro: alcune indicazioni sulle policy per l’Europa di Matteo Verda

Il volume è scaricabile gratuitamente qui.

Il futuro non passa solo nei tubi

La Nazione - Il futuro non passa solo nei tubiSegnalo con piacere che venerdì La Nazione ha pubblicato una mia intervista dal titolo «Il futuro non passa solo nei tubi», frutto di una chiacchierata con Antonio Fulvi.

Come naturale, gli spazi per definizione limitati di un quotidiano non lasciano molto spazio all’approfondimento e dunque alcune affermazioni appaiono più nette e perentorie di quanto non sarebbe opportuno in un contesto più accademico.

Detto questo, devo solo fare una precisazione sui numeri relativi ai consumi per autotrazione: il livello di due miliardi di metri cubi all’anno è la mia aspettativa per il prossimo decennio, non il volume attuale, che ammonta a circa la metà.