TAP torna in pista: accordo con BP, SOCAR e Total

TAPTAP resta in pista nella competizione per il tratto finale del Corridoio meridionale. Con un comunicato ufficiale, TAP annuncia l’accordo raggiunto con i principali membri del consorzio Shah Deniz II: BP, SOCAR e Total (Statoil è presente già nell’azionariato di TAP).

Secondo l’accordo, i membri si sono impegnati a finanziare alcuni lavori (non specificati) nel periodo che precede la scelta definitiva del tracciato (TAP o Nabucco West), attesa per il 2013.

L’aspetto più significitivo dell’accordo riguarda tuttavia un’opzione per gli azionisti del Consorzio Shah Deniz di rilevare il 50% dell’azionariato di TAP.

Gli accordi annunciati oggi rappresentano un importante passo avanti per la realizzazione del gasdotto, che con la prospettiva di allargamento del suo azionariato ai produttori si pone in una posizione di vantaggio rispetto al Nabucco West. Per le imprese impegnate nell’upstream, la prospettiva di controllare il midstream e accedere direttamente ai mercati finali rappresenta infatti un’occasione commerciale interessante.

Gli accordi di oggi sono anche un’implicita risposta alle affermazioni del ministro per l’energia azerbaigiano, Natik Aliyev, che a luglio aveva apertamente sostenuto la superiorità del Nabucco West. Tra i firmatari degli accordi, infatti, risulta anche SOCAR, l’azienda di Stato azerbaigiana.

Aggiornamento: secondo quanto riportato da Staffetta Quotidiana, c’è una seconda buona notizia per il TAP: Claudio De Vincenti, sottosegretario al MSE, ha firmato un’intesa sul sostegno al gasdotto con  Makis Papageorgiou, rappresentate del govero greco.

Gas azerbaigiano: pessime notizie per l’Italia

Sole24Ore - Gas azero più lontano dall'ItaliaSecondo quanto riportato dal Sole24Ore e da Agi, il ministro dell’Energia azero, Natik Aliyev, avrebbe affermato: «Ritengo che Nabucco Ovest sia il migliore, sotto tutti gli aspetti. È stato disegnato per avere un diametro superiore e quindi una capacità di trasporto superiore. È voluto e sostenuto dalla Ue. Ha la capacità di rifornire il mercato del Sud-Est europeo e dell’Europa centrale. Un mercato più affidabile. Nabucco Ovest ha più chance di vincere».

Se alle parole seguiranno i fatti, ossia se Socar appoggiasse effettivamente il Nabucco West ai danni del TAP, si tratterebbe di una svolta lungo il corridoio sud. Tutta ai danni dell’Italia, che sconta anche l’intempestivo prolungarsi dell’appoggi a ITGI da parte del governo. In ogni caso, potrebbe trattarsi di una dichiarazione nel quadro più ampio delle negoziazioni sugli accordi economici collaterali alla realizzazione del gasdotto tra i Paesi coinvolti nelle diverse ipotesi di tracciato e potrebbe dunque non essere seguita da una decisione definitiva.

Una nota alle parole di Natik Aliyev: dalle dichiarazioni dei mesi passati, il Nabucco West sarebbe progettato per trasportare 10 Gmc, esattamente come il TAP (anzi, il TAP ha nel progetto un’opzione di raddoppio a prezzi contenuti).

Una nota all’articolo di Roberto Bongiorni sul Sole24Ore: 10 Gmc non consentirebbero di «affrancarsi dalla dipendenza da Algeria e Russia», da cui l’Italia nel 2011 ha importato rispettivamente 21 e 26 Gmc.

Aggiornamento: la notizia battuta da Reuters.

L’Italia e il Corridoio Sud

Piattaforma del giacimento gassoso di Shah Deniz nel Mar Caspio (© Stuart Conway/Statoil)In un recente post, Stefano Casertano affronta la questione del Corridoio Sud e delle infrastrutture che dovrebbero portare il gas azerbaigiano di Shah Deniz II (SDII) sui mercati europei. I membri del consorzio di produzione prenderanno una decisione ufficiale sull’infrastruttura nel 2013 e hanno scartato tutti i progetti, tranne due: il Nabucco West, diretto in Austria, e il TAP, diretto in Italia.

Premesso che SDII dovrebbe iniziare la produzione nel 2018, Casertano paventa il rischio che i tempi di realizzazione del TAP siano troppo lunghi e ipotizza tre scenari: TAP accelera e il gas arriva sul mercato italiano, il gas prende la strada dell’Austria, oppure il gas  arriva in parte nei Balcani e in parte viene venduto in Russia.

La prima ipotesi sarebbe l’ottimo (e ci torneremo dopo). La seconda ipotesi sarebbe il Nabucco West, ossia gas in Austria e non in Italia. La terza è improbabile: i produttori del consorzio hanno tutto l’interesse a raggiungere i mercati europei anziché lasciare che i russi si intaschino una congrua fetta dei ricavi assorbendo la produzione di Shah Deniz a prezzi inferiori a quelli di mercato.

Il governo azerbaigiano ha poi un interesse ancora più forte a evitare di dipendere dai russi per i propri flussi di export: il Turkmenistan è un esempio di come i russi (comprensibilmente) prima piazzino tutta la propria produzione e solo dopo assorbano i volumi dai propri fornitori. Inoltre, con il conflitto in Nagorno-Karabakh congelato per l’intervento dei russi a favore degli armeni, è improbabile che il governo di Baku voglia legarsi ancora più strettamente ai russi (piuttosto, meglio liquefare in Turchia!).

Infine, per quanto le questioni di politica internazionale siano sempre piuttosto fumose, resta il fatto che il contratto tra Socar e Botas per il gasdotto TANAP è già stato firmato e l’infrastruttura porterà 10 Gmc all’anno al confine occidentale della Turchia.

Si torna così al punto di partenza: Nabucco West o TAP? A Casertano il TAP non piace, a differenza del (compianto) ITGI. Perché? Perché ci sarebbe un’influenza negativa dei soci del consorzio Shah Deniz II sulle strategie commerciali di TAP. Ora, escludendo che l’ITGI fosse un ente di beneficenza, il fatto che Statoil abbia una quota sia in SDII (25,5% del PSA) sia in TAP (42,5%) non sembra essere esattamente «un’infrastruttura in cui il controllo dei produttori sarebbe totale».

Questo senza considerare che, con una strutturale eccesso di offerta di gas in Italia, è difficile che facendo prezzi elevati si piazzino i volumi necessari a ripagare un’infrastruttura nuova.

Resta un’ultima considerazione: anche se l’ITGI fosse stato un progetto migliore (e non credo, ma cambia poco), è stato comunque eliminato. Non restano che due opzioni: lavorare per portare il gas in Italia, o lavorare per portare il gas in Austria.

TAP-Governo: eppur (qualcosa) si muove

Visita Dassù-De Vincenti a Baku, focus su settore energiaDopo il tramonto dell’ITGI, si attendeva qualche segnale di appoggio da parte del Governo al TAP, l’infrastruttura superstite lungo il tracciato sud del corridoio destinato a trasportare il gas azerbaigiano di Shah Deniz II in UE, probabilmente dopo il 2018.

Come riportato dal Velino,  l’8 e 9 luglio i sottosegretari agli Esteri, Marta Dassù, sottosegretario agli Esteri, e Claudio De Vincenti, omologo al MSE, hanno effettuato una missione congiunta a Baku per incontrare i vertici del governo azerbaigiano, incluso il presidente Ilham Aliyev.

Sul tavolo di certo i temi energetici, visto che nel 2011 l’Azerbaigian è stato il primo fornitore di greggio dell’Italia. Importante per la sicurezza energetica italiana è sicuramente anche il fronte del gas naturale, visto che proprio dall’Azerbaigian potrebbe arrivare 10 Gmc di gas all’anno, in grado di aumentare sia la concorrenzialità del mercato finale, sia la resilienza del sistema nazionale di approvvigionamento. Si spera quindi che il Governo di Roma, dopo un lungo sostegno al progetto avversario, l’ITGI, abbia finalmente iniziato a mettere tutto il proprio peso a favore del TAP.

L’Italia ha parecchio da perdere: entro l’anno prossimo, i soci del consorzio di Shah Deniz (BP, Statoil e Socar) dovranno decidere se destinare il gas all’Italia oppure se favorire il Nabucco West e far arrivare il gas azerbaigiano in Austria, con evidenti ricadute negative per i consumatori italiani (un po’ meno per qualche operatore nostrano, ma questo è un altro discorso). Speriamo che il governo si dimostri all’altezza, elezioni permettendo.

BP abbandona SEEP

Azerbaigian-Ue: i tracciati dei gasdotti alternativiSecondo quanto riportato da Reuters e FT, BP avrebbe abbandonato il progetto della South East Europe Pipeline, il gasdotto che avrebbe dovuto portare ai mercati dell’Europa orientale il gas di Shah Deniz II (Azerbaigian), collegandosi al TANAP.

Dopo la decisione di favorire TAP a ITGI lungo l’ipotesi di tracciato meridionale, i membri del consorzio di Shah Deniz (BP, Statoil e Socar) hanno così scelto il progetto finalista per la diramazione settentrionale: sarà Nabucco West, la versione ridotta a 10 Gmc del Nabucco, archiviato nel suo tracciato originale già da qualche mese.

Per l’anno prossimo è invece attesa la decisione su quale dei due tracciati, Nord (Nabucco West verso l’Austria) o Sud (TAP verso l’Italia), sarà infine costruito per il 2018.

La decisione di BP, che avrebbe partecipato direttamente alla costruzione di SEEP, è probabilmente riconducibile al difficile momento finanziario della società, alle prese con le conseguenze economiche delle perdite nel Golfo del Messico e con il tentativo di uscita dal consorzio TNK-BP in Russia.

Per quanto riguarda l’Italia, ora che i finalisti sono stati scelti, è fondamentale che il Ministero delle sviluppo economico, fino ad ora molto vicino al progetto ITGI, prenda atto della situazione e si mobiliti in tutte le sedi per favorire la realizzazione del TAP. L’arrivo del gas azerbaigiano consentirebbe di aumentare la diversificazione delle forniture all’Italia, favorendo la sicurezza energetica nazionale.

South Stream avanza, sulla carta

South StreamNelle dichiarazioni di Gazprom, il progetto South Stream avanza a grandi passi. Il 13 aprile scorso si è tenuta a Mosca la prima riunione del consiglio di amministrazione del consorzio, presenti Paolo Scaroni (Eni), Henri Proglio (EDF), Harald Schwager (BASF), Alexey Miller e Alexander Medvedev (Gazprom), oltre al nuovo presidente Henning Voscherau, un altro politico tedesco (Gerhard Schröder, passato a Nord Stream) dimostratosi molto felice di passare alle dipendenze dirette dell’impresa di Stato russa. La vicenda è ripresa da Vitus Bering, che la inquadra nel contesto della vicenda South Stream.

Ho già affrontato il tema dell’assenza di domanda sufficiente a dare un senso economico alla realizzazione a breve di South Stream e il peggioramento della situazione in Europa ha se possibile rafforzato di dubbi sul fatto che per tutto quel gas (60 Gmc da South Stream, più 27,5 da Nord Stream II) ci sia mercato in Europa.

Per quanto riguarda invece la competizione con gli altri progetti sul corridoio Sud, quello che arrivano in UE attraverso i Balcani, i due progetti effettivamente in lizza – e sarebbe giusto che anche il Corrado Passera ne prendesse atto – sono TAP e SEEP, riforniti da Shah Deniz II (Azerbaigian), in continuo progresso. Più che rientrare in una strategia delle istituzioni europee, invero parecchio a corto di legittimità e di cartucce, questi progetti sono un tentativo dei competitors delle imprese coinvolte in South Stream di aumentare la competitività dei mercati finali, erodendo quote di mercato agli incumbents (leggi ex-monopolisti).

South Stream appare così soprattutto come un’operazione di chi, come Eni, cerca di mantenere il più possibile invariati gli equilibrî sui mercati finali. Nel caso italiano, infatti, l’arrivo di TAP consentirebbe ad imprese diverse da Eni di rifornire via tubo il mercato italiano escludendo completamente dal midstream il campione nazionale, avendo la possibilità di competere sul prezzo, a tutto vantaggio dei consumatori finali.

Sul fronte russo, i 10 Gmc di TAP – o SEEP, se l’Italia uscirà sconfitta – non sono tali da impensierire veramente Gazprom, che in UE ne esporta quasi 120 Gmc già oggi, e al massimo possono rallentare South Stream, quando emergeranno prospettive economiche sufficienti a giustificare l’investimento. Per i russi, il progresso di South Stream è dunque sostanzialmente un posizionamento cartaceo, in attesa di capire se la ripresa dei consumi ci sarà e quando. Per di più, la rete infrastrutturale russa si è sviluppata nel corso dei decenni e un’accelerazione proprio ora non sembra plausibile.

Un’ultima considerazione sulla competizione cinese: in realtà, i giacimenti della Siberia orientale che servirebbero a servire il mercato cinese sono in gran parte diversi da quelli, più occidentali, che servirebbero a sostenere i nuovi flussi verso l’Europa. Esiste invece una possibile sovrapposizione soprattutto su un’eventuale riesportazione di gas centroasiatico, ma non tale da precludere alcun progetto, allo stato attuale.

La competizione euro-cinese per il gas russo è invece in gran parte sulla priorità dell’allocazione degli investimenti. Sebbene una logica di differenziazione suggerirebbe di guardare a Est, tuttavia per Gazprom i clienti europei restano al momento gli unici in grado di garantire alti prezzi e il rispetto del diritto e dei contratti, mentre i cinesi hanno già tentato di ottenere prezzi molto inferiori a quelli europei e non offrono grandi garanzie di affidabilità in caso di contenzioso. Lo sviluppo orientale di Gazprom senza dubbio ci sarà (soprattutto su altri clienti asiatici), ma in ultima analisi le dinamiche del rapporto con l’Europa sono destinate a rimanere endogene, almeno nel corso del decennio.