Energy International Risk Assessment

Energy International Risk Assessment - june 2014Segnalo l’uscita del numero di giugno dell’Energy International Risk Assessment, un’interessante newsletter dedicata alle questioni di sicurezza energetica.

Tra i temi trattati questo mese, le trivellazioni nell’Adriatico, la posizione di Austria e Bulgaria sul South Stream, i rapporti israelo-palestinesi, la genesi di Boko Haram, l’instabilità in Libia, il gas e il rapporto turco-cipriota.

Ce n’è per tutti, insomma, con un discreto livello di analisi e il dono della sintesi. Buona lettura.

Le difficoltà del post-Gheddafi e la sicurezza italiana

Tracciato del gasdotto GreenstreamL’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha recentemente dichiarato che le esportazioni di gas dalla Libia all’Italia potrebbero essere sospese a seguito di alcune manifestazioni di protesta popolare nei pressi della centrale di compressione di Mellitah.

Un episodio come questo evidenzia quanto il Paese nord-africano fatichi a ritrovare una stabilità interna, elemento necessario per la ripresa dell’economia e per assicurare prospettive migliori ai suoi cittadini e ai soggetti esteri che come Eni che vengono a lavorarvi.

La faccenda tuttavia non deve preoccupare l’Italia, che al momento si trova ad avere un eccesso di offerta di gas dovuto a molti fattori, non ultimo l’autunno particolarmente mite. Anche se venisse meno l’apporto del gasdotto Greenstream che ci porta il gas libico, non rischiamo affatto di rimanere al freddo o senza luce.

Più complessa è invece la valutazione su Eni, che ha storicamente puntato molto sulla Libia (Eni ottiene circa il 15% della sua produzione di idrocarburi da quel paese). Tuttavia, il problema principale di Eni non dovrebbe essere tanto quello di non poter importare il gas libico, quanto piuttosto quello di vedere minacciata la propria produzione di petrolio in Libia.

Eni può infatti utilizzare per l’Italia i volumi di gas che deve ritirare da Russia e Algeria in base alle clausole take or pay (volumi che si sono rivelati eccessivi), coprendo così la mancata produzione libica senza riportare un danno economico netto.

Diverso il discorso sul petrolio libico, che Eni può invece vendere sui mercati internazionali. Il perdurare dell’instabilità in Libia non può che implicare maggiori costi per la sicurezza e per il capitale (più è rischiosa un’attività, maggiore è il tasso d’interesse preteso dai creditori o dagli azionisti), cose non positive in questo periodo non troppo felice dell’economia mondiale.

Algeria, Libia e impegno internazionale

Western Libyan Gas ProjectDopo l’assalto terroristico al sito algerino di In Amenas in gennaio, nuovi problemi di sicurezza hanno scosso nei giorni scorsi gli approvvigionamenti di gas dal Nordafrica. Sotto attacco questa volta il sito libico di Mellitah, operato da una joint-venture con a capo Eni.

Secondo quanto riportato, le guardie di sicurezza degli impanti sono state coinvolte sabato in scontri a fuoco con formazioni paramilitari di ex-ribelli. L’intervento delle forze armate regolari ha ricondotto la situazione all’ordine, ma nel frattempo le esportazioni di gas verso l’italia sono state bloccate per due giorni. A partire da oggi si dovrebbe tornare alla normalità.

L’incidente è tutto sommato di lieve entità e ha confermato che il calo dei consumi e la ridondanza delle infrastrutture consentono all’Italia di avere oggi un livello di sicurezza degli approvvigionamenti tutto sommato piuttosto elevato.

Resta però una considerazione politica più ampia: l’interscambio energetico (e non solo) coi Paesi del Nordafrica rappresenta un legame di lungo periodo per il nostro Paese. Un legame che richiede un costante impegno e collaborazione con le controparti, sia nel campo della sicurezza, sia in ambito economico. Speriamo che la crisi politica ed economica del nostro Paese non privi i nuovi inquilini di Palazzo Chigi di questa consapevolezza.