Rienergia – Ambiente e risorse, punto per punto

rienergia_smallSegnaliamo il lancio RiEnergia, un nuovo portale online dedicato all’energia curato da Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche in collaborazione con Staffetta Quotidiana.

Il progetto prevede un’uscita settimanale con un pezzo di analisi dedicato ogni volta a un tema diverso, accompagnato da alcuni approfondimenti complementari, più un’eventuale intervista a un esponente istituzionale/esperto e un articolo a cura di uno degli sponsor.

A inaugurare la pubblicazione, ricordandoci il sempre più stretto legame tra energia e clima, un numero intitolato Clima: le ambizioni e la realtà:

Buona lettura!

Accordo Usa-Cina: sul clima un’intesa di facciata

ISPI - Usa-Cina: sul clima un’intesa di facciata Come ampiamente riportato dai media, Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulle emissioni di CO2, definito storico. Ma a ben vedere, l’accordo tanto rilevante non è, come spiega bene questa analisi dell’ISPI, di cui riporto uno dei passaggi centrali.

Che valore ha davvero l’accordo sul clima?
Nonostante l’enfasi posta sull’intesa tra Obama e Xi, l’analisi dei dati ci dà un’interpretazione differente sul suo reale impatto. L’incongruità degli obiettivi definiti dai due paesi – dal lato americano si fa riferimento ai livelli di CO2, da quello cinese si parla maggiormente della struttura energetica – rivela come l’accordo sia stato costruito su elementi già noti.

Infatti, se si osservano le previsioni della crescita del nucleare e delle rinnovabili e gli obiettivi di riduzione del carbone nella struttura energetica cinese emerge come fosse già nei piani di Pechino l’aumento della quota di produzione di energia da combustibili non fossili, nello specifico circa il 10% dal nucleare e l’11-12% dalle fonti rinnovabili,  ovvero proprio quel 20% che è stato incluso nell’accordo.

Inoltre, già da tempo gli esperti si aspettano che la quota di fonti rinnovabili e nucleare venga ulteriormente aumentata nel Tredicesimo piano quinquennale che sarà in vigore nel 2016-2020. Ciò detto, la Cina non ha di fatto dovuto modificare alcunché della proprio politica energetica per aderire all’accordo con gli Stati Uniti, e anzi si è mantenuta su stime di cautela.

Il resto dell’analisi è disponibile qui.

La UE sulla buona strada per centrare gli obiettivi al 2020

AEA - Politiche efficaci per raggiungere gli obiettivi UE in materia di clima ed energia 2020. Necessità di maggiore spinta per il 2030 Sulla scia dell’accordo raggiunto dal Consiglio europeo circa gli obiettivi energetici e climatici al 2030, l’Agenzia europea per l’ambiente (Aea) ha pubblicato un dettagliato rapporto in cui si mostra come la UE sia sostanzialmente in linea con gli obiettivi che 7 anni fa si è data per il 2020.

Scorrendo il testo si apprende che in base ai dati preliminari per il 2013, le emissioni di gas ad effetto serra sono state dell’1,8% più basse rispetto al 2012 e circa il 19% inferiori al livello di riferimento, rappresentato dal 1990. Supponendo che gli stati membri attuino appieno le norme già adottate, la Aea immagina che nel 2020 la UE supererà nettamente l’obiettivo che si è dato, facendo registrare un -24%.

Analogamente, per le fonti rinnovabili i dati definitivi del 2012 indicano che esse hanno già raggiunto una quota pari al 14,1% del consumo finale lordo di energia, 2 punti percentuali in più rispetto ai valori intermedi previsti dagli accordi europei. Anche qui, assumendo che gli stati continuino a impegnarsi e a rispettare i piani nazionali adottati, si prevede che nel 2020 la quota di rinnovabili nel mix energetico superi l’obiettivo europeo e si assesti attorno al 21%.

Meno positiva invece la situazione dell’efficienza energetica. Infatti, contrariamente a quanto si potrebbe dedurre leggendo velocemente l’executive summary o l’introduzione al capitolo dedicato e se si ha la pazienza di seguire le analisi tecniche, si comprende che attualmente la UE dovrebbe limitarsi a ridurre nel 2020 i propri consumi di energia del 18-19% rispetto all’andamento stimato nel 2007.

Nel 2012 i consumi di energia primaria (esclusi gli usi non energetici) sono stati pari a 1.585 Mtep, circa il 7,3% in meno di quelli registrati nel 2005, ma ancora molti di più dei 1.483 Mtep che rappresentano l’obiettivo finale. Tale obiettivo sembra al momento raggiungibile, ma ciò è dovuto al fatto che la crisi economica, ovviamente non prevista nel 2007, ha ridotto significativamente la domanda di energia negli ultimi anni (si stima che circa 1/3 della riduzione dei consumi sia imputabile alla crisi, mentre solo i rimanenti 2/3 siano dovuti a una migliore efficienza energetica dei processi produttivi, degli edifici, dei veicoli e degli elettrodomestici).

Insomma, la UE sta facendo bene anche e soprattutto per via della prolungata crisi economica. Come prova basta pensare alla Germania, uno dei paesi che meno ha sofferto economicamente in questi anni e che non a caso sta sforando gli obiettivi intermedi su emissioni e efficienza energetica, con buona pace della tanto osannata Energiewende.

Si verificasse la tanto agognata ripresa economica, la UE si troverebbe rapidamente a dover aumentare gli sforzi per raggiungere i propri obiettivi al 2020.

Emissioni di CO2: ragionare prima di agire

La polemica sul riscaldamento globale ciclicamente ritorna, generalmente in seguito alla pubblicazione di qualche report ufficiale. Personalmente coltivo un atavico scetticismo, ma questo conta poco: assumiamo che sia tutto vero. Ha senso per i cittadini europei l’estremismo solitario delle proprie istituzioni? La risposta in un grafico (qui l’excel).

Emissioni di CO2 (1985-2012) - Elaborazione su dati BP 2013

Quest’anno in nome delle politiche energetiche volte all’accelerazione della diffusione delle rinnovabili e alla riduzione delle emissioni sono stati imposti costi enormi: 3,5 miliardi di euro di sussidi ai cittadini spagnoli, 12 miliardi a quelli italiani, oltre 20 miliardi a quelli tedeschi. Per i prossimi anni, la tendenza è stabile, salvo tagli.

Questo senza contare il costo dei certificati verdi, delle delocalizzazioni e delle mancate produzioni. E senza contare i costi imposti ai sistemi elettrici e la crisi dei consumi del gas per generazione elettrica, una crisi resa particolarmente lunga e grave proprio dalle decisioni politiche.

La domanda è: ma ne vale la pena, se intanto il mondo va da un’altra parte e il nostro sforzo è irrelavante per lo scopo?

E, in subordine, non sarebbe più assennato investire in efficienza?