South Stream: un pressing sull’Ucraina?

South Stream Transport signs Gas Transmission AgreementContinua il pressing mediatico di Gazprom per accreditare la costruzione di South Stream. Mercoledì è stata diffusa la notizia di un importante accordo tra Gazprom Export e South Stream Transport.

La comunicazione ufficiale naturalmente non riporta alcun dettaglio né sulla natura dell’accordo né sugli impegni esattamente presi dalle parti. In altre parole, difficile capire se oltre al comunicato stampa ci sia davvero qualcosa di rilevante, anche perché in ultima analisi si tratta sempre di società che fanno riferimento a Gazprom.

Il pressing mediatico resta in ogni caso notevole, come dimostrato dal roadshow organizzato in giro per l’Europa da Natural Gas Europe col titolo di Gas Dialogues (dopo l’appuntamento di Milano la settimana scorsa, il prossimo è a Lubiana, il 24 ottobre).

Gli annunci di Gazprom si stanno facendo particolarmente ambiziosi: 2015 inizio della costruzione, 2017 funzionamento a regime; 63 Gmc all’anno, di cui oltre 31 all’Italia, ossia 8 Gmc più della media degli anni scorsi. Credibile solo se la riduzione dei flussi dall’Algeria fosse strutturale: cosa molto improbabile, visti tra l’altro gli investimenti di Eni nel Paese.

La difficile situazione del mercato europeo e le previsioni di recupero reale solo nel medio periodo non permettono di vedere un mercato per il gas in più di South Stream, soprattutto considerando che il Nord Stream non è usato nemmeno per quella metà di capacità (27,5 Gmc/a) che la normativa europea lascia a Gazprom.

A meno di non chiudere i gasdotti attraverso l’Ucraina e dunque usare South Stream come tracciato totalmente sostitutivo invece che come capacità addizionale. E qui emerge una possibile spiegazione dell’accelerazione mediatica russa: fare pressione su Kiev.

A novembre a Vilnius si terrà il terzo summit sul Partenariato Orientale UE e la Russia sta combattendo per attrarre l’Ucraina verso la propria orbita (obiettivo appena raggiunto con l’Armenia, che ha rinunciato ai nuovi accordi con l’UE; per l’Ucraina non ci sono accordi pronti da firmare, ma le trattativa procedono).

Far credere all’Ucraina – e a Naftogaz, che a Gazprom deve parecchi miliardi di dollari – che South Stream sia una realtà industriale pronta davvero a partire potrebbe rivelarsi un’ottima arma contrattuale, magari per convincere il governo di Kiev a raffreddare i rapporti con l’UE e magari a cedere una quota della rete (e di Naftogaz) a Gazprom.

Gazprom aumenta la pressione su Naftogaz

Gazprom: l'Ucraina deve stoccare 19 m.di mcSi fa sempre più difficile la situazione di Naftogaz, la compagnia energetica statale ucraina. Secondo quanto riportato da Snam RG, Gazprom è tornata a fare pressione su Naftogaz affinché acceleri le operazioni di stoccaggio del gas in vista della stagione invernale.

Attraverso la rete ucraina transita ancora oltre metà del gas diretto verso i clienti UE e senza un’adeguata capacità di stoccaggio lungo le linee di esportazione si accresce il rischio di non riuscire a far fronte a eventi eccezionali.

Secondo Gazprom, Naftogaz deve iniettare oltre 19 miliardi di metri cubi entro l’autunno per garantire un livello adeguato e “onorare gli impegni di transito ininterrotto verso l’Europa”.

Per favorire le operazioni, Gazprom ha versato un miliardo di dollari come pagamento anticipato per gli oneri di transito a Naftogaz. In questo modo la società ucraina ha la liquidità per acquistare – sempre dai russi – il gas da stoccare.

La situazione finanziaria di Naftogaz è sempre più complicata: i debiti della società continuano a crescere e le possibilità di ripagarli sono sempre più lontane. Alle inefficienze e alla necessità di crescenti investimenti solo per mantere l’operatività si sommano anche le difficoltà politiche ad aumentare le tariffe ai clienti sul mercato interno.

Considerando la crescente disponibilità di capacità di trasporto attraverso altri gasdotti (Yamal-Europa, Nord Stream), Naftogaz ha perso buona parte della propria capacità di ricatto rispetto a Gazprom ed è dunque probabile che nei prossimi anni si assista a un ingresso russo nell’azionariato della società ucraina, a compensazione dei debiti accumulati.

L’ucraina Naftogaz sempre più nei guai

Naftogaz UkrainyIl monopolista ucraino del gas, Naftogaz, è sempre più nei guai. Dopo il lodo di febbraio della Corte arbitrale di Stoccolam, vinto dal trader italiano Iugas, Naftogaz dovrà mettere a disposizione 13,1 miliardi di metri cubi di gas ai prezzi del 2003 (110 dollari al metro cubo).

Naftogaz non dispone di quel gas – al momento dell’accordo, l’azienda ucraina si riforniva di gas turkmeno a 70 dollari al metro cubo (chi si ricorda di Itera?) – e dovrà comprarlo da Gazprom, che attualmente vende il gas all’Ucraina a oltre 400 dollari a metro cubo. Totale: un passivo di 4 miliardi di dollari per Naftogaz, che l’azienda ucraina difficilmente potrà permettersi. E che peraltro non ha nessuna intenzione di pagare.

E non finisce qui. Perché nel frattempo Gazprom ha avanzato una richiesta di indennizzo per 7 miliardi di dollari per mancati ritiri da parte di Naftogaz, nonostante gli impegni contrattuali. Se anche Gazprom si vedrà dare ragione dai giudici, Naftogaz si troverà con nuovi debiti che non potrà onorare senza cedere all’estero i propri assets.

Naftogaz non intende rispettare l’arbitrato finché un tribunale ucraino non lo ratificherà, contando sulla natura “politica” di un’eventuale sentenza.

Mentre alcuni commentatori indicano un’ipotetica manovra a tenaglia ispirata dai russi, il dato che appare più evidente è l’assenza in Ucraina di un’autorità pubblica in grado di far rispettare gli accordi in modo terzo.

Ridurre il potere di ricatto sulle forniture energetiche dirette in UE di un Paese con queste caratteriste non può che essere una priorità di sicurezza energetica per i Paesi europei. Allo stesso tempo, appaiono ancora una volta evidenti gli enormi limiti che l’UE incontra nel proiettare la propria azione perfino su Paesi tanto vicini e tanto importanti come l’Ucraina.