Il gas a buon mercato dell’Europa orientale

Sorpresa! Sei degli otto Paesi dell’Europa orientale, che secondo la Commissione starebbero soffrendo la tirannia di Gazprom, pagano il gas meno della media europea (e gli altri due poco di più).

Prezzi del gas sui mercati europei - 2011 - €/GJ - fonte: Eurostat, ten00118

La fonte è la bancadati di Eurostat, i dati sono riferiti ai consumi di un’utenza domestica media (20-200 GJ) nel 2011, tasse escluse (tabella: ten00118).

Si consiglia una rapida lettura dei dati a quanti, commentando la vicenda, parlano di prezzi stratosferici per i consumatori dell’Europa orientale.

Oettinger, l’Europa e una certa idea di mercato

Il commissario europeo per l’energia, il tedesco (sottolineo, tedesco) Günther Oettinger ha dichiarato:

Günther Oettinger

La Russia e’ il nostro piu’ importante partner in termini di importazione di petrolio, carbone, uranio e gas, ma quello che ci occorre e’ la parita’ di condizioni. A lungo termine dovremmo evitare di avere prezzi differenti per il gas. Il gas e’ il gas. Ma il prezzo del gas e’ molto meno elevato a Berlino o Parigi che a Vilnius.

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Ora, visto che non si può di certo accusare Oettinger di ignoranza (questo lusso possiamo concerdercelo soprattutto coi politici nostrani), le sue parole contegono una visione ben strana dei meccanismi di mercato.

Ora, non serve scomodare i numi tutelari della teoria economica per scoprire che un prezzo più alto è segnale di una maggiore disponibilità a pagare: quello che paghereste senza fiatare per un caffé lungo in piazza San Marco a Venezia o in un locale alla moda lo trovereste invece un furto in un quartiere popolare di una grande città. Eppur credo che pochi di voi si straccerebbero le vesti, urlando alla necessità di abbassare i prezzi del caffé in tutta Italia.

Il caso del gas non è molto diverso da quello del caffé. Se in Germania c’è più offerta di energia (non necessariamente di gas: la concorrenza al gas di Gazprom la fanno anche le pale eoliche, i tedeschi ne sanno qualcosa), è normale che il prezzo finisca per essere più basso.

Al massimo, si può pensare che far convergere tutti i mercati nazionali sul livello di offerta tedesco (dico tedesco tanto per fare un esempio) possa essere un obiettivo di lungo periodo. Ma per ottenerlo non serve minacciare il fornitore attuale, occorre che i decisori politici nazionali creino le condizioni affinché altri operatori, guidati dal prezzo dell’energia più alto, investano nei Paesi dell’Europa orientale.

E qui viene il lato cuoriso della vicenda: la Commissione europea, invece di agire sui governi dell’Europa orientale affinché aprano i loro mercati e incentivino gli investimenti, se la prende con Gazprom affinché per via amministrativo/commerciale imponga prezzi uniformi in tutta Europa (Ostpolitik post-moderna?).

La strategia di unificazione del mecato europeo passa dunque per un tentativo di imposizione di prezzi uniformi in economie profondamente diverse, senza agire prima su misure di riequilibrio diverse. In modo inquietante, il tutto ricorda molto da vicino la vicenda dell’euro. Fiat Europa et pereat mundus.

Putin risponde alla Commissione

Mercato Unico EuropeoIl presidente Putin ha emesso ieri un ordine esecutivo che vieta alle società strategiche controllate dalla Stato russo di fornire informazioni sensibili ad autorità straniere senza la preventiva autorizzazion governativa.

La scelta si inserisce nel quadro della guerra avviata dalla Commissione europea nei giorni scorsi contro Gazprom, accusata di pratiche lesive della concorrenza.

Restano dei dubbi di applicabilità della disposizione alle società contrallate dallo Stato russo ma registrate e operanti all’interno dell’UE. Nondimeno, la scelta è quella di politicizzare la questione, portando la questione in un terreno dove la Commissione risulterebbe in difficoltà per assenza di legittimità e di mandato politico.

Il rischio per Gazprom è quello di vedersi comminare una multa piuttosto salata (fino a 10 miliardi di euro) ma soprattutto di vedere danneggiate le proprie attività commerciali in Europa orientale, in un periodo già segnato dal calo dei consumi europei e dalle rinegoziazioni dei contratti take-or-pay, costate alcuni miliardi di sconto (a volte retroattivo, come nel caso di E.On).

A parte il merito della questione Gazprom-Commissione, il dato preoccupante che emerge è che sembra sempre più difficile fare business in Europa per le aziende straniere: rischio economico (una crisi infinita), rischio politico (sussidi alle rinnovabili generosi e scarsamente prevedibili, che erodono quote di mercato), rischio regolatorio (con l’antitrust utilizzato per colmare l’assenza di politiche energetiche strutturate, per tacere delle questioni monetarie) sono tutti fattori che spingono i capitali via dai mercati europei, in un ottundimento completo della nostra élite politica.

La Commissione europea (ancora) contro Gazprom

Commissione europeaLa Commissione europea ha comunicato ieri di aver aperto un procedimento contro Gazprom per abuso di posizione dominante (art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione).

La Commissione sospetta che Gazprom abbia messo in atto pratiche anticorrenziali in Europa orientale e in particolare che abbia:

  • ostacolato la libera circolazione del gas tra Stati membri;
  • impedito la diversificazione degli approvvigionamenti;
  • abbia imposto prezzi iniqui attraverso l’indicizzazione al prezzo del petrolio.

Il procedimento segue le perquisizioni effettuate un anno fa negli uffici europei di Gazprom.

Si tratta di un nuovo tassello della lunga battaglia della Commissione europea contro l’azienda di Stato russa, nel tentativo di limitarne il ruolo sul mercato europeo. È tuttavia difficile che questa nuova iniziativa segni un cambio di passo, anche se non è dato sapere quali elementi abbia raccolto la Commissione.

Resta in ogni caso complesso individuare il superamento della linea sottile che distingue la difesa della propria quota di mercato e la pratica anticoncorrenziale. La prima e la seconda accusa riguardano la gestione (e al limite la costruzione) delle infrastrutture: la legislazione in continua evoluzione e il periodo di transizione degli assetti proprietari delle reti in tutta Europa rendono molto difficile individuare elementi di prova certi.

Per quanto riguarda l’indicizzazione al petrolio, si tratta di una scelta delle parti contraenti. E il mercato sta ampiamente mettendo in discussione questo tipo di contratti, tanto da aver spinto Gazprom negli ultimi due anni a rinegoziare parecchi contratti. A chi trova vessatoria la scelta di indicizzare i prezzi al petrolio, gioverebbe ricordare un po’ di storia: buona o cattiva, l’indicizzazione al petrolio fu introdotta proprio per impedire pratiche discriminatorie da parte dei fornitori. Inoltre, ironia della storia, a fine anni Novanta la Russia fece default (anche) per la contrazione del prezzo del petrolio; in quel caso però nessuno suggerì che il prezzo del gas russo indicizzato fosse iniquo per i russi.

Al di là del merito legale, la vicenda solleva un punto interessante: le imprese dell’Europa occidentale, grazie alle dimensioni e alla diversificazione dei rispettivi mercati, hanno spuntato riduzioni di prezzo che le imprese dell’Europa orientale non hanno raggiunto. Ma in questo caso, la responsabilità è di Gazprom o dei decisori politici dell’Europa orientale che non hanno saputo favorire gli investimenti, come fatto invece dalla Cechia?

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Aggiornamento: la notizia ripresa da BBC, WSJ, SQ, Ansa.

[Crossposting con Epoké]