Focus trimestrale sicurezza energetica – Q4 2016

Focus 2016 Q4È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al quarto trimestre del 2016, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

La prima parte è composta da quattro capitoli: analisi del contesto globale, analisi comparata degli Stati europei, politiche energetiche dei Paesi fornitori e di transito del gas, corridoi energetici europei del gas.

La seconda parte è composta da due approfondimenti dedicati a: petro-monarchie del Golfo e sicurezza energetica tra strategie di diversificazione e sfide future; il potenziale energetico del Bacino del Levante e il ruolo di israele come fornitore di energia.

EastMed – Incognite sul progetto di gasdotto

Is the EastMed gas pipeline just another EU pipe dream?Segnaliamo un post di Simone Tagliapietra dal titolo Is the EastMed gas pipeline just another EU pipe dream? (la risposta è “tendenzialmente sì…”), pubblicato da Bruegel.

Il progetto EastMed si basa su due assunti: il fatto che le importazioni di gas dell’UE continueranno a crescere nei prossimi decenni e il fatto che dal Bacino del Levante saranno disponibili grandi volumi per l’esportazione.

Secondo Tagliapietra (e l’opinione è ampiamente condivisibile), anche se l’import europeo è destinato ad aumentare, in primo luogo a causa del declino della produzione interna, non è assolutamente detto che il gas del Mediterraneo orientale possa essere competitivo. Altri fornitori, a cominciare dalla Russia, saranno probabilmente più concorrenziali in termini di prezzi.

Inoltre, non è detto nemmeno che nella regione si sviluppi nei prossimi anni un potenziale di esportazione sufficiente a giustificare l’investimento in un tubo da parecchi miliardi di dollari con incerte prospettive di utilizzo. La nuova produzione egiziana sarà infatti destinata a soddisfare la domanda interna (che è in crescita e già oggi superiore a quella francese o turca) e a sfruttare i terminali di liquefazione già esistenti (Idku e Damietta, oggi inutilizzati), mentre la produzione israeliana continua ad essere ostacolata da problemi politici e legali e quella di Cipro per il momento parrebbe avere potenzialità meno consistenti del previsto.

Lo sviluppo di un gasdotto che unisca i flussi di Paesi diversi, inoltre, pone dei problemi di cooperazione che forse potrebbero essere superati trovando prima un accordo per l’utilizzo congiunto dei terminali egiziani. Se questa soluzione funzionerà, si potrà successivamente pensare, in una prospettiva di lungo periodo (oltre i 5 anni), a sviluppare un’ipotesi di infrastruttura più costosa e vincolante, se ci sarà abbastanza gas per i consumi regionali e per l’esportazione.

Nel complesso, insomma, EastMed sembra ad oggi avere prospettive di successo simili a quelle del Nabucco.

Consumi di gas in Italia: 2016 positivo

I consumi di gas in Italia hanno confermato nel 2016 l’andamento positivo già registrato nel corso dell’anno passato. Secondo i dati di Snam Rete Gas, il totale immesso sulla rete è stato di 68,8 Gmc (a 39 MJ/mc), 3,4 Gmc in più rispetto al 2015 (+5,2%). Il dato consolida il netto recupero dell’anno scorso, ma resta ancora distante dal 2008, ossia dal livello pre-crisi (-13,8 Gmc, -16,7%).

I consumi di gas in Italia e le variazioni rispetto all’anno precedente (miliardi di metri cubi)

A far registrare l’aumento più significativo è stato il settore termoelettrico, che ha consumato 22,7 Gmc, +2,5 rispetto al 2015 (+12,1%), grazie soprattutto a una lieve ripresa della produzione di elettricità e al calo dell’offerta idroelettrica. I consumi del settore termoelettrico sono stati nel complesso prossimi al 2012, ma sono rimasti ancora molto distanti dai livelli del 2008 (-10 Gmc, -30,6%), quando si erano attestati a 32,7 Gmc.

L’andamento dei consumi di gas in Italia per settore (2007=100)

Andamento stabile per il settore residenziale (che include anche le piccole attività commerciali), che ha fatto registrare consumi annui pari a 30,8 Gmc (+0,1 Gmc, +0,4% rispetto al 2015). Un livello non molto inferiore al 2008 (-1,8 Gmc, -5,4%), che risente anche della contrazione strutturale della domanda causata dell’efficientamento degli immobili.

Finalmente positiva la tendenza per il settore industriale, che nel corso dell’anno ha consumato 13,1 Gmc, in aumento rispetto all’anno passato (+0,6 Gmc, +4,9%), ma ancora inferiore rispetto al livello del 2008, quando i consumi erano stati pari a 14,2 Gmc (-1,2 Gmc, -8,1%).

Relativamente stabili in valore assoluto, infine, gli altri consumi (esportazioni, consumi di sistema, reti di terzi), pari a 1,9 Gmc, analoghi al 2015.

L’andamento dei consumi di gas in Italia per settore (miliardi di metri cubi)

Per quanto riguarda la distribuzione dei consumi durante l’anno, la forte stagionalità della domanda residenziale per riscaldamento si è confermata l’elemento dominante, con consumi nel primo e nel quarto trimestre prossimi a valori doppi rispetto a quelli del secondo e del terzo.

L’andamento e la composizione dei consumi di gas in Italia per trimestre (miliardi di metri cubi)

Lo scenario energetico nazionale: nel mezzo della transizione?

cupola-duomo-firenzeUna buona conoscenza delle grandenzze e delle tendenze in atto nel settore energetico è un elemento imprescindibile per valutare attentamente le politiche pubbliche che devono essere adottate da un governo o domandate dai vari stakeholder.

Per questo ho raccolto nella presentazione che potete scaricare qui una sintesi del sistema energetico italiano e del più ampio contesto internazionale, in cui il nostro paese e la nostra economia devono muoversi.

Si tratta della presentazione che ho utilizzato lo scorso luglio durante un convegno della FIMCA CISL a Firenze, che ringrazio per avermi invitato e che mi auguro abbia tratto giovamento per la definizione delle sue iniziative a favore del mondo del lavoro, consapevole dei limiti in cui è necessario muoversi.

Dai dati emerge chiaramente come il settore dell’energia abbia conosciuto negli ultimi anni in Italia un significativo ridimensionamento in termini di prodotto complessivo, un cambiamento nella ripartizione fra i vari sotto-settori e una riduzione del valore aggiunto. Molte imprese si trovano in difficoltà e hanno dovuto modificare le proprie attività o chiudere. Il settore ha anche iniziato la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, ma sebbene le emissioni di CO2 siano calate e il peso delle rinnovabili sia aumentato, molto resta da fare se si vogliono rispettare gli impegni presi in materia di cambiamento climatico.

A meno che non si speri in altri sette anni di vacche magre per l’economia del nostro paese. O non si ritenga utile rinegoziare quegli impegni.

Qui è possibile scaricare la presentazione.

Ps: nelle ultime diapositive è disponibile una lista di documenti molto interessanti, quasi tutti liberamente disponibili su internet, che contengono numerose informazioni e analisi per chi volesse approfondire.

Referendum 17 aprile: Cosa andiamo a votare?

0. Volantino 13 aprilePrima di entrare in silenzio stampa pre-voto, pubblico gli appunti che ho usato ieri sera durante uno stimolante dibattito organizzato dai giovani del PD presso Santa Maria Gualtieri a Pavia.

L’evento, in cui mi sono confrontato con il geologo di Edison, Roberto Calabrò, e con il già senatore della Repubblica e ambientalista, Roberto Della Seta, ha sviscerato i vari temi legati al referendum e alle sue implicazioni immediate e non.

Non ripeto qui le argomentazioni pro e contro esposte ieri sera. Gli appunti li potete scaricare qui. Molte informazioni ufficiali le potete trovare sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Vi pongo solamente una domanda: l’Italia può diventare un paese in grado di gestire la modernità e attività produttive complesse come quelle degli idrocarburi, della metallurgia o altro?

Personalmente credo che invece di vietare un’attività perché se ne ha paura, bisognerebbe imporre degli elevati standard ambientali e poi monitorarne il rispetto, chiamando la magistratura ogni volta che qualcuno non si attiene (per negligenza o incompetenza) a quegli standard.

Un paese liberale e serio dovrebbe fare così.

Gli appunti sono disponibili qui.

 

Approvvigionamento italiano di gas: Russia sempre centrale

Nel 2015 la domanda di gas in Italia è finalmente tornata a crescere. Parallelamente, anche le importazioni sono tornate ad aumentare: +5,3 Gmc, passando da 54,5 a 59,8 Gmc secondi i dati MiSE. Valori ben lontani dal record storico di 75,6 Gmc del 2006, ma pur sempre una buona notizia per le compagnie che hanno in portafogli i contratti di lungo periodo e per i fornitori internazionali dell’Italia, che negli ultimi anni hanno accusato duramente la crisi della domanda.

Il gas importato, infatti, non solo domina l’offerta (90,6% dei consumi), ma è anche quello che assorbe praticamente per intero tutte le oscillazioni della domanda, in positivo e in negativo. La produzione nazionale, pur avviata lungo un declino di lungo periodo, di fatto continua al massimo, a prescindere dall’andamento del mercato.

La composizione dell’approvvigionamento italiano di gas

Per quanto riguarda l’origine delle importazioni, le forniture russe hanno continuato a dominare il mercato italiano anche nel 2015 (49% del gas importato) e sono cresciute di 3,7 Gmc, soddisfando la maggior parte della nuova domanda. In seconda posizione il gas olandese e norvegese (17%), seguito da quello algerino (12%) e da quello libico (12%). Limitato il contributo del GNL (10%), pur in forte crescita (+32%).

L’origine delle importazioni italiane di gas

Per quanto riguarda l’utilizzazione delle infrastrutture, il dato più rilevante resta quello del sotto-utilizzo del gasdotto Transmed, che trasporta il gas algerino fino in Sicilia. Nel 2013, infatti, Eni, Enel e Edison hanno rinegoziato temporaneamente le quantità da importare sulla base dei contratti di lungo periodo, posticipando il ritiro dei volumi. Resta da vedere se quando arriverà il momento di recuperare gli obblighi contrattuali la domanda italiana si sarà ripresa a sufficienza e – soprattutto – quanto l’upstream algerino sarà in grado di tenere il passo, nonostante gli investimenti esteri negli ultimi anni siano stati inferiori alle attese.

La capacità di importazione delle infrastrutture e il livello di utilizzo medio nel 2015