La sicurezza di un rigassificatore offshore

Greta Munari - Analisi del rischio nei terminali di rigassificazione offshoreUno degli aspetti più delicati degli impianti di rigassificazione del GNL è quello relativo alla sicurezza e ai rischi per l’uomo e per l’ambiente circostante in caso di incidente (o di sabotaggio).

Tutte le infrastrutture realizzate in Italia hanno passato controlli di sicurezza molto stretti. Un elemento di rischio è tuttavia inevitabile in ogni attività umana, anche se molto ridotto (si parla di frequenze nell’ordine di una volta ogni milione di anni).

Per chi volesse approfondire gli aspetti relativi alla sicurezza di un rigassificatore offshore come l’OLT, segnalo la tesi di Greta Munari: Analisi del rischio nei terminali di rigassificazione offshore.

Si tratta di una lettura molto interessante per capire che i rischi di incidente sono davvero bassi e che in ogni caso riguardano di fatto “solo” la sicurezza del personale imbarcato e non quella della popolazione sulla costa.

Segnalo anche una sezione di risposte alle domande più frequenti relative al GNL, pubblicata dalla Commissione federale per la regolazione dell’energia statunitense.

ps: una considerazione relativa ai rischi non accidentali che vale la pena di riportare «il gas esplode solo se miscelato con aria (5%-15%) e in presenza di confinamento. I serbatoi della nave contengono GNL e i suoi vapori sono a pressione pressoché atmosferica. Anche in caso di attacco con esplosivo, si avrà rilascio ed evaporazione con incendio, mentre l’esplosione del contenuto non è fisicamente possibile».

Offshore LNG Toscana, tutto pronto

FSRU Toscana (© Anthony Vella - MarineTraffic.com)È arrivata oggi nelle acque antistanti Livorno la nave Golar Frost (oggi FSRU Toscana), la metaniera riconvertita in unità di rigassificazione galleggiante (FSRU, Floating Storage and Regasification Unit) che sarà ancorata in modo permanente al largo di Livorno.

La FSRU Toscana, privata dei motori e riconvertita in terminale a Dubai, è l’elemento centrale del progetto OLT (Offshore LNG Toscana) e sarà ancorata 12 miglia al largo di Livorno. Con una capacità di circa 137.500 metri cubi di GNL, la nave-terminale consentirà infatti la rigassificazione e l’invio a terra via condotta sottomarina del GNL trasportato dalle navi metaniere per una capacità massima annua di 3,75 Gmc, pari a circa il 5% del consumo nazionale.

OLT sarà così il terzo rigassificatore attivo in Italia, dopo Panigaglia (3,3 Gmc/a, ma attualmente quasi fermo) e Porto Viro (8 Gmc/a), ma è il primo interamente imbarcato su una metaniera. Si tratta di una modalità operativa recente, che mira a ridurre i costi e l’impatto ambientale, già ampiamente sperimentatata nel mondo (Regno Unito, Stati Uniti, Brasile, tra gli altri).

Sebbene la capacità del nuovo terminale rappresenti solo una frazione della capacità di importazione della rete italiana, il contributo in termine di aumento della concorrezialità potrebbe essere significativo.

Non solo infatti l’approvvigionamento non avviene sulla base di contratti di lungo periodo, ma i soci di OLT (E.On e Iren) hanno anche deciso di offrire al mercato tutta la capacità. In questo modo sarà teoricamente possibile per gli operatori italiani avvantaggiarsi delle basse quotazioni di eventuali carichi spot sui mercati internazionali.

ps: mercoledì 31 luglio alle 21:00 il titolare sarà ospite di una trasmissione sul tema a Granducato TV.

La rivoluzione americana del gas e gli effetti sull’Europa

La rivoluzione americana del gas e gli effetti sull’EuropaSegnalo un mio post sulla questione (sopravvalutata) dell’impatto di breve-medio periodo della rivoluzione non-convenzionale negli Stati Uniti sui mercati europei del gas naturale.

Sia che si tratti di mancate importazioni, sia che si tratti di ipotetiche esportazioni verso l’Ue, si tratterà plausibilmente di volumi contenuti, insufficienti a cambiare gli equilibri dei mercati europei nel corso del decennio.

L’impatto del GNL statunitense sui mercati UE

Il GNL statunitense e il mercato europeoSegnalo una mia intervista pubblicata oggi su AgiEnergia.it, sul tema dei possibili (scarsi) effetti sui mercati europei dell’indipendenza energetica statunitense nel settore del gas naturale.

A complemento quantitativo del discorso, sottolineo che in seguito alla diffusione della produzione non convenzionale, le mancate importazioni di GNL negli Stati Uniti sono nell’ordine di una decina di miliardi di metri cubi annui.

Per quanto riguarda il potenziale di esportazione verso l’Europa, difficilmente si andrà molto oltre (l’unico accordo per il momento è quello di Centrica per il mercato britannico, per 2,5 miliardi di metri cubi all’anno dal 2018).

Volumi rilevanti, certo, ma molto lontani dagli oltre 100 miliardi di metri cubi annui esportati in UE da Gazprom e dai circa 100 esportati dalla Norvegia, ma inferiori anche alle esportazioni di Sonatrach e del Qatar (oltre 40).

I contratti di Gazprom non li paghiamo noi

I contratti Gazprom li paghiamo noiIl gas naturale riesce ogni tanto ad attrarre interesse anche al di fuori degli addetti ai lavori (soprattutto quando si parla di bollette).

Massimo Riva paventa sul blog dell”Espresso il rischio che siano i consumatori italiani a pagare i costi dei contratti di lungo periodo con clausola ToP che Eni ha in essere con Gazprom. Il riferimento è al meccanismo di capacity payment invocato da Eni e in parte proposto dall’Autorità a novembre come assicurazione di prezzo, che però l’Autorità stessa ha poi rimosso nella proposta di febbraio.

Giuste le preoccupazioni di Riva (e di Passera), ma fortunatamente pericolo scampato. Anzi: l’Autorità sembra aver preso atto che ogni concessione fatta a Eni in materia di alleggerimento degli oneri derivanti dai contratti indicizzati al petrolio sottoscritti con Gazprom andrebbe, al momento della rinegoziazione, immediatamente incamerata dall’azienda russa. Senza evidenti benefici per Eni: essendo le rinegoziazioni relative all’eccesso di onerosità delle forniture russe, ogni risparmio si tradurrebbe in un mancato sconto.

Un pericolo più evidente è invece quello che nelle analisi si diffonda la convinzione che i profondi cambiamenti avvenuti nel mercato statunitense si trasmettano al di qua dell’Atlantico. Tramotanta (al momento) l’ipotesi di una rivoluzione del non convenzionale in Europa, uno scenario da più parti ipotizzato è quello di un mercato europeo inondato di economicissimo GNL americano.

Due problemi spiccano: uno, i volumi che gli operatori statunitensi riuscirebbero a esportare è quantomeno dubbio e sicuramente limitato da pressioni politiche. Due: avrebbe economicamente molto senso dirigere flussi ingenti di esportazioni (con i relativi investimenti infrastrutturali) verso un mercato stagnante e con un eccesso di capacità di importazione? È lecito dubitarne.

Più che il GNL statunitense, ad allarmare i tradizionali fornitori europei – quelli sì obbligati ad espotare in UE – è piuttosto l’incapacità dei decisori politici di far ripartire l’economia europea. Come dar loro torto?

 

Eni sempre più asiatica

Eni sigla un accordo per la vendita di GNL a Giappone e Corea del SudEni ha concluso un accordo di fornitura di GNL con la coreana Korea Gas Corporation e la giapponese Chubu Electric Power Company. La fornitura prevede 28 carichi di GNL tra il 2013 e il 2017, per un totale di circa 2,5 Gmc.

L’accordo segue un contratto di fornitura siglato l’anno scorso per il mercato giapponese per un totale di poco meno di 5 Gmc. Eni sta in questo modo consolidando la propria posizione sui mercati asiatici, quelli coi prezzi di mercato e con le prospettive di sviluppo più alti al mondo.