L’offerta di energia elettrica in Italia

turbina elettricaIl settore elettrico è attualmente al centro dell’attenzione nel dibattito italiano. Pochi giorni fa la Confindustria ha presentato la propria proposta di riforma del mercato, mentre Terna ha pubblicato il consueto rapporto mensile, che conferma l’apparente inversione di luglio nel trend ribassista della domanda elettrica degli ultimi anni.

Per un breve excursus sulla situazione dell’offerta elettrica nel nostro paese, rimando i nostri lettori ad un mio articolo apparso ieri sul portale AgiEnergia.

Le rinnovabili ormai coprono una quota importante della produzione domestica (40-45%), ma come le torride giornate di luglio hanno dimostrato, il ruolo del gas naturale e delle importazioni resta fondamentale per soddisfare il fabbisogno elettrico.

Buona lettura!

La politica energetica europea: una panoramica

mappa ueIn questi giorni l’instancabile vice presidente della Commissione europea Maros Sefcovic sta facendo un tour degli stati membri per promuovere l’idea dell’Unione dell’Energia.

A chi scrive questa Unione dell’energia sembra più un accattivante slogan pubblicitario – e Sefcovic un PR – che non qualcosa di sostanziale. Tuttavia, non è certo corretto affermare che all’Europa manca una politica energetica.

Pur con tutti i limiti e gli inevitabili compromessi, che peraltro hanno luogo anche a livello nazionale, la UE si è andata dotando negli ultimi 15-20 di un ricco corpus normativo in merito e anche di qualche soldino da usare qua e là (vedi i 5 miliardi di euro per le infrastrutture del Connecting Europe Facility e vari miliardi per la ricerca e sviluppo tecnologico, anche energetico, nell’ambito di Horizon 2020).

Per chi volesse una panoramica dell’evoluzione e del quadro della politica energetica europea, pubblico la presentazione proposta a Milano qualche giorno fa durante un incontro di formazione presso la società di consulenza Protiviti.

Potete scaricare la presentazione qui.

Buona lettura!

È giunta l’ora delle batterie oppure no?

pila voltaicaSegnalo una mia analisi apparsa sul sito dell’Osservatorio Energia dell’ISPI, che cerca di fare il punto sugli accumuli elettrochimici nel settore elettrico, ovvero se dopo tutto il recente trambusto inscenato da Tesla si prospetti o meno una rapida diffusione delle batterie connesse alla rete elettrica.

Secondo il mio punto di vista la risposta è al momento negativa. Adesso e almeno per i prossimi anni, le batterie non hanno molto senso come sistema per accumulare energia elettrica, salvo certi casi specifici dove i costi proibitivi di connessione alla rete, le temporanee congestioni sulle medesime o la particolare sensibilità alla continuità del servizio possono giustificare limitate applicazioni (anche in quest’ultimo caso è probabilmente meglio un motore diesel, di cui però va valutato l’impatto ambientale).

Ovviamente, è possibile (ma non inevitabile) che tra 10-15 anni la tecnologia avrà ridotto i costi in misura tale che stoccare energia per mezzo di batterie inciderà pochissimo sul prezzo finale. In quel caso l’intero business elettrico sarà oggetto di una profonda revisione e l’energia elettrica potrebbe per allora diventare una commodity come il ferro o il grano.

Tuttavia, fino ad allora è meglio evitare di lasciarsi andare a facili entusiasmi. Dopotutto, è da 40 anni che si pensa di riuscire a sviluppare la fusione nucleare…

Premi in onore di Pasquale de Vita

de_VitaL’anno scorso moriva a Roma Pasquale De Vita, uno di quei personaggi che hanno segnato la storia dell’industria energetica italiana.

In suo onore RIE Energia, Aci, Sara Assicurazioni e l’Unione Petrolifera hanno istituito due premi, uno di studio e uno giornalistico, per chi si sia occupato negli ultimi mesi di industria della raffinazione e/o dell’innovazione nel settore dei trasporti, sia dal punto di vista della ricerca che da quello giornalistico.

Per chiunque fosse interessato, sono disponibili i bandi con scadenza il prossimo 15 settembre 2015.

Errare humanum, perseverare… Report!

imagesCi risiamo. Report, il programma d’indagine di Rai 3 torna a parlare di energia e, ancora una volta, lo fa in maniera in parte discutibile. Per diverse ragioni.

In primo luogo, come sottoliena pure la Staffetta Quotidiana, rivista specializzata del settore energetico, lo fa con una puntata “patchwork”, dove il giornalista affastella una serie di temi piuttosto eterogenei. Sotto il titolo “Il gran caldo“, infatti, si parla degli investimenti in fonti rinnovabili fatti dai Paesi arabi, delle possibili malversazioni di Enel in Romania, dell’inquinamento ambientale provocato dall’impianto a carbone di Brindisi, dell’evasione dell’IVA tramite l’acquisto di diritti di emissione di CO2, dell’incerto funzionamento del meccanismo dei certificati bianchi per l’efficienza, della generazione distribuita, dei SEU e della riforma delle tariffe elettriche.

Insomma, si toccano temi che richiederebbero parecchie ore per una trattazione adeguata.

E nel calderone, inevitabilmente, si fanno errori o quanto meno si dicono delle mezze verità e delle imprecisioni che possono disorientare o indirizzare – spero non volutamente – lo spettatore verso certe conclusioni.

Senza pretesa di completezza, dunque, vorrei indicare alcuni dei punti critici della puntata:

  • min. 3: Maugeri è poco preciso a dire che il calo del prezzo del greggio è dovuto alla decisione OPEC di non ridurre la produzione. In realtà il calo era già iniziato a luglio/agosto a seguito del rallentamento della domanda mondiale e della forte crescita della produzione non OPEC (qui mi viene il dubbio che Maugeri sia stato tagliato nell’intervista e stesse dicendo anche altro);
  • min. 9: dire che il fotovoltaico è meno costoso del gas naturale per la produzione di energia elettrica è quanto mai curioso. Dipende da un numero enorme di ipotesi. Se così fosse perchè sarebbero necessari tutti questi sussidi? Credo che anche qui Maugeri sia stato tagliato e abbia detto cose diverse.
  • min. 10: nonostante i vari annunci contenuti nella Strategia Energetica Nazionale del 2013 e alcune novità legislative recenti, l’Italia non sta puntando nei fatti molto sulla produzione domestica di idrocarburi: negli ultimi 10-15 anni l’attività di esplorazione e trivellazione si è molto ridotta e anche la produzione nazionale è calata (rimando al rapporto del Mise p. 21 e segg.). Sul numero di occupati potenziali non mi esprimo, ma bisogna vedere con attenzione che cosa comprende il dato saudita e ricordare che l’attività estrattiva saudita è inevitabilmente più produttiva di quella italiana per ragioni geologiche e quindi ha di per sè bisogno di meno lavoratori per unità di greggio prodotta;
  • min. 11: attenzione al concetto di grid parity: è evidente che se il consumatore-produttore non deve pagare gli oneri generali di sistema e i costi di dispacciamento, che lui stesso contribuisce a creare, sarà avvantaggiato e potrà dire di essere “competitivo”;
  • min. 40-42: si ricordi che l’idrogeno non è disponibile tale quale in natura e che  per  produrlo si usa energia. Se questa è prodotta con fonti fossili, l’inquinamento, in tutto o in parte, è semplicemente spostato da un posto a un altro. In particolare, oggi l’idrogeno è prodotto soprattutto da metano, con emissione di anidride carbonica;
  • min. 45: come prima si dice che l’energia prodotta in modo distribuito con questo cogeneratore o con il fotovoltaico costerebbe di meno. Ma per chi? Per il singolo, che riceve dei sussidi, che non paga la rete che comunque continuerà a usare e neppure gli oneri generali di sistema che garantiscono la sicurezza del sistema, il sostegno ai consumatori deboli, il supporto alle rinnovabili e l’IVA per lo Stato. Per la comunità nel suo complesso, dunque, non è detto che la generazione distribuita costi di meno;
  • min. 46: attenzione alla differenza fra le tasse sull’energia (l’IVA) e gli oneri di sistema: sono concettualmente diversi;
  • min. 46: il fotovoltaico non produce di notte e quindi in presenza di un embargo del gas il condominio resterà pure esso senza energia;
  • min. 47-48: non tutti gli occupati della green economy di qualche anno fa erano così qualificati: alcune migliaia erano semplici installatori. E in ogni caso ci si dimentica che il settore elettrico italiano ed europeo di oggi è in forte eccesso di capacità e installare nuovi impianti sarebbe uno spreco, oltre che un danno per gli investitori passati (tra cui ci sono anche i piccoli azionisti di Enel, Edison, Eni, A2A, ecc.);
  • min 49: attenzione alla differenza tra efficientarsi, ossia consumare meno energia per fare le stesse cose, e installare impianti a fonti rinnovabili, che permetteno di produrre più energia;
  • min. 50: l’intervista alla Poletti è proprio fatta male e non le permette di esprimersi bene: qui secondo me c’è stata poca correttezza da parte del giornalista.

Nell’ultima parte della puntata si tocca il punto della riforma della bolletta e la si critica, ma siamo davvero sicuri che lo si faccia a ragione? Qui un pezzo che affronta alcuni dei temi legati alla riforma delle tariffe, in particolare l’idea che in presenza di molta generazione distribuita, la rete debba essere pagata di più in base alla potenza sottoscritta – e quindi con quote fisse- che in base ai consumi. Dietro a tanto dibattito si nasconde in sostanza una redistribuzione dei costi, con implicazioni politiche forti (si veda questo altro contributo).

Insomma, speriamo che la prossima volta Report faccia un po’ meglio il suo mestiere, in particolare quando riporta le interviste fatte.

Il Renewable Energy Report del Politecnico di Milano

logoLo scorso martedì è stato presentato a Milano l’ultimo lavoro dell’Energy and Strategy Group del Politecnico meneghino, questa volta dedicato non a una specifica tecnologia, ma all’insieme delle fonti rinnovabili elettriche.

I tempi in cui ogni fonte si meritava la sua analisi specifica, visto la crescita sostenuta degli investimenti e il margine ottenibile dalla messa in produzione di nuovi siti, sembrano ormai passati, come testimonia anche, prosaicamente, il coffe break ormai ridotto all’osso – nulla delle ricche tavole imbandite di un paio di anni fa.

Tuttavia, scorrendo le analisi presentate nel Report e ascoltando gli interventi dei vari relatori intervenuti alla presentazione, si ha la conferma di come ormai il settore stia entrando in una fase di maturità e contribuisca finalmente in modo positivo all’economia del Paese. Nonostante qualcuno invochi ancora l’allocazione di incentivi aggiuntivi all’interno del tanto atteso Green Act o di un nuovo decreto ministeriale che dovrebbe succedere a quello del 6 luglio 2012, l’attenzione è ormai sempre più posta alla ricerca di un efficientamento nell’uso dell’enorme parco di generazione esistente, il quale sembra ormai essersi stabilizzato attorno ai 32 GW (+18,1 GW di idroelettrico) – nel 2014 sono entrati in funzione meno di 700 MW.

Si è parlato perciò molto di Operation&Maintenance, di mercato secondario degli impianti (forte sembra qui essere l’interesse di fondi finanziari esteri), di concentrazione della proprietà, di ristrutturazione del debito e di integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico. Quest’ultima è ormai una priorità per il sistema, dato che il contributo delle rinnovabili alla produzione elettrica nazionale ha raggiunto l’anno scorso il 45%.

Il rapporto costituisce dunque un prezioso strumento per capire lo stato delle rinnovabili in Italia e non solo, ma tuttavia in alcuni punti risulta debole e dimostra un certo sbilanciamento “ideologico” a favore delle rinnovabili.

In particolare, a mio avviso, è forzata la sezione dedicata all’impatto delle rinnovabili sulla bolletta elettrica italiana. Nonostante si dichiari la difficoltà di identificare questo impatto per la pluralità di fattori agenti, il rapporto alla fine cita comunque dei valori puntuali, la cui metodologia di calcolo appare talvolta sommaria e, in ultima analisi, tendenziosa. Mi limito al caso del PUN.

Data l’esistenza di un sistema di prezzo marginale nella borsa italiana e data la non convessità della funzione di produzione di elettricità, dovuta all’esistenza di numerosi impianti con capacità discreta, con vincoli di rampa e di potenza minima, ecc., mi sembra poco corretto cercare di inferire l’impatto delle rinnovabili sul PUN guardando alla mera correlazione fra produzione di energia da rinnovabili e PUN.

Anche la stima dello scenario conservativo mi sembra piuttosto curiosa: su che base si conclude che se il costo del gas naturale è calato del 18% e che le centrali a gas producono cica il 34% dell’energia elettrica in Italia, allora il minore prezzo del gas è responsabile del 6% del calo del PUN???? O che il calo della domanda e del PIL sia responsabile solamente del 3% del calo del PUN???

Insomma, credo si sia voluto fare una stima a spanne, ma in questo caso, come in altri, le spanne possono nascondere più di quanto rilevano e allora sarebbe più corretto fare a meno di calcolarle ed evitare di proporre al pubblico dei numeri.