Turkish Stream: sta per iniziare la posa?

Dopo mesi di stasi, qualcosa si muove nel Mar Nero. Secondo quanto riportato da MarineTraffic, la nave posatubi di Saipem Castoro Sei si è messa in navigazione, lasciando le acque del porto di Burgas, dove si trovava dall’anno scorso.

MarineTraffic - Castoro SeiSi trova invece ancora ferma nelle acque del porto di Burgas un’altra nave posatubi, la Saipem 7000.

MarineTraffic - Saipem 7000

La Castoro Sei era stata in passato impegnata nella posa del Nord Stream, mentre la Saipem 7000 era stata impegnata nella costruzione di Blue Stream. Le due navi erano state destinate da Saipem alla realizzazione della prima linea del South Stream, in base al contratto da 2 miliardi di euro (più uno da 400 per la seconda linea) siglato con il consorzio e poi congelato a causa della cancellazione del progetto.

Dopo la cancellazione del South Stream, che avrebbe dovuto portare il gas russo direttamente in Bulgaria e che fu abbandonato a inizio dicembre 2014, le due navi erano rimaste nelle acque del porto di Burgas, in attesa di disposizioni. Nel porto bulgaro sarebbero anche stoccati una parte dei tubi destinati alla posa sul fondo del Mar Nero.

Il movimento della Castoro Sei potrebbe essere un segnale di inizio delle attività di costruzione del Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe collegare la Russia alla Turchia europea, con caratteristiche molto simili al South Stream. Dopo l’acquisizione da parte di Gazprom del 100% del consorzio South Stream, la costruzione del Turkish Stream – anch’esso 100% Gazprom – assorbirebbe il materiale e le obbligazioni contrattuali del progetto abbandonato.

Gazprom - Turkish Stream

MarineTraffic - Castoro Sei, rotta

Il Turkish Stream avrebbe peraltro un tracciato molto simile al South Stream, a parte l’ultimo tratto, deviato verso Sud per l’approdo in Turchia. La Castoro Sei si starebbe in effetti dirigendo verso il centro del Mar Nero: se nelle prossime settimane l’operatività della nave nell’area dovesse continuare, le operazioni preliminari di posa dei tubi potrebbero essere davvero iniziate. In linea peraltro con quanto dichiarato da Gazprom, che nei mesi scorsi ha annunciato l’avvio a breve della costruzione del gasdotto.

Aggiornamento (04/06/2015 – 16:00)

La Castoro Sei si trova a metà del Mar Nero, diretta verso le coste russe. In particolare, sempre secondo quanto riportato da MarineTraffic, la nave sarebbe diretta verso il porto di Anapa, vicino al punto da cui è prevista la partenza del Turkish Stream.

MarineTraffic - Castoro Sei verso AnapaLa Castoro Sei dovrebbe raggiungere il porto di destinazione lunedì prossimo, il 6 luglio.

MarineTraffic - Castoro Sei, scheda

Premi in onore di Pasquale de Vita

de_VitaL’anno scorso moriva a Roma Pasquale De Vita, uno di quei personaggi che hanno segnato la storia dell’industria energetica italiana.

In suo onore RIE Energia, Aci, Sara Assicurazioni e l’Unione Petrolifera hanno istituito due premi, uno di studio e uno giornalistico, per chi si sia occupato negli ultimi mesi di industria della raffinazione e/o dell’innovazione nel settore dei trasporti, sia dal punto di vista della ricerca che da quello giornalistico.

Per chiunque fosse interessato, sono disponibili i bandi con scadenza il prossimo 15 settembre 2015.

Errare humanum, perseverare… Report!

imagesCi risiamo. Report, il programma d’indagine di Rai 3 torna a parlare di energia e, ancora una volta, lo fa in maniera in parte discutibile. Per diverse ragioni.

In primo luogo, come sottoliena pure la Staffetta Quotidiana, rivista specializzata del settore energetico, lo fa con una puntata “patchwork”, dove il giornalista affastella una serie di temi piuttosto eterogenei. Sotto il titolo “Il gran caldo“, infatti, si parla degli investimenti in fonti rinnovabili fatti dai Paesi arabi, delle possibili malversazioni di Enel in Romania, dell’inquinamento ambientale provocato dall’impianto a carbone di Brindisi, dell’evasione dell’IVA tramite l’acquisto di diritti di emissione di CO2, dell’incerto funzionamento del meccanismo dei certificati bianchi per l’efficienza, della generazione distribuita, dei SEU e della riforma delle tariffe elettriche.

Insomma, si toccano temi che richiederebbero parecchie ore per una trattazione adeguata.

E nel calderone, inevitabilmente, si fanno errori o quanto meno si dicono delle mezze verità e delle imprecisioni che possono disorientare o indirizzare – spero non volutamente – lo spettatore verso certe conclusioni.

Senza pretesa di completezza, dunque, vorrei indicare alcuni dei punti critici della puntata:

  • min. 3: Maugeri è poco preciso a dire che il calo del prezzo del greggio è dovuto alla decisione OPEC di non ridurre la produzione. In realtà il calo era già iniziato a luglio/agosto a seguito del rallentamento della domanda mondiale e della forte crescita della produzione non OPEC (qui mi viene il dubbio che Maugeri sia stato tagliato nell’intervista e stesse dicendo anche altro);
  • min. 9: dire che il fotovoltaico è meno costoso del gas naturale per la produzione di energia elettrica è quanto mai curioso. Dipende da un numero enorme di ipotesi. Se così fosse perchè sarebbero necessari tutti questi sussidi? Credo che anche qui Maugeri sia stato tagliato e abbia detto cose diverse.
  • min. 10: nonostante i vari annunci contenuti nella Strategia Energetica Nazionale del 2013 e alcune novità legislative recenti, l’Italia non sta puntando nei fatti molto sulla produzione domestica di idrocarburi: negli ultimi 10-15 anni l’attività di esplorazione e trivellazione si è molto ridotta e anche la produzione nazionale è calata (rimando al rapporto del Mise p. 21 e segg.). Sul numero di occupati potenziali non mi esprimo, ma bisogna vedere con attenzione che cosa comprende il dato saudita e ricordare che l’attività estrattiva saudita è inevitabilmente più produttiva di quella italiana per ragioni geologiche e quindi ha di per sè bisogno di meno lavoratori per unità di greggio prodotta;
  • min. 11: attenzione al concetto di grid parity: è evidente che se il consumatore-produttore non deve pagare gli oneri generali di sistema e i costi di dispacciamento, che lui stesso contribuisce a creare, sarà avvantaggiato e potrà dire di essere “competitivo”;
  • min. 40-42: si ricordi che l’idrogeno non è disponibile tale quale in natura e che  per  produrlo si usa energia. Se questa è prodotta con fonti fossili, l’inquinamento, in tutto o in parte, è semplicemente spostato da un posto a un altro. In particolare, oggi l’idrogeno è prodotto soprattutto da metano, con emissione di anidride carbonica;
  • min. 45: come prima si dice che l’energia prodotta in modo distribuito con questo cogeneratore o con il fotovoltaico costerebbe di meno. Ma per chi? Per il singolo, che riceve dei sussidi, che non paga la rete che comunque continuerà a usare e neppure gli oneri generali di sistema che garantiscono la sicurezza del sistema, il sostegno ai consumatori deboli, il supporto alle rinnovabili e l’IVA per lo Stato. Per la comunità nel suo complesso, dunque, non è detto che la generazione distribuita costi di meno;
  • min. 46: attenzione alla differenza fra le tasse sull’energia (l’IVA) e gli oneri di sistema: sono concettualmente diversi;
  • min. 46: il fotovoltaico non produce di notte e quindi in presenza di un embargo del gas il condominio resterà pure esso senza energia;
  • min. 47-48: non tutti gli occupati della green economy di qualche anno fa erano così qualificati: alcune migliaia erano semplici installatori. E in ogni caso ci si dimentica che il settore elettrico italiano ed europeo di oggi è in forte eccesso di capacità e installare nuovi impianti sarebbe uno spreco, oltre che un danno per gli investitori passati (tra cui ci sono anche i piccoli azionisti di Enel, Edison, Eni, A2A, ecc.);
  • min 49: attenzione alla differenza tra efficientarsi, ossia consumare meno energia per fare le stesse cose, e installare impianti a fonti rinnovabili, che permetteno di produrre più energia;
  • min. 50: l’intervista alla Poletti è proprio fatta male e non le permette di esprimersi bene: qui secondo me c’è stata poca correttezza da parte del giornalista.

Nell’ultima parte della puntata si tocca il punto della riforma della bolletta e la si critica, ma siamo davvero sicuri che lo si faccia a ragione? Qui un pezzo che affronta alcuni dei temi legati alla riforma delle tariffe, in particolare l’idea che in presenza di molta generazione distribuita, la rete debba essere pagata di più in base alla potenza sottoscritta – e quindi con quote fisse- che in base ai consumi. Dietro a tanto dibattito si nasconde in sostanza una redistribuzione dei costi, con implicazioni politiche forti (si veda questo altro contributo).

Insomma, speriamo che la prossima volta Report faccia un po’ meglio il suo mestiere, in particolare quando riporta le interviste fatte.

GazpromNeft abbandona il dollaro in favore del renminbi

gazpromneftSecondo quanto riportato da FT, dall’inizio dell’anno GazpromNeft ha iniziato a regolare le proprie esportazioni di petrolio verso la Cina in renminbi anziché in dollari.

In particolare, secondo il report dell’azienda russa relativo al primo trimestre del 2015, le esportazioni attraverso l’oleodotto East Siberian Pacific Ocean sono state di circa 50.000 bbl/g, per un controvalore di 250 milioni di dollari alle quotazioni attuali.

La decisione di GazpromNeft, ossia del governo russo che la controlla, va letta nel contesto della reazione alle sanzioni occidentali e alla scelta di riorientare le strategie di esportazioni russe verso i mercati asiatici, in più forte crescita e politicamente meno problematici rispetto ai tradizionali partners europei.

La necessità di ricorrere a prestiti cinesi per costruire le infrastrutture di esportazione energetiche in Siberia orientale ha peraltro senza dubbio contribuito alla scelta russa. Si tratta in ogni caso di una cifra tutto sommato modesta (pari circa 1 miliardo di dollari all’anno) se paragonata al totale delle esportazioni petrolifere russe (oltre 200 miliardi all’anno) o all’interscambio Russia-Cina (86 miliardi nel 2013).

Tuttavia segnala un nuovo passo avanti in una tendenza di lungo periodo, conseguenza inevitabile dell’ascesa cinese, che i russi hanno da tempo iniziato a sostenere in ottica di contenimento degli Stati Uniti.

Dal punto di vista dei mercati petroliferi, l’egemonia del dollaro non è al momento in discussione: l’impatto della decisione russa è poco più che simbolico, dati i volumi in questione. Resta però sul tavolo la questione dell’inevitabile superamento dell’unicità della posizione del dollaro e del disancoramento dei prezzi del greggio dalle politiche monetarie statunitensi.

Per noi europei potrebbe non essere poi così male.

La Commissione adotta la strategia per l’Unione energetica

EC - Energy UnionMercoledì 25 febbraio la Commissione europea ha adottato la comunicazione A Framework Strategy for a Resilient Energy Union with a Forward-Looking Climate Change Policy, il documento che lancia l’Unione energetica.

La strategia si basa su cinque dimensioni: la sicurezza energetica (ossia degli approvvigionamenti), la piena integrazione del mercato dell’energia a livello europeo, l’efficienza energetica, la decarbonizzazione dell’economia, l’investimento su ricerca, innovazione e competitività.

Oltre alla comunicazione relativa all’Unione energetica, la Commissione ha anche adottato una comunicazione relativa alla conferenza sul clima di dicembre a Parigi. In vista dell’incontro, la Commissione vuole rilanciare il ruolo di guida dell’UE nella riduzione delle emissioni climalteranti a livello globale. Resta però da vedere se e quanto le altri grandi economie saranno disposte a seguire.

La Commissione ha infine adottato una comunicazione relativa alle interconnessioni elettriche tra le reti nazionali dei Paesi membri. Dodici su ventotto non soddisfano infatti l’obiettivo minimo di interconnessione attualmente vigente, secondo il quale la capacità di scambio con l’estero deve corrispondere ad almeno il 10% della capacità installata.

Il Turkish Stream prende forma

Turkish StreamDopo l’annuncio dell’abbandono di South Stream e la firma del memorandum con la turca Botas, prosegue lo sforzo di Gazprom per sviluppare una nuova infrastruttura di esportazione del gas diretta in Europa attraverso  la Tuchia. I dettagli della tratta hanno cominciato a essere diffusi nei giorni scorsi, anche per dare credibilità alle strategie di diversificazione russa.

Il nuovo progetto di gasdotto, chiamato Turkish Stream, dovrebbe partire dalla costa russa, nella zona di Anapa, e attraversare il Mar Nero. Il punto di attracco è previsto nell’area del villaggio di Kıyıköy, nella Turchia europea, mentre il punto di ingresso nella rete di distribuzione turca sarà nella zona di Lüleburgaz. Il punto di uscita verso l’UE è invece previsto nella zona di Ipsala, vicino al confine turco-greco.

Nel complesso, la lunghezza della tratta onshore è prevista di circa 180 km, mentre non ci sono ancora notizie esatte sulla tratta offshore (e infatti le navi Siapem sono alla fonda). È probabile che si sia presa inizialmente in considerazione anche l’ipotesi di un raddoppio di Blue Stream, ma Gazprom e Botas hanno preferito mantenere la maggior parte della tratta offshore, forse anche per sfruttare i contratti già assegnati da South Stream per le condotte sottomarine e la posa dei tubi.

Analogamente a South Stream, la capacità complessiva di Turkish Stream dovrebbe essere di 63 Gmc annui, distribuiti su quattro linee da 15,75 Gmc annui ciascuna. Secondo quando dichiarato da Gapzrom, 47 Gmc annui saranno destinati all’ingresso in UE, mentre gli altri 16 saranno destinati alla domanda turca, prevista in forte aumento.

La costruzione della prima linea destinata a rifornire il mercato turco occidentale non dovrebbe essere in dubbio, dato che domanda, offerta e capacità di costruzione ci sono. Permangono forti dubbi sull’effettiva realizzazione delle successive tre linee, destinate a rifornire un mercato europeo debole e sulle quali è facile attendersi da parte della Commissione un veto sul piano regolatorio.

Di grandi volumi di gas russo in transito in Turchia se ne riparlerà dunque forse tra qualche anno, anche se nel frattempo una stabilizzazione dell’Ucraina e un più ampio coinvolgimento finanziario occidentale a fianco di Kiev potrebbero rendere il transito attraverso l’Ucraina un’opzione meno rischiosa e tutto sommato conveniente per Gazprom.