Sussidi alle rinnovabili: una prima valutazione ex-post

A comprehensive ex‐post assessment of the Italian RES policy: deployment, jobs,   value added and import leakages - IEFESegnalo un interessante studio realizzato da Mattia Cai, Niccolò Cusumano, Arturo Lorenzoni e Federico Pontoni per IEFE, dal titolo A comprehensive ex‐post assessment of the Italian RES policy: deployment, jobs,  value added and import leakages.

Nel complesso, occorre premettere, le politiche di sussidio hanno consentito di raggiungere in anticipo – complice la crisi – livelli di penetrazione nel paniere energetico in linea con gli obiettivi UE al 2020, grazie all’erogazione di incentivi nell’ordine di grandezza dei 10 miliardi di euro all’anno.

Figure 1: Evolution of RES installed capacity in Italy

Figure 2 annual cost of incentives 2008-2018

Al di là dell’impatto sul paniere energetico, l’avvio delle politiche di sostegno alle rinnovabili è stato nondimeno accompagnato da stime di impatto (industriale, commerciale, occupazionale) molto, molto ottimistiche. Gli autori propongono una prima analisi ex-post, dati alla mano, dell’impatto dei sussidi introdotti in Italia negli ultimi decenni.

Senza sorprese per chi ha seguito il fenomeno in questi anni, ne emerge un quadro molto diverso dalle aspettative ufficiali: la maggior parte dei posti di lavoro creati appartengono al settore dei servizi e non a quello industriale e il valore aggiunto è stato molto inferiore alle previsioni a causa del saldo pesantemente negativo nel commercio con l’estero di componentistica.

Figure 3 – Demand for goods and services resulting by CIM phase of new RES plants (2011 prices)

Rinnovabili sussidiate contro il cambiamento climatico? Inutili

L’Economist di questa settimana regala un’infografica che ha bisogno di pochi commenti. La riporto qui sotto e vi invito a cercare l’impatto dei sussidi europei alle rinnovabili sulla riduzione delle emissioni.

Non solo i sussidi costano ogni anno circa 13 miliardi di euro agli italiani e 24 miliardi di euro ai tedeschi, ma sono anche meno efficaci delle misure per l’efficienza energetica. Ciascuno tragga le proprie conclusioni, io le mie le ho già tratte da un po’.

The Economist - Emission reduction by policies/actions, bn tonnes CO2 equivalentQui l’originale e qui le note.

Tagli alle rinnovabili? Troppo pochi

LaVoce.info - Tagli alle rinnovabili? Troppo pochiA inizio agosto è arrivato il via libera al dl competitività, che prevede tra l’altro una riduzione dei sussidi alle rinnovabili, arrivati a 5,9 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2014. Oltre 32 milioni al giorno.

I tagli, un po’ limati in fase di conversione, sono finalmente arrivati, sulla scia di quando già avvenuto altrove in Europa. Certo, c’è il solito problema dell’incertezza del quadro normativo, che allontanerebbe gli investimenti. Ma non può essere un alibi: se una misura è sbagliata a monte, continuare a mantenerla per via dei “diritti acquisiti” vuol solo dire continuare a far danni ai cittadini.

Come spiegano bene Marco Ponti, Giorgio Ragazzi e Francesco Ramella su LaVoce.info, i sussidi servono per correggere un fallimento del mercato, ossia la presenza di esternalità ambientali negative non internalizzate. Ma per valutare l’adeguatezza delle cifre messe in campo, occorre fare un’adeguata analisi preliminare dei relativi benefici e costi. Che nel caso italiano è mancata.

Considerando il costo delle emissioni di CO2, gli autori mettono in evidenza l’enorme divario tra il valore dei sussidi e il prezzo della CO2 che si sarebbe emessa usando centrali a gas al posto dei pannelli. Le emissioni di CO2, a livello europeo, sono quotate e hanno un prezzo chiaramente definito, quello permessi EU-ETS.

Il risultato è scandaloso: i sussidi al fotovoltaico sono oltre 100 volte più alti del valore del loro contributo. Sì, cento volte di più. Forse è il caso di pensarci bene, prima di fissare nuovi obiettivi alla penetrazione delle rinnovabili. E magari di sforbiciare ancora un po’ i sussidi e quindi le bollette di consumatori e imprese italiani. A proposito di competitività.

Report: il (falso) mito del giornalismo investigativo

ReportLa squadra di Report guidata da Milena Gabanelli ha l’indubbio merito di approfondire temi importanti e spesso trascurati, tra l’altro scatenando l’entusiasmo del mio co-autore. Un lavoro prezioso e che stimo, utile a creare un dibattito pubblico di qualità indubbia: soprattutto se l’alternativa degli altri canali Rai è Bruno Vespa.

Ma c’è un ma. La squadra di Report spesso lavora a tema, a volte in modo feroce. Tagliando le interviste, spezzando le argomentazioni fino a renderle irroconoscibili. E dando le informazioni in una direzione sola, creando una realtà preconfezionata.

Il servizio dedicato all’OLT andato in onda lunedì putroppo non fa eccezione. Del rigassificatore mi sono già occupato e senza dubbio la questione del fattore di garanzia è complessa e controversa. Report purtroppo affronta la questione con furore manicheo.

Per esempio, si cita con sottile allusione complottistica il fatto che Eni sapesse già a inizio anni 2000 che ci sarebbe stata una “bolla del gas”. Peccato che la teoria della bolla del gas fosse una delle armi negoziali di Eni, che in cambio dell’eleminazione delle clausole di destinazione sulle importazioni di gas russo (2003) ottenne uno stop di fatto alla costruzione in Italia dei rigassificatori, che avrebbero introdotto troppa concorrenza. E in ogni caso nelle previsioni di Eni la bolla (poi smentita) sarebbe arrivata dopo la realizzazione di molte infrastrutture che in realtà sono rimaste sulla carta.

Quanto alla crisi dei consumi (-17% tra il 2008 e il 2013), vero che la crisi economica ha avuto un peso. Ma è altrettanto vero che a pesare sui consumi di gas è stata la concorrenza delle rinnovabili sussidiate, che hanno eroso quote di mercato alle centrali a gas.

Tra il 2011 e il 2013, a calare sono stati solo i consumi per il termoelettrico: -25%. Pari a 7 Gmc/a, ossia quasi quasi il doppio di un OLT (3,75 Gmc). Visto che nel frattempo la domanda elettrica è diminuità “solo” del 5%, l’effetto della concorrenza delle rinnovabili è evidente.

E i sussidi alle rinnovabili sono stati decisi a livello politico: difficile non tenerne conto. Inoltre, come nel caso del capacity payment, se non si vuole un monopolista ma si vuole un mercato, in ogni caso serve che qualcuno produca alcuni “beni pubblici” (capacità di importazione, capacità di generazione). La regolazione non può non intervenire e ripartire oneri e costi: viceversa sarebbe il caos, o un ritorno allo monopolio statale.

Che il management di OLT abbia sbagliato la “scommessa d’impresa” è fuori discussione e parte dei costi è naturale che ricadano sugli azionisti. Ma visto che il contesto è cambiato (anche) per l’intervento pubblico e che in ogni caso l’infrastruttura indubbiamente aumenta la sicurezza del sistema gas italiano, la questione andrebbe forse affrontata con un po’ più di equilibrio e pragmatismo.

Tanto paga sempre Pantalone

The Offshore LNG regasification terminal, the FSRU Toscana, is towed into Valletta's Grand Harbour July 1, 2013. The FSRU Toscana, a converted ship and the first offshore-moored floating regasification plant in the world, is on its way from Dubai to Livorno, Italy, where it will be permanently moored and used as a gas terminal and export point, according to local media.  REUTERS/Darrin Zammit Lupi (MALTA - Tags: MARITIME BUSINESS ENERGY) MALTA OUT. NO COMMERCIAL OR EDITORIAL SALES IN MALTAIn questi mesi di crisi ucraina si parla del possibile invio di GNL in Europa dall’America.
Nel frattempo però il rigassificatore OLT appena realizzato sulle coste toscane è fermo, perchè nel mercato italiano del gas c’è eccesso di offerta.

Guai in vista, dunque, per le società come Iren che hanno investito nel progetto e per le banche (Unicredit) che lo hanno in parte finanziato.

O forse no. Infatti, per fortuna in Italia il rischio d’impresa è tale solo se le cose vanno bene.

Come mostra bene questa indagine di Report (sia lodato in questo caso il servizio pubblico), quando la situazione si mette male, allora c’è sempre Pantalone (tutti noi) che tira fuori i soldi, con buona pace di tutti i nostri capitani coraggiosi che continuano a sentirsi oppressi da uno Stato sprecone e illiberale.

Tagliare la bolletta elettrica del 10%? Ecco come

Carlo Stagnaro - Tagliare la bolletta elettrica del 10%? Ecco comeCaro-bolletta elettrica? Le soluzioni sono a portata di mano, a partire dal taglio dei generosi e poco giustificabili sussidi alle rinnovabili. E arrivando fino a un reale completamento del processo di liberalizzazione del mercato.

A indicare la strada e fare due conti sul tema ci ha pensato Carlo Stagnaro, in un policy brief dal titolo Tagliare la bolletta elettrica del 10%? Ecco come, pubblicato dal IBL.

Con le scelte giute, è possibile togliere dalle spalle dei consumatori italiani da 4 a 6 miliardi all’anno. Basterebbe solo avere un governo interessato a farlo.