Obiettivi europei clima-energia: un’analisi

Aleksandra Gawlikowska-Fyk -New Climate and Energy Package for 2030Come ampiamente riportato dalla stampa, la Commissione europea ha reso noti mercoledì i nuovi obiettivi europei in tema di emissioni di CO2 e di diffusione obbligatoria delle rinnovabili al 2030.

Quanto alle emissioni, l’obiettivo fissato è di una riduzione delle emissioni di CO2 del 40% rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo è obbligatorio e declinato su base nazionale: ciascun Paese ridurrà le proprie emissioni rispetto ai propri livelli del 1990. Incidentalmente, anno nel quale le fabbriche ad alte emissioni della Germania dell’Est erano ancora in piena attività.

Quanto alle rinnovabili, l’obiettivo fissato è di una diffusione delle rinnovabili al 27% del paniere energetico. In questo caso, l’obiettivo è declinato a livello europeo. In questo modo, se un grande Paese con obiettivi vincolanti stabiliti a livello nazionale si trovasse in eccesso di produzione da rinnovabili, potrebbe vendere la propria produzione “verde” agli altri Paesi (come si dice in tedesco?).

Segnalo un breve paper di Aleksandra Gawlikowska-Fyk dal titolo New Climate and Energy Package for 2030, che analizza le decisioni prese.

Germania: il peso dei sussidi

Economist - Germany’s energy transition. Sunny, windy, costly and dirtyIl peso delle rinnovabili inizia a farsi sentire anche sull’economia tedesca, che rischia di essere penalizzata in modo decisivo proprio nel momento in cui la congiuntura internazionale sembra migliorare.

E il superministro dell’economia e dell’energia, Sigmar Gabriel, in settimana ha detto che in Germania “abbiamo raggiunto il limite di quanto possiamo chiedere alla nostra economia”, secondo quanto riportato dal FT.

Un segnale chiaro, in vista delle proposte della Commissione di alzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni e renderli vincolanti a livello europeo, attese per quest’oggi. Perché il governo tedesco ha già imboccato autonomamente la strada di obiettivi molto ambiziosi e vorrebbe impegni più stretti e vincolanti per tutti.

La transizione energertica tedesca (Energiewende) fissa obiettivi molto alti. Al 2050, le rinnovabili dovrebbero fornire l’80% della produzione elettrica e il 60% dei consumi energetici, con una riduzione delle emissioni di CO2 dell’80-95% rispetto al 1990.

I costi delle misure fin qui adottare sono però astronomici: 16 miliardi in più in bolletta per le famiglie tedesche, secondo le cifre riportare dall’Economist. 24 miliardi in totale, secondo le stime del FT. E col rischio che la Commissione europea imponga di ridurre le esenzioni per gli energivori, penalizzando così l’industria tedesca.

Un bel problema per il governo tedesco, che teme di veder compromessa la competitività delle proprie imprese. E per Gabriel, visto che c’è il rischio concreto che l’utilizzo delle centrali a carbone sia progressivamente ridotto. Un grosso problema, considerando la forte industria estrattiva tedesca e la vocazione degli occupati nel settore a votare per l’SPD, il partito di Gabriel.

Il problema più grosso per il governo tedesco e la spiegazione della sua intransigenza è però un altro. La legge tedesca è molto rigida e non permette in alcun modo un taglio retroattivo dei sussidi.

Questo significa che il peso dei sussidi è destinato a restare immutato per anni: anche smettendo di sussidiare impianti nuovi, ci sarebbero quelli vecchi da mantenere per venti anni dall’entrata in servizio. A quel punto, tanto vale usarli appieno e imporre agli altri Paesi europei un peso simile, affinché l’industria tedesca non sia troppo svantaggiata. In questo caso, il problema non è solo tedesco, ma anche del resto d’Europa.

Aggiornamento: segnalo anche l’interessante articolo di Matt McGrath per la BBC.

L’asse franco-tedesco dell’energia: i dubbi

Le Figaro - Hollande propose un «Airbus franco-allemand de l'énergie»Nella conferanza stampa del 14 gennaio, il Presidente Hollande ha proposto un asse franco-tedesco per l’energia. La StaffettaQuotidiana ha interpretato la proposta come un’alleanza di piccole e medie imprese dei due Paesi, da costruire intorno all’Office franco-allemand pour les énergies renouvelables.

L’Office è una struttura intergovernativa creata l’estate scorsa dagli omologhi Delphine Batho e Peter Altmaier, in realtà poco più di un’esperienza simbolica, destinata soprattutto allo scambio di informazioni. Nel frattempo, i due sono stati tra l’altro sostituti da Philippe Martin e da Barbara Hendricks e non si sono registrati particolari passi avanti.

In più, secondo Reuters, EDF e E.On non sarebbero stati ufficialmente interpellati da parte dell’Eliseo sull’iniziativa ipotizzata da Hollande. A riprova del fatto che se qualcosa si sta muovendo, non riguarda (almeno ufficialmente) i giganti.

Eppure Le Figaro ricorda la cooperazione tra Framatom e Simens per la realizzazione del reattore EPR e si interroga sulla reale portata delle dichiarazioni di Hollande. D’altronde, coi suoi 56 miliardi di fatturato, Airbus è senza dubbio un termine di paragone piuttosto ambizioso.

Qualche chiarimento dovrebbe arrivare il 19 febbraio, in occasione del prossimo Consiglio dei ministri franco-tedesco. Quando si capirà se Hollande ha lanciato un ballon d’essai o se ha fatto riferimento a un progetto più avanzato. Intanto, purtroppo una cosa è certa: l’Italia continua a non essere un partner attraente.

Hollande: un asse franco-tedesco nell’energia

François Hollande - Ouverture de la conférence de presse du président de la République au Palais de l’Élysée le 14 janvier 2014«Dobbiamo coordinarci per la transizione energetica. Questa è una grande scommessa per l’Europa. Ma noi, la Francia e la Germania, dobbiamo dare l’esempio […] nella costituzione delle filiere industriali comuni per la transizione energetica.

Siamo molto fieri dei risultati di Airbus, una grande impresa franco-tedesca […]. L’idea è quella di fare una grande impresa franco-tedesca per la transizione energetica».

C’è molta retorica nelle parole di Hollande, ma il progetto politico è chiaro (leggere o ascoltare per credere): l’integrazione europea deve essere in realtà un’integrazione franco-tedesca, con buona pace dei Paesi periferici.

E il Presidente cita tre punti chiave: stato sociale, difesa e energia. E proprio al modello industriale della difesa (Airbus) guarda la proposta francese: un campione franco-tedesco, tanto grande da puntare a dominare il mercato europeo e competere a livello globale.

E non rischiare noie dalla Commissione europea, che notoriamente ha un’avversione per i campioni nazionali e per uno Stato troppo interventista (invidia…?). Ma che dovrebbe ancora una volta arrendersi di fronte a una volontà comune franco-tedesca.

Nei fatti, è difficile dire a cosa potrebbe portare la proposta. Perché se dal lato francese è naturale guardare a EDF, su quello tedesco la frammentazione tra grandi operatori (E.on, RWE) e la limitata partecipazione pubblica (in mano a comuni e enti locali, peraltro) rendono davvero difficile trovare un referente. E immaginare uno sviluppo industriale a breve.

Eppure Hollande ha tracciato chiaramente una linea e ha toccato (direttamente o indirettamente) alcuni punti chiave per il governo tedesco: la transizione energetica, lo sviluppo di una filiera industriale di scala credibile, la difesa dei sussidi agli energivori di fronte agli obiettivi ambientali (e alle audaci iniziative del Parlamento europeo).

Se si andrà in quella direzione, l’effetto sarà un’ulteriore marginalizzazione dell’Italia, ridotta ancora di più a mercato finale dove esportare tecnologia. E degli operatori italiani, ai quali si è impunemente impedito l’ingresso in grande stile su alcuni mercati e che certo non avrebbero vita facile a competere con una crescente ingerenza pubblica franco-tedesca.

Insomma, anche se per ora non stiamo parlando di fusioni in vista, il cuore del messaggio è chiaro: finché si tratta di imporre la concorrenza sui mercati periferici (e noi lo siamo, uh se lo siamo), tutti europeisti. Ma quando si tratta fare politica industriale, c’è chi sembra avere le idee molto chiare. Se a Roma c’è un governo, batta un colpo.

Il mercato del bilanciamento

Così paghiamo le rinnovabili anche quando non servonoSegnalo un interessantissimo contributo di Michele Governatori dal titolo Così paghiamo le rinnovabili anche quando non servono. Si tratta di un pezzo un po’ tecnico, ma molto utile per capire come funzionano i mercati elettrici e quali siano le conseguenze della scelta di integrare sempre più rinnovabili.

Più in generale, il contributo si presta a una riflessione più ampia: la scelta compiuta in questi decenni di affidarsi alla regolazione anziché all’intervento pubblico diretto richiede che i meccanismi di regolazione siano ben compresi dal decisore politico ex ante, in modo da evitare continui interventi e distorsioni (come nel caso del mercato del bilanciamento del gas).

Italia: gas a buon prezzo

Che l’energia sia un input dei processi produttivi e il suo prezzo influenzi la competitività delle industrie è un noto. E che le imprese italiane di tutte le classi di consumo paghino l’elettricità molto più della media europea e dei concorrenti tedeschi è putroppo una realtà consolidata.

Nel caso del gas naturale però il discorso è diverso, stando alle statistiche di Eurostat relative al primo semestre di quest’anno. Perché il gas in Italia costa più della media europea (18%) e delle Germania (20%) per i piccolissimi consumatori industriali (fino a 25.000 mc). Un discorso analogo vale anche per la classe successiva (fino a 250.000 mc).

Se però si considerano le fasce di consumo superiori, la situazione si inverte completamente e si registra un ampio vantaggio competitivo per i medi e grandi consumatori italiani (oltre il 20%).

Da dove nasce questo vantaggio? In parte dal costo del gas e dei servizi, ma solo per le classi di consumo medie e solo rispetto alla Germania. Il vero elemento di vantaggio competitivo per i medi e grandi consumatori industriali italiani è la tassazione, che letteralmente crolla dal 31% per i piccolissimi consumatori al 19% per i medi, al 10% per i grandi e addirittura all’8% per i grandissimi, mentre per i concorrenti europei resta ampiamente sopra il 20%.

Chiamala, se vuoi, politica industriale.

Prezzo del gas per consumatori industriali per classi, tasse escluse (Eurostat, nrg_pc_203)

Prezzo tasse escluse

Prezzo del gas per consumatori industriali per classi, tasse incluse (Eurostat, nrg_pc_203)

Prezzo tasse incluse

Componente fiscale del prezzo finale del gas per consumatori industriali per classi (Eurostat nrg_pc_203)

Tassazione


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