L’ISIS e il business del petrolio

FT - Inside Isis Inc: The journey of a barrel of oilIl petrolio rappresenta notoriamente una delle principali fonti di finanziamento delle attività dell’ISIS. Per chi volesse approfondire il funzionamento e i numeri di questo business, segnalo una dettagliata inchiesta dal titolo Inside Isis Inc: The journey of a barrel of oil, liberamente accessibile a tutti sul sito di FT e ricca di cartine (a cui si aggiunge anche l’articolo Inside Isis Inc: how oil fuels the jihadi terrorists).

Brevemente, l’ISIS controlla una produzione in Siria stimata in 30-40.000 bbl/g, pari al 10% della produzione siriana prima della guerra, a cui si aggiungono 8.000 bbl/g in Iraq. Volumi in assoluto modesti, che dopo il crollo del prezzo del greggio si stima rendano qualcosa come 1,5 milioni di dollari al giorno, ma fondamentali nel contesto dell’area.

Secondo quanto riportato, l’ISIS è coinvolto nelle attività di produzione e di raffinazione, ma dopo la raffinazione e la vendita all’ingrosso solitamente non è coinvolto nelle attività di scambio, vendita al dettaglio o contrabbando nelle aree al di fuori del proprio controllo, come il resto della Siria o la Turchia. Queste attività sarebbero lasciate agli intermediari, che commerciano i prodotti petroliferi per metà in Siria e per metà in Iraq.

Un elemento particolarmente interessante è che il petrolio non è raffinato solamente per farne dei prodotti per i veicoli. Una parte importante della produzione – quella a più bassa qualità – serve infatti a rifornire la miriade di generatori di elettricità che rappresentano praticamente l’unica fonte di corrente elettrica nell’area.

Come sottolinea l’articolo, le attività di raffinazione e vendita del petrolio non solo coinvolgono moltissimi commercianti e operatori che non sono dell’ISIS ma ci lavorano insieme e si guadagnano così da vivere, ma consentono anche di rifornire combustibile e di elettricità la popolazione dell’area controllata (circa 10 milioni), che altrimenti non avrebbe nemmeno gli elementi base della propria quotidianità.

Come ricorda l’inchiesta, la coalizione è restia a colpire le vie di commercio dei prodotti petroliferi per il fondato timore di alienarsi il consenso della popolazione locale. Se il calo dei prezzi del greggio ha ridotto la domanda al di fuori delle aree controllate dall’ISIS, il fabbisogno energetico della popolazione sotto il controllo del califfato resta un importante elemento economico e politico.

Aggiornamento: segnalo un’ulteriore parte dell’inchiesta, che riguarda la cooperazione tra la Siria e l’ISIS nella gestione di alcuni impianti elettrici, sopratutto alimentati a gas (Isis Inc: jihadis and Syria forced into Faustian gas bargain).

SLIDES – Energia e geopolitica: il ruolo delle rinnovabili

Energia e geopolitica: il ruolo delle rinnovabiliSono disponibili qui le slides relative al mio intervento «Energia e geopolitica: il ruolo delle rinnovabili», tenuta lunedì 12 ottobre a Firenze presso il Fondazione Cesifin Alberto Predieri, nell’ambito del dibattito Fonti energetiche rinnovabili: verso una politica energetica integrata.

L’intervento partiva dalla considerazione che parliamo di geopolitica dell’energia perché c’è una interdipendenza economicamente molto significativa tra importatori ed esportatori di fonti fossili. Il gas e il carbone sono importanti, ma in termini di controvalore il petrolio è dominante.

Geopolitica ed economia: il controvalore delle importazioni fossili (al loro delle esportazioni)

Se si guarda alle rinnovabili, nell’ultimo decennio si sono dimostrate un’alternativa concreta nel settore della generazione elettrica, pur dipendendo ancora in larga misura dai sussidi. Nella generazione le rinnovabili hanno così iniziato a competere con le centrali termoelettriche a carbone e gas, come apparso evidente in Europa.

Questa competizione non ha tuttavia toccato il petrolio, che è concentrato soprattutto nel settore dei trasporti. In questo settore, le rinnovabili non hanno invece al momento nessuna reale capacità competitiva: i mezzi elettrici sono limitati dall’assenza di batteria abbastanza potenti, anche trascurando il fatto che l’elettricità è ancora in maggioranza generata da fossili. I biocombustibili sono troppo onerosi e consumano attualmente troppo suolo per essere prodotti in scala sufficiente da sostituire in misura decisiva i derivati del petrolio.

L’impatto geopolitico delle rinnovabili è destinato a restare moderato in Europa e quasi nullo altrove fintanto che queste fonti non saranno in grado di competere in modo credibile nel settore trasporti, sostituendo il petrolio. E salvo salti tecnologici imprevedibili, questa prospettiva sembra ancora piuttosto distante.

SLIDES – Politiche energetiche e ambientali dell’UE

Politiche energetiche e ambientali dell'UESono disponibili qui le slides relative alla lezione «Politiche energetiche e ambientali dell’UE», tenuta sabato 3 ottobre presso il Nuovo Istituto di Business Internazionale della Camera di Commercio di Milano, nell’ambito del corso Business Focus Europa.

Le slides si focalizzano sul contesto globale dei consumi energetici, sull’andamento dell’approvvigionamento energetico delle principali economie europee e sulla sua dimensione economica. La dimensione ambientale è analizzata soprattutto come una variabile chiave per spiegare le scelte di politica energetica a livello europeo.

Libia: il ruolo delle esportazioni energetiche e l’importanza per l’Italia

Libia, Gentiloni: il negoaziato è alla stretta finaleL’arrivo di un compromesso tra le fazioni libiche non troppo sgradite all’Occidente e alla Lega Araba parrebbe avvicinarsi, anche se restano tante incognite. Prima tra tutte, la possibilità che in sostegno del nuovo governo di unità nazionale possa arrivare una missione internazionale, come da tempo invocato dal governo di Tobruk. Intanto, ieri il Consiglio dell’UE ha dato il via libera alla seconda fase della missione navale nel Mediterraneo, che ora agirà fino al limite delle acque territoriali libiche.

Qualunque sviluppo arriverà nei prossimi mesi, il caos libico sembra destinato a continuare ancora a lungo. Intanto, l’Italia resta naturalmente in prima fila tra i Paesi più interessati a una stabilizzazione della Libia, non solo per bloccare i flussi immigratori ma anche per garantire la stabilità dei flussi energetici dal Paese nordafricano.

Guardando al ruolo della Libia nell’approvvigionamento energetico nazionale negli ultimi anni, emergono due fatti rilevanti. Il primo è che il gas e il petrolio libico sono importanti, ma non fondamentali per la sicurezza energetica italiana.

Quota della Libia sul totale delle importazioni italiane

Nel 2008, i flussi dalla Libia sono arrivate a rappresentare il 30% (24,5 Mt) del greggio importato e il 13% (9,6 Gmc) del gas importato in Italia. Con lo scoppio della guerra civile, i flussi dalla Libia sono crollati, senza tuttavia conseguenze rilevanti per gli approvvigionamenti italiani. Nel caso del petrolio, per via dell’esistenza di un mercato globale liquido, mentre nel caso del gas per via dell’esistenza di un sistema di importazione ampio e diversificato.

Il secondo fatto rilevante è che i flussi dalla Libia sono continuati in modo notevolmente stabile anche nell’epoca post-Gheddafi, nonostante la guerra civile. In particolare, il gas naturale ha ripreso a fluire (oscillando su base stagionale) a circa due terzi della capacità massima del gasdotto Green Stream, ossia a un ritmo di circa 500 Mmc al mese. A riprova del fatto che i giacimenti – Mellitah è offshore, ma gli impianti sono sulla costa – e le infrastrutture di trasporto sono stati adeguatamente protetti anche nel vuoto di potere formale della Libia post-Gheddafi.

Andamento delle importazioni mensili di gas dalla Libia

Che le infrastrutture energetiche siano ancora tutto sommato integre dopo quattro anni di guerra non deve stupire: le esportazioni di idrocarburi rappresentano infatti l’unica fonte di liquidità legale ancora in piedi per l’economia libica. Le esportazioni di petrolio vanno avanti essenzialmente dai terminali della parte orientale del Paese, sotto controllo del governo di Tobruk. Le esportazioni di gas avvengono invece esclusivamente dal gasdotto verso l’Italia ubicato nella parte occidentale, sotto il controllo del governo di Tripoli. Le rendite derivanti dalle esportazioni confluiscono, tutte insieme, nei conti nella Banca centrale libica, che poi le smista alle diverse fazioni che controllano le differenti regioni del Paese.

Controvalore delle importazioni italiane dalla Libia

Il danneggiamento di alcune infrastrutture di produzione ed esportazione petrolifera ha ridotto le esportazioni di greggio, aumentando l’importanza relativa delle esportazioni di gas, più stabili in controvalore e in volumi. Tuttavia il petrolio, esportato non solo in Italia, resta la fonte principale di finanziamento di tutte le fazioni impegnate nella guerra civile.

Controvalore delle importazioni petrolifere dalla Libia

Il valore totale delle rendite da esportazione petrolifera è stato anche influenzato profondamente dall’andamento delle quotazioni petrolifere. In particolare, nell’ultimo anno il crollo dei prezzi del greggio si è sommato alla riduzione dei volumi riducendo la nuova liquidità disponibile per la Banca centrale libica, costretta ad attingere anche alle riserve. Una tendenza che potrebbe continuare nei prossimi anni, data la possibile perdurante debolezza dei prezzi del greggio e la consistenza delle riserve finanziarie (76,6 miliardi di dollari a fine 2014) .

Controvalore delle importazioni petrolifere dalla Libia e prezzo del greggio

Nel complesso, l’esposizione della sicurezza italiana rispetto a un rischio di interruzione dei flussi dalla Libia è tutto sommato contenuta (sempre ammesso che le esportazioni di gas dall’Algeria attraverso la Tunisia restino stabili). Viceversa, l’importanza dell’accesso al mercato italiano per le diverse fazioni al potere in Libia continua a crescere, anche considerando che attualmente l’altra forma di finanziamento oltre agli idrocarburi è quella derivante dal transito dei migranti. Un’attività che nei prossimi mesi, tra inverno incipiente e missione EUnavfor Med, è con ogni probabilità destinata a conoscere una contrazione.

PS: qui il file excel coi dati relativi alle importazioni petrolifere dalla Libia dal 1995 al 2014, divise per Paese.

Il prezzo del petrolio può scendere ancora

Il prezzo del petrolio può scendere ancoraSegnalo una mia intervista uscita oggi su Il Nodo di Gordio, di cui propongo di seguito l’incipit.

Il prezzo del petrolio ha sforato oggi a ribasso i 40 dollari al barile. Ritiene si tratti di un prezzo soglia o, per le informazioni a Sua disposizione, è ipotizzabile un ulteriore calo?
Un ulteriore calo è senza dubbio possibile. All’orizzonte ci sono grosse preoccupazioni circa il tasso di crescita della domanda petrolifera dei Paesi emergenti. E con l’offerta che continua a crescere, meno domanda del previsto vorrebbe dire prezzi ancora in discesa. Gli operatori, finanziari e non, si stanno muovendo nelle ultime settimane sulla base di aspettative di questo genere.

L’Arabia Saudita si è già ritrovata con problemi di liquidità. Quanto può andare avanti con prezzi del petrolio così bassi senza ripercussioni sulla propria economia?
L’Arabia Saudita sta ricorrendo al mercato debito, è vero. Ma controlla enormi riserve di liquidità, oltre che di greggio. Per quanto l’impatto negativo sull’economia sia inevitabile, per il Paese non ci sono al momento rischi specifici di instabilità politica dovuta al taglio delle spesa pubblica. Le finanze saudite sono in grado di andare avanti ancora per parecchi trimestri senza grossi elementi di rischio, anche considerando che le contromisure in termini di ristrutturazione della spesa pubblica sono già in atto.

Il resto dell’intervista è accessibile qui.

Turchia: esploso l’oleodotto dall’Iraq

L'oleodotto Iraq-Turchia attaccato A due giorni dall’attacco che ha distrutto un segmento del gasdotto di importazione dall’Iran, ieri un’esplosione ha interrotto l’oleodotto che dal Kurdistan iracheno arriva fino al terminale turco di Ceyhan, sul Mediterraneo orientale. L’esplosione è avvenuta nel distretto di Cizre, a 18 km dal confine con l’Iraq.

L’oleodotto nei mesi scorsi trasportava in media 600.000 bbl/g, dopo che il governo regionale curdo di Erbil era giunto a un accordo sulla divisione dei proventi delle esportazioni, necessari peraltro anche per finanziare le truppe curde al fronte con l’ISIS. Al momento dell’esplosione l’oleodotto stava funzionando a regime ridotto, secondo quanto riportato, a causa di un tentativo di furto che sarebbe accaduto nella giornata di lunedì.

Oltre al gasdotto e all’oleodotto, nel weekend era stata attaccata anche una linea di trasmissione elettrica, mettendo in evidenza l’importanza delle infrastrutture energetiche come bersagli di questa fase dell’escalation tra il governo turco e le forze curde, capillarmente presenti nell’area.