Gazprom abbassa i prezzi e aumenta i volumi

Alexander MedvedevGazprom ha rivisto al ribatto le stime del prezzo medio per le forniture di gas naturale ai clienti Ue nel 2013, secondo quanto riportato da Staffetta Quotidiana.

Il prezzo medio per mille metri cubi scenderà così a 370-380 dollari, contro i 402 del 2012.

A più che bilanciare i prezzi più bassi saranno – nelle stime di Gazprom – i maggiori volumi: 151,8 miliardi di metri cubi previsti per il 2013, 13 in più rispetto al 2012. Complessivamente, i ricavi dovrebbero così crescere, passando da 55,8 miliardi di dollari nel 2012 a 56,2-57,7 nel 2013.

Nel primo quadrimestre delle esportazioni russe verso l’UE sono effettivamente aumentare, passando da 51,3 a 54,7 miliardi di metri cubi. Restano tuttavia dubbi sulla consistenza della domanda sui mercati europei, soprattutto viste le non esaltanti prospettive economiche dell’area euro per il secondo semestre.

Greggio: Scaroni prevede prezzi in calo

FT - Tough oil pricing ahead, says Eni chiefIn un’intervista sul Financial Times, Paolo Scaroni si è allineato alle previsioni ribassiste sulle quotazioni del petrolio, riconoscendo apertamente che è «più probabile che [il prezzo del greggio] vada su che non giù», a meno che non si registri un inatteso boom nell’economia mondiale.

L’orizzonte temporale indicato è quello tra due e cinque anni e i principali drivers saranno la domanda debole e l’arrivo sul mercato di nuova capacità produttiva.

Se la previsione è certamente mainstream, più interessante appare il ragionamento relativo alle dinamiche di prezzo innescate dall’anomalia del gas da argille statunitense, che costa molto meno (4 USD) del greggio (16 USD) a parità di potere calorifico (MBTU).

Prezzi così bassi stanno creando un’importante finestra di opportunità di mercato per il gas anche nel settore trasporti, tradizionale roccaforte dei consumi petroliferi. Il passaggio al metano di intere flotte commerciali potrebbe ridurre la domanda petrolifera, innescando un ulteriore spinta ribassista per il greggio.

Questo scenario si manterrebbe plausibile anche con prezzi del gas in netto aumento e quotazioni del greggio in discesa, dato l’enorme divario esistente e la naturale inerzia dei livelli di domanda.

Per quanto riguarda l’impatto del calo delle quotazioni del greggio sugli operatori, Scaroni sottolinea come – nonostante l’impatto negativo sui bilanci – le grandi multinazionali abbiano margine per restare sul mercato. Nel caso di Eni, Scaroni indica che la società potrebbe affrontare prezzi in caduta fino a 45 USD al barile.

Il dubbio è che possano farlo i Paesi produttori, ma questa è un’altra storia.

 

Possibili problemi per i prezzi spot del gas

FT - Companies end co-operation with gas price agenciesStanno emergendo in questi giorni sempre più notizie relative a un problema che potrebbe avere importanti conseguenze per i mercati spot del gas naturale in Europa, secondo quanto riportato dal Financial Times (e brevemente ripreso da SQ).

A partire da novembre, quando scoppiò il caso delle manipolazioni dei tassi Libor – un numero crescente di operatori ha smesso di comunicare i dati relativi ai prezzi di scambio alle Price-reporting agencies (Platts, Argus e Icis Heren).

A RWE e Centrica si è aggiunta di recente anche Statoil, assieme a diversi traders. Gli operatori vogliono evitare di essere coinvolti in eventuali scandali che dovessero emergere relativamente a possibili manipolazioni dei prezzi. Tra l’altro, il regolatore britannico sta già indagando Heren proprio per sospetta manipolazione delle quotazioni NBP.

Le PRA sostengono di avere comunque accesso a dati sufficienti per garantire l’affidabilità delle quotazioni pubblicate (tra cui TTF, a l’Aeeg guardava come possibile benchmark per la prezzatura della componente materia prima in vista della riforma delle tariffe del servizio di maggior tutela), ma il dubbio che ci sia qualche scandalo in arrivo è legittimo.

La vicenda rappresenta in ogni caso un campanello d’allarme circa la necessità di regolare a livello europeo in modo più trasparente le attività di scambio e di determinazione delle quotazioni giornaliere ai punti di scambio.

Questo è tanto più vero nella fase attuale, in cui si mettono sempre più in discussione le formule di indicizzazione alle quotazioni del greggio presenti nei contratti di lungo periodo. Queste formule, con tutti loro difetti, hanno almeno il pregio di avere un riferimento certo e molto difficile da manipolare.

Nota: il tema è stato ripreso, con alcune interessanti aggiunte, da Matteo Monti.

Revisione tariffe del gas: centinaia di milioni in gioco

AEEG - 13 novembre 2012 - 471/2012/R/gas In novembre l’Autorità aveva annnunciato l’intenzione di procedere a una revisione delle modalità di calcolo delle condizioni economiche per il servizio di tutela, che copre un terzo del mercato finale italiano (circa 18 Gmc all’anno) e che fa da riferimento anche per le dinamiche di prezzo sul mercato libero.

Attualmente, la tariffa della componente commercializzazione all’ingrosso (CCI, nel gergo dell’Autorità) – ossia il costo della materia prima in bolletta – è fissata con una formula che simula le quotazioni dei contratti di lungo periodo (95% greggio, gasolio e olio combustibile; 5% spot), quelli detenuti dai grandi operatori nazionali.

Tutto bene? Non troppo. Perché l’impianto dei contratti di lungo periodo (solitamente con clausola take-or-pay) è vecchio di decenni e non risponde più alle condizioni reali del mercato (le economie pianificate non esistono più, bruciare olio combustibile per generare grandi quantitativi di elettricità non è praticabile e i monopoli nazionali sono vietati dalla legilazione europea, per citarne solo alcuni). Tant’è vero che, grazie all’eccesso di offerta, i prezzi sui mercati all’ingrosso sono sistematicamente più bassi dei prezzi dei contratti di lungo periodo.

Chi ci rimette? I clienti finali, soprattutto. Perché i grandi operatori, per limitare l’impatto economico, comprano gas a prezzi spot e lo rivendono a prezzo regolato. L’Autorità riconosce apertamente che c’è un problema: «una regolazione divenuta obsoleta che comporta, date le condizioni e l’evoluzione del mercato, l’insorgere di rendite improprie a danno dei clienti finali».

Urgono quindi, secondo l’Autorità, modifiche alle modalità di calcolo delle condizioni economiche, per «trasferire al consumatore i benefici derivanti dallo sviluppo concorrenziale del mercato all’ingrosso». Per i dettagli, rimando al documento, che prevede sia un “allegerimento” della CCI (legandola maggiormente ai prezzi spot), sia un meccanismo di assicurazione contro le oscillazioni delle quotazioni spot (che remunererebbe comunque chi ha in portafoglio i contratti di lungo periodo).

Il risultato? Fino a -7,44% in bolletta, secondo le stime dell’Autorità. Un bel trasferimento di benefici, dai grandi grandi operatori a favore dei consumatori finali.

Una rapida stima dà conto delle dimensioni della questione: proiettando su base annua le tariffe attualmente in vigore per il cliente domestico tipo, un consumo di 18 Gmc vale indicativamente 15,5 miliardi di euro. La riduzione varrebbe 1,2 miliardi di euro all’anno.

Si tratterebbe di una riduzione netta di 800 milioni di euro all’anno per gli operatori (variamente distribuita a seconda dei portafogli e delle modalità di assicurazione introdotte, ma comunque in buona parte Eni e Edison) e 400 milioni all’anno in meno di pressione fiscale.

Gli operatori si stanno muovento attivamente per mettere i ammorbidire le proposte dell’Autorità. Come se questo non bastasse, il rischio è che venga meno anche l’appoggio “politico” all’Autorità (che formalmente resta indipendente) proprio a causa dell’impatto economico della misura, che ridurrebbe il gettito e sarebbe troppo favorevole ai consumatori.

Un duro compito attende l’Autorità: non si può che fare il tifo per lei.

Focus trimestrale sicurezza energetica – Q3 e Q4 2012

Osservatorio di Politica Internazionale - Focus sicurezza energetica - Q1 2012È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al terzo e quarto trimestre 2012 realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Il primo capitolo del Focus è dedicato all’analisi del fabbisogno di gas nei principali mercati europei, con specifico riferimento alla generalizzata contrazione dei consumi nel corso del 2012 e ai differenziali di prezzo finale tra i diversi Paesi europei.

Il secondo capitolo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il terzo capitolo.

Infine sono presenti due approfondimenti, uno dedicato al decomissioning nucleare e l’altro alle conseguenze geopolitiche dei cambiamenti nel mercato petrolifero statunitense.

I livelli di pressione fiscale sul gas in Europa

La bancadati di Eurostat ha pubblicato i dati relativi al prezzo del gas in Europa nel primo semestre 2012.

Sostanzialmente confermato il quadro d’insieme del semestre precedente, con il gas italiano più caro della media per i clienti residenziali (classe D2, tra 500 e 5.000 mc all’anno), soprattutto a causa dell’alta pressione fiscale: 34%, contro una media UE del 22% (tabella nrg_pc_202).

Pressione fiscale sui clienti residenziali (D2) - primo semestre 2012 - fonte: elaborazione su Eurostat nrg_pc_202

Pressione fiscale sui clienti residenziali (D2) – primo semestre 2012 – fonte: elaborazione su Eurostat nrg_pc_202

Prezzi sotto la media europea invece per i clienti industiali (classe I3, tra 2,5 e 25 milioni di mc all’anno) grazie a una pressione fiscale deciasamente sotto la media europea: 11 contro 21% (tabella nrg_pc_203).

Pressione fiscale sui clienti industriali (I3) - primo semestre 2012 - fonte: elaborazione su Eurostat nrg_pc_203

Pressione fiscale sui clienti industriali (I3) – primo semestre 2012 – fonte: elaborazione su Eurostat nrg_pc_203

Il vantaggio fiscale per le aziende è sicuramente condivisibile, perché tiene conto delle esternalità positive create dall’attività industriale (e rappresenta un raro esempio di politica industriale).

Resta invece decisamente vessatorio il livello di pressione fiscale per i clienti residenziali, soprattutto se si considera che (a parte i casi estremi dei Paesi nordici), gli unici Paesi con livelli di pressione fiscale superiore al nostro sono Romania e Paesi Bassi, che però essendo Paesi produttori hanno un costo della materia prima molto inferiore e quindi anche prezzi finali inferiori, nonostante la più alta pressione fiscale.