GIIGNL – Il mercato del GNL nel 2015

GIIGNL 2016Segnaliamo la relazione annuale del Groupe International des Importateurs de Gaz Naturel Liquéfié (GIIGNL), dal titolo The LNG Industry in 2015. Si tratta del documento pubblico più ricco di dati sul settore, pubblicato fin dal 2006.

Si tratta di 27 pagine ricche di dati sulle infrastrutture e sulle tendenze di mercato relative al GNL. Tra i dati più interessanti relativi al 2015:

  • 245,2 milioni (335 Gmc) le tonnellate importate a livello mondiale, +2.5% rispetto al 2014, di cui 68,4 Mt (89 Gmc) scambiati spot o a con contratti di breve periodo (28% del totale);
  • 72% della domanda globale localizzata in Asia;
  • 32% dell’offerta globale proveniente dal solo Qatar;
  • 777 Mt/a (1.062 Gmc/a) di capacità di rigassificazione in 34 Paesi importatori;
  • 308 Mt/a (421 Gmc/a) di capacità di liquefazione in 19 Paesi esportatori.

Una lettura consigliata per avere una panoramica dettagliata del settore.

GIIGNL2016

Il mercato europeo, tra Gazprom e la bolla del GNL

Gazprom – Is 2016 the Year for a Change of Pricing Strategy in Europe?Segnalo un interessante paper di James Henderson (OIES) dal titolo Gazprom – Is 2016 the Year for a Change of Pricing Strategy in Europe?. Il lavoro ricostruisce la situazione dell’esportatore russo sul mercato europeo, esposto alle pressioni concorrenziali del GNL statunitense, di cui proprio la settimana scorsa sono iniziate le esportazioni da Sabine Pass.
Il sito di liquefazione è gestito da Cheniere Energy, che si appresta a diventare un attore di primo piano a livello globale nel giro di qualche anno, quando tutti i terminali di Sabine Pass e Corpus Christi saranno pienamente operativi.

I mercato globale del GNL si sta così avviando verso un netto aumento dell’offerta, proprio mentre la domanda asiatica comincia a vacillare. Il risultato potrebbe essere un eccesso strutturale di offerta, di cui farebbero le spese soprattutto gli esportatori di GNL coi più alti costi di produzione, in primo luogo quelli australiani.

Cheniere Competitive Advantage: Low Cost (©Cheniere)

La concorrenza è soprattutto tra produttori di GNL, perché sui mercati finali la competizione tra metaniere e tubi è limitata dalla poca diversificazione dell’approvvigionamento dei singoli mercati finali. In altre parole, chi ha più capacità di rigassificazione – come Giappone e Corea del Sud – non ha tubi, mentre chi ha tanta capacità via gasdotto – come la Germania o l’Italia – ha pochi o nessun terminale di liquefazione. Sviluppare capacità in eccesso e tecnologicamente diversificata non sempre, infatti, è fattibile oppure economicamente sensato.

Una parziale eccezione è rappresentata da Cina e UE nel suo insieme, ma entrambe le economie devono ancora sviluppare un adeguato livello di interconnessioni tra diverse aree di consumo, in modo da mettere in concorrenza tra loro i diversi fornitori e le diverse modalità di trasporto.

Per quanto riguarda in particolare l’UE, lo sviluppo della capacità di trasporto interna e la conseguente competizione metterebbero sotto pressione Gazprom, ma non ne segnerebbero necessariamente il declino come fornitore europeo. Secondo Henderson, infatti, sebbene il gas statunitense abbia quotazioni molto basse sul mercato interno, una volta aggiunti i costi di sviluppo infrastrutturale e di esportazione fino al mercato europeo il gas russo ha costi più bassi e può competere sul prezzo. Determinanti, per Gazprom, gli investimenti effettuati nel decennio scorso e la svalutazione del rublo.

Cost of Russian Gas vs US LNG (©OIES)

Per Gazprom, in ogni caso, si tratta di affrontare profondi cambiamenti nelle modalità di commercializzazione, passando dai contratti di lungo periodo a una partecipazione alle dinamiche di scambio presso gli hub. Un percorso che l’impresa russa sembra aver già peraltro timidamente intrapreso: i prossimi due anni saranno cruciali per comprendere quanto sia ampia la sua capacità di adattamento.

Intanto, appare evidente che in ogni caso il vero vincitore della partita saranno i consumatori europei, che grazie alla competizione tra fornitori potranno importare energia a più basso costo, russa o statunitense che sia. Resta da vedere se saranno in grado di approfittarne.

Il gas naturale liquefatto di piccola taglia

Il gas naturale liquefatto di piccola tagliaSegnalo un mio articolo per Agienergia, di cui propongo di seguito l’incipit.

Il trasporto di gas naturale allo stato liquido ha conosciuto nel corso del tempo un’incessante crescita dimensionale delle infrastrutture e dei mezzi impiegati, guidata dall’innovazione tecnologica e dalla continua ricerca di economie di scala.

Per capire la portata di questo processo, basti pensare che nel 1964 il primo terminale di esportazione di GNL della storia, quello algerino di Arzew, aveva una capacità annua complessiva di un milione di tonnellate (1,4 miliardi di metri cubi, Gmc), divisa su tre treni. Oggi, il sito qatarino di Rass Laffan ha un totale di 77 Mt/a di capacità (108 Gmc/a), con mega-treni fino a 7,8 Mt/a (11 Gmc/a) di capacità ciascuno.

Negli ultimi anni gli impianti di dimensioni ridotte hanno tuttavia conosciuto una nuova diffusione, a diversi livelli della filiera, prendendo il nome di GNL di piccola taglia (small-scale LNG). In generale, con questo termine ci si riferisce a infrastrutture e mezzi di trasporto con dimensioni ridotte rispetto agli impianti medi del mercato. La taglia ridotta può essere una caratteristica di tutta la filiera di trasporto, dall’esportazione fino al consumo, oppure può riguardare solo la distribuzione o il consumo finale.

Il resto dell’articolo è accessibile qui.

Egitto: Eni e il giacimento Zohr

Eni scopre nell'offshore egiziano il più grande giacimento a gas mai rinvenuto nel Mar MediterraneoEni ha diffuso ieri la notizia della scoperta di ingenti quantità di gas presso il prospetto esplorativo di Zohr, nell’offshore egiziano del Mediterraneo. La scoperta è di grande rilevanza, sia per il Paese mediorientale sia per la compagnia nazionale.

A giugno, Eni aveva siglato un accordo con il governo egiziano per investimenti nell’upstream del Paese pari a 1,5 miliardi entro la fine del decennio. L’accordo, oltre a consolidare la decennale presenza di Eni in Egitto, aveva anche consentito una parziale soluzione alla questione dei debiti commerciali egiziani verso la compagnia italiana, pari a 966 milioni di euro.

Secondo le stime, la quantità di gas presente nel giacimento sarebbe pari a 850 Gmc, ossia qualcosa come 14 volte i consumi italiani nel 2014, o a 16 volte la produzione di gas egiziana dello stesso anno. Si tratta di volumi notevoli, tuttavia la cifra non si riferisce alle riserve provate, ossia il gas presente con relativa certezza e producibile in modo economico. Si tratta invece, come il comunicato stampa dice chiaramente, della stima più alta relativa al gas in posto (in place), ossia tutto il gas che dalle indagini preliminari si calcola possa essere presente nella formazione geologica, a prescindere dal fatto che sia tecnicamente ed economicamente producibile.

EIA - Stylized representation of oil and natural gas resource categorizations (not to scale)

La quantità di gas che può essere effettivamente recuperato e commercializzato con profitto varia molto a seconda della conformazione geologica, delle tecniche adottate, dal costo del capitale impiegato per lo sfruttamento. Può arrivare fino all’80-90%, ma può anche attestarsi su percentuali considerevolmente più basse. Inoltre, le stime iniziali si basano su un numero limitato di dati empirici, mentre la reale consistenza dei giacimenti può essere – nel bene e nel male – confermata solo procedendo con le attività di perforazione.

In altri termini, la rilevanza della scoperta è innegabile e conferma la leadership europea di Eni nell’esplorazione, ma l’impatto dello sfruttamento richiederà tempo e molti dati aggiuntivi prima di essere valutato adeguatamente. Se la consistenza delle risorse presenti nel prospetto sarà confermata, in via preliminare si può ipotizzare una produzione di picco tra i 20 e i 30 Gmc all’anno, con un po’ di ottimismo. Ci vorranno tuttavia ancora diversi anni prima di vedere effettivamente il giacimento in produzione, probabilmente alla fine di questo decennio o all’inizio del prossimo, visto l’eccesso di offerta in vista a livello globale.

La scoperta di Zohr è importante per Eni, ma lo è anche (e molto) per l’Egitto. Il Paese ha oggi una capacità di liquefazione per l’esportazione di circa 16 Gmc/a, ma nel 2014 le esportazioni sono state pari a meno di 1 Gmc. La riduzione drammatica dei volumi esportati è dipesa dall’aumento della domanda interna, guidata dalla crescita demografica ed economica, e dalla contrazione della produzione. Questa doppia dinamica, dopo aver portato all’azzeramento delle esportazioni, ha costretto ora l’Egitto a diventare un importatore di GNL, grazie all’entrata in funzione quest’anno di un terminale galleggiante di rigassificazione (la FSRU Höegh Gallant).

Produzione, consumi ed esportazioni di gas in Egitto

La scoperta di Zohr potrebbe consentire all’Egitto di tornare a esportare volumi significativi di gas, riducendo il passivo di bilancia commerciale. Una possibile soluzione tecnica per l’esportazione sarebbe quella di portare il gas fino alla costa (170 km) via tubo e poi instradarlo ai terminali di liquefazione esistenti (Damietta e Idku). Resta tuttavia da vedere se tutti i volumi prenderanno la strada dell’esportazione, o se una parte finirà col rifornire il mercato interno egiziano.

In ogni caso, la scoperta è economicamente rilevante, ma dal punto di vista geopolitico e di sicurezza le conseguenze sull’area mediorientale sembrano essere limitate. Grazie alla scoperta, l’Egitto potrebbe ridurre il saldo netto delle importazioni di GNL, che tuttavia pongono pochi problemi di sicurezza, grazie all’ampia e crescente disponibilità di fornitori diversi. Per quanto riguarda la sicurezza – in senso stretto – degli impianti, il posizionamento offshore garantisce una maggiore difendibilità delle installazioni rispetto ad attacchi terroristici.

Dal punto di vista dell’utilizzo del nuovo gas egiziano presso altri mercati regionali, è da escludere ogni ipotesi di forniture a scopo politico, giacché Eni possiede i diritti di sfruttamento del giacimento e instraderà le eventuali esportazioni verso i clienti in grado di offrire il profitto maggiore, indifferentemente in Europa, in Medio Oriente o altrove. Con il benestare del governo egiziano, che ha un gran bisogno di Eni e dei suoi investimenti sia per fare cassa sia per sostenere la crescita economica di lungo periodo.

GNL: il gas americano arriverà per davvero in Europa?

Tra le tante conseguenze, la caduta dei prezzi del petrolio ha anche causato una drastica riduzione dei prezzi del GNL in Asia, fortemente indicizzati alle quotazioni del greggio. Se fino all’anno scorso era piuttosto normale trovare prezzi asiatici anche del 50% più alti di quelli europei, a partire dall’inizio dell’anno la situazione è cambiata, complice – almeno temporaneo – il rallentamento delle economie asiatiche.

L'evoluzione dei prezzi del gas in Asia, Europa e Nord America

Questa nuova situazione ha cambiato alcune dinamiche di breve e di medio periodo. In primo luogo, per gli operatori europei non sarà più possibile riesportare parte del GNL importato, come successo negli anni scorsi (8 Gmc nel 2014) grazie alla differenza di prezzo, che consentiva di coprire i costi del trasporto in Asia e di fare margine.

In secondo luogo, sempre a causa della minore attrattività dei prezzi asiatici, non è più così scontato che gran parte delle esportazioni di gas nordamericane prendano la via dell’Asia. Se i prezzi asiatici e quelli europei resteranno così vicini, infatti, gli operatori statunitensi potrebbero trovare più conveniente mandare una quota significativa delle esportazioni in Europa, trasformando quella che era poco più che una boutade politica in un flusso commerciale di una qualche consistenze. Nulla in grado di rimpiazzare il gas russo, ma di certo un contributo all’aumento della competitività del mercato europeo.

Sul tema, segnalo un mio articolo pubblicato dall’Osservatorio energia dell’ISPI.