L’impatto del GNL statunitense sui mercati UE

Il GNL statunitense e il mercato europeoSegnalo una mia intervista pubblicata oggi su AgiEnergia.it, sul tema dei possibili (scarsi) effetti sui mercati europei dell’indipendenza energetica statunitense nel settore del gas naturale.

A complemento quantitativo del discorso, sottolineo che in seguito alla diffusione della produzione non convenzionale, le mancate importazioni di GNL negli Stati Uniti sono nell’ordine di una decina di miliardi di metri cubi annui.

Per quanto riguarda il potenziale di esportazione verso l’Europa, difficilmente si andrà molto oltre (l’unico accordo per il momento è quello di Centrica per il mercato britannico, per 2,5 miliardi di metri cubi all’anno dal 2018).

Volumi rilevanti, certo, ma molto lontani dagli oltre 100 miliardi di metri cubi annui esportati in UE da Gazprom e dai circa 100 esportati dalla Norvegia, ma inferiori anche alle esportazioni di Sonatrach e del Qatar (oltre 40).

I contratti di Gazprom non li paghiamo noi

I contratti Gazprom li paghiamo noiIl gas naturale riesce ogni tanto ad attrarre interesse anche al di fuori degli addetti ai lavori (soprattutto quando si parla di bollette).

Massimo Riva paventa sul blog dell”Espresso il rischio che siano i consumatori italiani a pagare i costi dei contratti di lungo periodo con clausola ToP che Eni ha in essere con Gazprom. Il riferimento è al meccanismo di capacity payment invocato da Eni e in parte proposto dall’Autorità a novembre come assicurazione di prezzo, che però l’Autorità stessa ha poi rimosso nella proposta di febbraio.

Giuste le preoccupazioni di Riva (e di Passera), ma fortunatamente pericolo scampato. Anzi: l’Autorità sembra aver preso atto che ogni concessione fatta a Eni in materia di alleggerimento degli oneri derivanti dai contratti indicizzati al petrolio sottoscritti con Gazprom andrebbe, al momento della rinegoziazione, immediatamente incamerata dall’azienda russa. Senza evidenti benefici per Eni: essendo le rinegoziazioni relative all’eccesso di onerosità delle forniture russe, ogni risparmio si tradurrebbe in un mancato sconto.

Un pericolo più evidente è invece quello che nelle analisi si diffonda la convinzione che i profondi cambiamenti avvenuti nel mercato statunitense si trasmettano al di qua dell’Atlantico. Tramotanta (al momento) l’ipotesi di una rivoluzione del non convenzionale in Europa, uno scenario da più parti ipotizzato è quello di un mercato europeo inondato di economicissimo GNL americano.

Due problemi spiccano: uno, i volumi che gli operatori statunitensi riuscirebbero a esportare è quantomeno dubbio e sicuramente limitato da pressioni politiche. Due: avrebbe economicamente molto senso dirigere flussi ingenti di esportazioni (con i relativi investimenti infrastrutturali) verso un mercato stagnante e con un eccesso di capacità di importazione? È lecito dubitarne.

Più che il GNL statunitense, ad allarmare i tradizionali fornitori europei – quelli sì obbligati ad espotare in UE – è piuttosto l’incapacità dei decisori politici di far ripartire l’economia europea. Come dar loro torto?

 

Che fine ha fatto la sicurezza energetica

Che fine ha fatto la sicurezza energeticaSegnalo un puntuale ISPI Commentary di Matteo Villa dal titolo Che fine ha fatto la sicurezza energetica.

Il contributo, nel mettere in evidenza la ciclicità del tema nel dibattito pubblico nazionale, ricostruisce brevemente lo stato dei nuovi progetti infrastrutturali per l’importazione di gas nel nostro Paese. Particolarmente condivisibile il non comune richiamo al fatto che la sicurezza energetica sia un costante compromesso tra interesse nazionale e fattibilità economica.

Non mi trovo invece d’accordo con la valutazione del peso dei contratti di lungo periodo Eni-Gazprom sui rapporti Italia-Russia: rotto il monopolio di Eni sul mercato italiano, non è più possibile scaricare il costo dell’approvvigionamento internazionale sul consumatore interno. Proprio per questo Gazprom è costretta a continue concessioni a Eni (analogamente a quanto accade con gli altri grandi operatori europei), denunciando una posizione di relativa debolezza.

CDP e il settore reti del gas

Il mercato del gas naturale in Italia: lo sviluppo delle infrastrutture nel contesto europeoSegnalo un interessantissimo studio di settore della Cassa Depositi e Prestiti dal titolo Il mercato del gas naturale in Italia: lo sviluppo delle infrastrutture nel contesto europeo.

La CDP, controllata al 70% dal Ministero dell’economia e delle finanze, controlla a sua volta il 30% (meno un’azione) del capitale votante di Snam Rete Gas, rappresentandone l’azionista di riferimento. Il consolidamento delle attività in Italia e l’espazione a livello europeo del gestore di rete italiano lasciano intendere che CDP giocherà un ruolo molto rilevante nello sviluppo della rete europea.

Chi ha ucciso le rinnovabili?

Segnalo un paper di Assoelettrica dal titolo Chi ha ucciso le rinnovabili?Chi ha ucciso le rinnovabili?, dedicato ai tanti (e costosi) vizi del mondo delle rinnovabili italiane.

La crisi apparentemente senza fine del termoelettrico spinge alla resa dei conti con le rinnovabili (solare in primis), che stanno beneficiando di un sistema di incentivazioni che (eufemisticamente) potremmo definire distorsivo.

Lettura interessante – già ripresa la settimana scorsa da Derrick – ricca di dati e foriera di polemiche.