È giunta l’ora delle batterie oppure no?

pila voltaicaSegnalo una mia analisi apparsa sul sito dell’Osservatorio Energia dell’ISPI, che cerca di fare il punto sugli accumuli elettrochimici nel settore elettrico, ovvero se dopo tutto il recente trambusto inscenato da Tesla si prospetti o meno una rapida diffusione delle batterie connesse alla rete elettrica.

Secondo il mio punto di vista la risposta è al momento negativa. Adesso e almeno per i prossimi anni, le batterie non hanno molto senso come sistema per accumulare energia elettrica, salvo certi casi specifici dove i costi proibitivi di connessione alla rete, le temporanee congestioni sulle medesime o la particolare sensibilità alla continuità del servizio possono giustificare limitate applicazioni (anche in quest’ultimo caso è probabilmente meglio un motore diesel, di cui però va valutato l’impatto ambientale).

Ovviamente, è possibile (ma non inevitabile) che tra 10-15 anni la tecnologia avrà ridotto i costi in misura tale che stoccare energia per mezzo di batterie inciderà pochissimo sul prezzo finale. In quel caso l’intero business elettrico sarà oggetto di una profonda revisione e l’energia elettrica potrebbe per allora diventare una commodity come il ferro o il grano.

Tuttavia, fino ad allora è meglio evitare di lasciarsi andare a facili entusiasmi. Dopotutto, è da 40 anni che si pensa di riuscire a sviluppare la fusione nucleare…

Geopolitica delle batterie

FT - A ray of sunshine – breakthroughs on storage can change the game for solar powerLe rinnovabili sarebbero in teoria un’ottima fonte: l’energia del sole e i suoi derivati sono gratuiti e disponibili quasi ovunque. Il contrario del petrolio, insomma. Eppure la loro diffusione, soprattutto in Europa, è essenzialmente collegata a fastidiosi sussidi, rendite di posizione e aumento del costo dell’energia.

Per essere davvero sostenibili, ossia competitivi in termini di costo, solare ed eolico avrebbero bisogno di capacità di accumulo in grado di ovviare alla loro naturale intermittenza. Il nodo restano così le batterie, che restano troppo costose e ingombranti per una diffusione capillare e su vasta scala.

Come riportato da Nick Butler, uno studio pubblicato su Nature e uno pubblicato su Nature Chemistry aprono nuove e interessanti possibilità. Dettagli a parte, le grandi università statunitensi, come le loro controparti britanniche e cinesi, stanno investendo sistematicamente in ricerca nel settore e l’arrivo di una soluzione tecnica industrializzabile è probabilmente giusto questione di tempo.

La messa a punto di una tecnologia competitiva in termini di costo avrebbe conseguenze molto rilevanti sul mondo dell’energia:

  • la capacità di generazione convenzionale di backup per le rinnovabili sarebbe sempre meno necessaria;
  • il solare, che richiede condizioni locali meno stringenti per l’installazione, sarebbe sempre più competitivo non solo rispetto alle altre rinnovabili, ma anche rispetto alle fonti convenzionali, soprattutto per gli usi residenziali;
  • l’elettrificazione dei consumi finali sarebbe ancora più profonda, perché la disponibilità locale di energia da rinnovabili sostituirebbe almeno in parte gli usi termici e, potenzialmente, quelli per mobilità (ma questo dipende dal peso delle batterie);
  • i flussi commerciali di materie prime energetiche potrebbero crescere meno del previsto o addirittura ridursi.

Ad oggi, gli idrocarburi mantengono un saldo margine competitivo ed è difficile dire quando (anni? decenni?) perderanno la propria centralità nei consumi energetici. Di certo, per i Paesi produttori si tratta di un sfida di lungo periodo dai contorni particolarmente preoccupanti: una batteria potrebbe cambiare per sempre la geopolitica dell’energia.