TurkStream – Firmato il contratto con Allseas

turkstreamGazprom ha annunciato la firma con la svizzera Allseas del contratto per la posa della prima linea del gasdotto TurkStream, che collegherà le coste russe a quelle turche passando sui fondali del Mar Nero.
Nella strategia russa, il gasdotto ha sostituto il progetto South Stream, dopo la decisione di cancellare quest’ultimo a fine 2014. Le tensioni russo-turche del 2015 avevano però portato a un congelamento di TurkStream, che ora sembra invece aver trovato nuovo slancio e la cui posa dovrebbe iniziare nella seconda metà del 2017.

La scelta di Allseas, che impiegherà la nave Pioneering Spirit, è avvenuta a scapito di Saipem, che aveva un contratto da due miliardi di euro per South Stream e che, fino alla rescissione annunciata da Gazprom a metà 2015, sembrava poter essere coinvolta nella posa di TurkStream.

Saipem e Gazprom hanno ancora un contenzioso aperto davanti alla Corte arbitrale di Parigi per la cancellazione del contratto di South Stream, per cui la società italiana ha chiesto una compensazione di 680 milioni di euro. Nel frattempo, per gennaio il primo trimestre è attesa una decisione sulla posa di Nord Stream 2, per cui Saipem è ancora in gara, anche se pure in questo caso Allseas, che ha già firmato una LOI per la prima linea con opzione per la seconda, parte avvantaggiata.

Turkish Stream: sta per iniziare la posa?

Dopo mesi di stasi, qualcosa si muove nel Mar Nero. Secondo quanto riportato da MarineTraffic, la nave posatubi di Saipem Castoro Sei si è messa in navigazione, lasciando le acque del porto di Burgas, dove si trovava dall’anno scorso.

MarineTraffic - Castoro SeiSi trova invece ancora ferma nelle acque del porto di Burgas un’altra nave posatubi, la Saipem 7000.

MarineTraffic - Saipem 7000

La Castoro Sei era stata in passato impegnata nella posa del Nord Stream, mentre la Saipem 7000 era stata impegnata nella costruzione di Blue Stream. Le due navi erano state destinate da Saipem alla realizzazione della prima linea del South Stream, in base al contratto da 2 miliardi di euro (più uno da 400 per la seconda linea) siglato con il consorzio e poi congelato a causa della cancellazione del progetto.

Dopo la cancellazione del South Stream, che avrebbe dovuto portare il gas russo direttamente in Bulgaria e che fu abbandonato a inizio dicembre 2014, le due navi erano rimaste nelle acque del porto di Burgas, in attesa di disposizioni. Nel porto bulgaro sarebbero anche stoccati una parte dei tubi destinati alla posa sul fondo del Mar Nero.

Il movimento della Castoro Sei potrebbe essere un segnale di inizio delle attività di costruzione del Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe collegare la Russia alla Turchia europea, con caratteristiche molto simili al South Stream. Dopo l’acquisizione da parte di Gazprom del 100% del consorzio South Stream, la costruzione del Turkish Stream – anch’esso 100% Gazprom – assorbirebbe il materiale e le obbligazioni contrattuali del progetto abbandonato.

Gazprom - Turkish Stream

MarineTraffic - Castoro Sei, rotta

Il Turkish Stream avrebbe peraltro un tracciato molto simile al South Stream, a parte l’ultimo tratto, deviato verso Sud per l’approdo in Turchia. La Castoro Sei si starebbe in effetti dirigendo verso il centro del Mar Nero: se nelle prossime settimane l’operatività della nave nell’area dovesse continuare, le operazioni preliminari di posa dei tubi potrebbero essere davvero iniziate. In linea peraltro con quanto dichiarato da Gazprom, che nei mesi scorsi ha annunciato l’avvio a breve della costruzione del gasdotto.

Aggiornamento (04/06/2015 – 16:00)

La Castoro Sei si trova a metà del Mar Nero, diretta verso le coste russe. In particolare, sempre secondo quanto riportato da MarineTraffic, la nave sarebbe diretta verso il porto di Anapa, vicino al punto da cui è prevista la partenza del Turkish Stream.

MarineTraffic - Castoro Sei verso AnapaLa Castoro Sei dovrebbe raggiungere il porto di destinazione lunedì prossimo, il 6 luglio.

MarineTraffic - Castoro Sei, scheda

Le instabilità geopolitiche mettono a rischio la sicurezza energetica dell’Italia?

OE - Le instabilita' geopolitiche mettono davvero a rischio la sicurezza energetica dell'Italia?Ripropongo una mia intervista pubblicata da Orizzontenergia.

Dott. Verda, a suo parere la crisi libica rischia di compromettere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nazionali?

No, non vedo un rischio rilevante. Il greggio libico rappresenta il 7% dei consumi italiani e può essere sostituito da altri produttori, a cominciare dall’Azerbaigian, che attraverso il terminale di Ceyhan esporta un greggio leggero simile a quello libico. Inoltre, bisogna ricordare che al posto del greggio è sempre possibile importare direttamente i prodotti petroliferi.

Per quanto riguarda il gas, nel 2014 le importazioni di gas libico attraverso il Greenstream sono state di 6,5 miliardi di metri cubi, pari al 12% del totale. Una quantità che può essere facilmente sostituita aumentando le importazioni dagli altri fornitori, in particolare dall’Algeria. La capacità di importazione italiana è infatti utilizzata a circa la metà del valore massimo teorico: il margine di sicurezza è ampio.

Peraltro, abbiamo già fatto a meno delle forniture libiche nel 2011 e da allora la situazione è cambiata in meglio, dal punto di vista della sicurezza. Paradossalmente, la crisi economica ci ha aiutati: i consumi di gas si sono ridotti del 21%, quelli petroliferi del 19%. Il risultato è che abbiamo bisogno di meno importazioni, ma l’offerta è rimasta abbondante.

Qualora i flussi di gas e greggio da Libia dovessero interrompersi, quali sarebbero le conseguenze per i consumatori?

Le conseguenze per i consumatori sarebbero molto poche. Probabilmente ci sarebbe un piccolo differenziale nei prezzi finali, dovuto a un possibile aumento dei costi per gli operatori qualora dovessero pagare un premio per approvvigionarsi altrove. Si tratterebbe in ogni caso di conseguenze molto limitate dal punto di vista del prezzo finale, dato che la materia prima conta per meno della metà sia per il gas sia per i prodotti petroliferi.

A rimetterci sono invece gli operatori maggiormente attivi in Libia, a cominciare da Eni. L’azienda è infatti il principale operatore estero in Libia e ha nel Paese uno dei suoi maggiori centri di investimento internazionali.

Come commenta le recenti dichiarazioni del Presidente di FederPetroli in merito alla situazione libica “tutti i giacimenti sia onshore che offshore riteniamo siano a rischio”?

Senza dubbio corrisponde al vero. La situazione sul campo in Libia è molto complessa, con numerose fazioni in lotta per il controllo del territorio e soprattutto della principale fonte di reddito, l’estrazione di idrocarburi. Ogni infrastruttura di produzione e trasporto è insieme un obiettivo di conquista e un bersaglio militare.

Le infrastrutture a terra sono quelle che corrono più rischi, perché più accessibili. Tuttavia, se i barconi dei clandestini possono raggiungere le acque italiane, è facile immaginare che le infrastrutture in acque libiche non siano fuori dalla portata di un eventuale attacco.

South Stream vs Turkish Stream: la decisione di Gazprom di aggirare l’Ucraina stravolgerà davvero gli equilibri del gas europeo?

Prima di tutto bisogna aspettare, per capire come evolverà la situazione sul terreno in Ucraina e per vedere quali infrastrutture saranno effettivamente realizzate. Gazprom sembra determinata a costruire un nuovo gasdotto verso la Turchia. A ben vedere, si tratta di una scelta ragionevole: si tratta dell’unico grande mercato in crescita a Ovest della Russia, col Turkish Stream Gazprom potrà mantenere il proprio ruolo di primo fornitore del Paese.

Per quanto riguarda invece il completo aggiramento dell’Ucraina, sarei cauto. Si tratta di un’opzione costosa, che richiede grandi investimenti sia da parte della Russia per portare il gas al confine greco, sia da parte dei clienti europei.

Inoltre, appare sempre più evidente che il governo di Kiev si sta avviando verso una crisi finanziaria molto più forte, che si risolverà solo con massicci prestiti occidentali. Un governo ucraino dipendente dall’Occidentale è però destinato a essere un partner più affidabile per il transito verso Occidente del gas russo. Gazprom potrebbe così aver meno bisogno che in passato di diversificare completamente i transiti e, quindi, decidere di non aver bisogno di tutte e quattro le linee da 16 Gmc ipotizzate per il Turkish Stream.

Dal punto di vista europeo, non credo che vedremo uno stravolgimento, ma una lenta evoluzione. Come peraltro avvenuto nei decenni passati, quando abbiamo visto posare, uno dopo l’altro, Yamal-Europe, Blue Stream e Nord Stream.

Il Corridoio meridionale dopo South Stream

Hazar - The Southern Gas Corridor Beyond South StreamL’annuncio di Putin a inzio dicembre dell’abbandono di South Stream ha attratto molta attenzione mediatica. La vicenda del gasdotto da diverse decine di miliardi di dollari rappresentava infatti il simbolo più evidente dello scontro in atto tra le strategie di Gazprom e quelle della Commissione Europea.

Ora che il progetto è ufficialmente abbandonato, sia Gazprom sia la Commissione Europea finiranno col rivedere profondamente i propri piani, soprattutto a causa delle aspettative tutt’altro che rosee del mercato del gas in Europa. In questo quadro, difficilmente ci sarà posto per l’ipotesi di deviare la rotta del South Stream passando dalla Turchia, secondo la formula giornalistica del Turk Stream.

Sull’argomento, segnalo una mia analisi pubblicata oggi dal Caspian Strategy Institute.

South Stream: Putin annuncia la cancellazione

Reuters - Russia's South Stream pipeline falls victim to Ukraine crisis, energy routA esprimersi è stato Putin in persona: South Stream non si farà, almeno per il momento. Nonostante le aziende russe e i committenti internazionali fossero già impegnati nelle attività preliminari della costruzione, l’annuncio è stato netto e lascia poco spazio alle interpretazioni.

South Stream diventa la prima vittima eccellente della crisi dei prezzi del greggio. La contrazione delle quotazioni sta già costando alcune decine di miliardi di dollari all’anno alla Russia e mancano indizi affidabili su quando i prezzi torneranno a crescere. Per le aziende e per il governo russi è dunque il momento di tagliare le spese inutili, a cominciare proprio dal gasdotto sotto il Mar Nero.

Negli  ultimi mesi, i dubbi erano diventati sempre più insistenti. A pesare, oltre agli effetti della crisi del greggio, altri tre fattori: le sanzioni internazionali, che hanno compromesso in parte le relazioni economiche. Più importante ancora, e parzialmente sovrapposta alla prima, è stata la guerra di logoramento della Commissione, che da tempo si è attestata su posizioni antirusse e che ha fatto della riduzione dei rapporti con la Russia un mantra.

Infine, l’elemento che forse ha pesato di più è la debolezza del mercato europeo, di cui si fanno fatica a immaginare le prospettive. Sebbene la IEA preveda un aumento dei consumi europei a 518 Gmc entro il 2030, la situazione economica del continente e le incertezze legate alle politiche ambientali rendono particolarmente rischioso investire in nuova capacità di esportazione verso l’UE. Soprattutto se l’alternativa è la Cina, dove la nuova domanda non manca e i capitali da investire nemmeno.

L’annuncio di Putin è arrivato durante una visita ad Ankara. Ed è stato seguito dall’annuncio che un gasdotto da 63 Gmc sotto il Mar Nero si farà comunque, ma con approdo in Turchia. Dove peraltro già arriva il Blue Stream. Secondo le dichiarazioni, sarebbere già stato firmato un accordo preliminare per destinare 14 Gmc al mercato turco – quello sì in forte crescita – e il resto ai mercati europei.

Si tratta probabilmente di una mossa mediatica per mascherare la retromarcia russa, ma se fosse realizzato priverebbe la strategia europea del Corridoio meridionale del gas della sua funzione anti-russa. La realizzazione di TAP-TANAP e quella del nuovo gasdotto russo saturerebbero ampiamente la nuova domanda di gas per i prossimi decenni, quantomeno su quella direttrice.

Resta da vedere quali saranno le prossime mosse russe. Di certo, il grande perdente di oggi è un’azienda italiana: Saipem, che avrebbe dovuto realizzare la prima linea e parte della seconda, per un totale di 2,4 miliardi di euro di commesse. Certo, potrebbe in teoria prendere l’eventuale nuova commessa russa, ma intanto oggi il titolo in borsa è crollato.

South Stream: si costruisce davvero?

TASS - Russia's Gazprom to start laying underwater part of South Stream on December 15La saga di South Stream continua. Stretto fra le sanzioni americane ed europee – che però non hanno colpito direttamente Gazprom – e la traballante situazione ucraina, il progetto di gasdotto russo-europeo è in un momento particolarmente difficile. Per tacere dell’opposizione della Commissione Europea.

A pesare davvero è poi la debolezza della domanda europea, che continua a calare e che non si sa se e quanto tornerà a crescere. Certo, la produzione interna europea che cala, ma a che ritmi e con quali sostituti resta una questione aperta.

Eppure a guardare le operazioni, il sospetto che Gazprom voglia andare avanti nonostante tutto viene. Nei mesi scorsi nel porto di Burgas sono stati consegnati i primi tubi per la sezione offshore, probabilmente quelli prodotti da Severstal. Gli altri tubi sono stati commissionati alla tedesca Europipe e alla russa OMK.

Un altro indizio che qualcosa si stia davvero muovendo arriva dalle navi Saipem, che poseranno la prima della quattro condotte. Le operazioni di posa dovrebbero avvenire entro il terzo trimestre del 2015, affinché il gasdotto sia operativo entro la fine dell’anno. Nelle operazioni sono coinvolte la Castoro Sei, che ha in passato ha posato una parte di Nord Stream, e Saipem 7000, che in passato ha posato una parte di Blue Stream.

Ed effettivamente, se si guarda al posizionamento delle due navi coinvolte, si nota che nelle ultime settimane sono rimaste stabilmente in acque bulgare. In particolare, Castoro Sei si trova ormeggiata a un molo del porto di Burgas, mentre Saipem 7000 si trova nelle acque della Baia di Burgas.

MarineTraffic - Posizionamento di Castoro Sei al 24/11/2014MarineTraffic - Posizione di Saipem 7000 il 24/11/2014Il fatto che le navi Saipem si trovino nelle acque bulgare e che abbiano con ogni probabilità effettuato le operazioni di carico dei tubi non vuol dire necessariamente che il gasdotto si farà, si farà entro il 2015 e che sarà operativo e in grado di veicolare parte delle esportazioni russe verso l’UE. Eppure è un chiaro segnale che qualcosa si sta muovendo.