Kashagan, arrivano i cinesi

CNPC to take $5bn stake in Kashagan oilfieldProsegue senza sosta la penetrazione cinese in Asia Centrale. Questa volta si tratta di Kashagan, il giacimento gigante nelle acque kazake del Caspio. Dopo oltre un decennio di lavori e contrattempi, finalmente quest’anno sono state avviate le attività di produzione.

Il giacimento è sfruttato dalla North Caspian Operating Company, di cui fanno parte Eni, Shell, Total, ExxonMobil, KazMunayGas (16,81% ciascuna) e Inpex (7,56%). A queste compagnie si aggiungeva ConocoPhillips (8,39%), che però ha scelto di monetizzare la propria partecipazione.

All’acquisto era interessata la compagnia indiana ONGC Videsh per 5 miliardi di dollari, ma la compagnia di stato kazaka Kazmunaygas ha esercitato il proprio diritto di prelazione. Un duro colpo per gli indiani, sempre in cerca di nuove riserve.

Ma non è finita qui. Perché Kazmunaygas ha subito dopo annunciato di voler cedere la quota (facendo margine) alla compagnia di stato cinese CNPC. La scelta rafforza il legame tra Astana e Pechino, dopo i numerosi accordi, tra cui quello che ha portato alla realizzazione della Central Asia China Pipeline, che porta il gas turkmeno verso Oriente.

Che un quantitativo crescente di idrocarburi stiano prendendo la via dell’Oriente preoccupa molti, tra cui gli azerbaigiani, che dovrebbero in ogni caso veder transitare dai propri terminali (e poi attraverso la BTC) almeno parte del petrolio di Kashagan (Kazakh Caspian Transportation System). Eni e Shell seguono il vento e stanno negoziando per vendere la propria parte di produzione alle raffinerie cinesi.

Di certo l’avanzata cinese allontana sempre di più l’ipotesi che il gas centrasiatico possa prendere la via dell’Occidente. Il gas azerbaigiano sarà probabilmente l’unico del Caspio a raggiungere in quantità significative i mercati europei. Ma più che di geopolitica, si tratta di economia.

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Aggiornamento: qualcuno mi ha fatto notare che forse ho guardato troppo alle cartine e troppo poco alle figure. Perché più che di un risiko fatto di tubi si tratta di aritmetica dei consumi e degli investimenti: il petrolio kazako prende la via della Cina perché laggiù c’è la domanda presente e futura per quel greggio, a prescindere dalla partecipazione cinese in NCOC.

Variazione dei consumi petroliferi (Mt - dati IEA)

C’è poi da considerare il fattore della capacità di raffinazione: per portare il petrolio ai clienti finali (e paganti), occorre raffinarlo dove conviene di più, per tecnologia e vicinanza ai mercati. E anche in questo caso, i cinesi si stanno attrezzando da tempo.

Aggiornamento: sul tema della raffinazione, segnalo il numero 22 – giugno 2013 di Oil Magazine.

Eni guarda sempre più a est

Il retroscena Eni cede ai cinesi il 20% di “Area 4”Eni ha annunciato la cessione del 20% del giacimento Mamba Sud (Mozambico) alla compagnia statale cinese CNPC. In cambio, oltre a 4,2 miliardi di dollari, Eni ha anche ottenuto la partecipazione nello sviluppo delle attività di estrazione di gas non-convenzionale nell’area di Rongchang (Cina continentale).

Oltre a rappresentare una bella inizione di liquidità e un’opportunità di diluire i costi di sviluppo del giacimento offshore africano (oltre 2.000 Gmc nel posto), l’operazione rafforza sia la copertura politica nelle operazioni africane, sia la proiezione internazionale verso il mercato cinese.