Il caso Mattei

Rai - Il caso MatteiSegnalo ai lettori del blog un film che la Rai ha riproposto qualche giorno fa. Si tratta de Il caso Mattei, pellicola del 1972 diretta da Francesco Rosi.

Il film è sostanzialmente un documentario che ripercorre l’esperienza dell’Eni di Mattei dalla metà degli anni ’40 ai primi anni ’60 e indaga sulla misteriosa morte dell’ingegnere avvenuta nell’ottobre del 1962.

Al di là dell’analisi sulle possibili cause dell’incidente aereo in cui perse la vita Mattei, il film evidenzia due cose interessanti:

1) il pensiero politico-economico di Mattei, che attribuisce un importante ruolo all’industria di Stato laddove l’iniziativa privata sia inerte o dove le possibilità di lucrose rendite produrrebbero un ingiustificato arricchimento di pochi ai danni dei molti: “lo Stato moderno, sempre più espressione del principio democratico, assume delle responsabilità precise in campo economico, proponendosi obiettivi coordinati nel quado di un programma di sviluppo generale”.

2) la costatazione che nell’industria petrolifera, economia e politica sono inestricabilmente legate: “chi si occupa di petrolio fa politica, politica estera per la precisione”.

PS: per un’analisi più giornalistica del caso Mattei, segnalo anche questa puntata di La storia siamo noi di qualche anno fa.

Nuove energie. Le sfide per lo sviluppo dell’Occidente

Giuseppe Recchi - Nuove energie. Le sfide per lo sviluppo dell'OccidenteDi energia si scrive e si parla tanto, a volte purtroppo con superficialità. Non è tuttavia il caso di questo agilissimo volume, che con una prosa godibile porta il lettore a spasso nel mondo dell’energia.

Un mondo in continua evoluzione, che negli ultimi anni ha vissuto una brusca accelerazione, fatta di non convenzionale, rinnovabili, nuovi consumatori e ossessione da climate-change. Un libro caldamente consigliato ai non addetti ai lavori, che troveranno tanti spunti interessanti e soprattutto vedranno smontati con puntualità tanti luoghi comuni.

Interessanti gli spunti di chiusura. Recchi, presidente di Eni ma alla vigilia della sua uscita dal mondo dell’energia, indica come unica strada per la politica energetica italiana una compiuta integrazione europea. A condizioni adeguate, non si può che essere d’accordo.


Giuseppe Recchi
Nuove energie. Le sfide per lo sviluppo dell’Occidente
Marsilio, 2014, 160 pp.
ISBN/EAN: 978-88-317-1808-0 (cartaceo)
Scheda dell’editore
Scheda su IBS
Scheda su Amazon.it
Servizio Bibliotecario Nazionale

South Stream: diversificazione a rischio

Sole24Ore - Scaroni (Eni): forniture garantite anche senza gas dalla Russia. Futuro in bilico per South StreamLa situazione in Ucraina rimane difficile e l’UE e gli Stati Uniti hanno avviato simboliche sanzioni contro soggetti russi e ucraini protagonisti della secessione della Crimea e della sua successiva annessione alla Federazione Russa.

Nel frattempo, aprile si avvicina e con esso la fine dello sconto concesso da Gazprom a Naftogaz sulle forniture di gas destinate al mercato interno ucraino. Il rischio di contenzioso sulle morosità di Naftogaz (2 miliardi di dollari, al momento) è reale e potrebbe portare a un’interruzione delle forniture.

Nonostante la diversificazione degli ultimi decenni, la rete ucraina resta indispensabile all’Europa occidentale per mantere i livelli di importazione dalla Russia. Almeno fino a quando il gasdotto South Stream non dovesse diventare operativo. A quel punto, il gas russo potrebbe arrivare in UE e Turchia senza dipendere dall’Ucraina, ma la sua realizzazione (la prima linea dovrebbe essere operativa da fine 2015) sembra incerta.

La crisi in Ucraina ha spinto a un’accelerazione da parte russa e ha portato a un passo dall’avvio dei lavori. Nonostante gli alti costi, Gazprom è infatti determinata a non dover più dipendere dalla collaborazione di Kiev per raggiungere i propri clienti. I contratti per i tubi e per la posa della prima linea sono già stati firmati, rispettivamente da aziende tedesche e italiane.

Resta però aperta la partita fodamentale, quella dello scontro tra Gazprom e la Commissione Europea, che vuole un’apertura del gasdotto alla concorrenza e contesta gli accordi bilaterali coi Paesi UE di transito. E che in clima di sanzioni potrebbe mettersi ancora più di traverso.

Pessimista in merito anche Paolo Scaroni, che in un’intervista ha detto che il futuro del gasdotto è fosco, a causa delle tensioni tra UE e Russia. Le parole del (probabilmente uscente) ad di Eni pesano, ma molto resta ancora da decidere e in buona parte dipenderà dall’evoluzione dei rapporti tra Kiev e Mosca.

Il Cane a sei zampe in difficoltà

Corriere - Eni: per Scaroni rinnovo o buonuscita?Pochi giorni fa avevamo parlato di Sorgenia, un’utility italiana in grave difficoltà.

Oggi voglio invece segnalarvi un articolo apparso sul Corriere della Sera, che testimonia le difficoltà di un’altra grande impresa italiana, l’Eni.

L’articolo si commenta da solo. L’unica cosa che posso fare è augurarmi che il Governo, che detiene la maggioranza relativa della società, sappia fare le scelte giuste, guardando alla capacità produttiva di lungo periodo dell’impresa e non ai vantaggi che il Ministero del Tesoro potrebbe trarne nel breve, né tanto meno ai benefici di qualche alto manager pubblico…

Le difficoltà del post-Gheddafi e la sicurezza italiana

Tracciato del gasdotto GreenstreamL’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha recentemente dichiarato che le esportazioni di gas dalla Libia all’Italia potrebbero essere sospese a seguito di alcune manifestazioni di protesta popolare nei pressi della centrale di compressione di Mellitah.

Un episodio come questo evidenzia quanto il Paese nord-africano fatichi a ritrovare una stabilità interna, elemento necessario per la ripresa dell’economia e per assicurare prospettive migliori ai suoi cittadini e ai soggetti esteri che come Eni che vengono a lavorarvi.

La faccenda tuttavia non deve preoccupare l’Italia, che al momento si trova ad avere un eccesso di offerta di gas dovuto a molti fattori, non ultimo l’autunno particolarmente mite. Anche se venisse meno l’apporto del gasdotto Greenstream che ci porta il gas libico, non rischiamo affatto di rimanere al freddo o senza luce.

Più complessa è invece la valutazione su Eni, che ha storicamente puntato molto sulla Libia (Eni ottiene circa il 15% della sua produzione di idrocarburi da quel paese). Tuttavia, il problema principale di Eni non dovrebbe essere tanto quello di non poter importare il gas libico, quanto piuttosto quello di vedere minacciata la propria produzione di petrolio in Libia.

Eni può infatti utilizzare per l’Italia i volumi di gas che deve ritirare da Russia e Algeria in base alle clausole take or pay (volumi che si sono rivelati eccessivi), coprendo così la mancata produzione libica senza riportare un danno economico netto.

Diverso il discorso sul petrolio libico, che Eni può invece vendere sui mercati internazionali. Il perdurare dell’instabilità in Libia non può che implicare maggiori costi per la sicurezza e per il capitale (più è rischiosa un’attività, maggiore è il tasso d’interesse preteso dai creditori o dagli azionisti), cose non positive in questo periodo non troppo felice dell’economia mondiale.