Privatizzare Eni e Enel (magari non ora)

Eni, Enel: privatizzazioni inutili Sul tema dell’ulteriore privatizzazione di Eni e Enel torneremo sicuramente nelle prossime settimane, anche se dato l’attuale contesto politico è probabile che nemmeno questo autunno torneremo sulla questione.

Solo una paio di osservazioni. La prima – fondamentale – è che si può recidere il cordone ombelicale tra lo Stato e le aziende che ne hanno fatto la politica energetica per decenni solo se lo Stato disponde della volontà politica di immaginare una politica energetica compiuta in ambiente di mercato (quindi non la SEN) e al contempo disponde  dei mezzi per attuarla (mezzi innanzitutto organizzativi).

Secondo: privatizzare ora, senza se e senza ma, è un errore. Come fa notare Mario Semerio su Italia Oggi, perché con la poca liquidità in circolazione gli incassi sarebbero magri e l’impatto sul debito pubblico sarebbe poco rilevante.

E l’impatto sul mercato? Torniamo al punto uno, perché in assenza di capacità di regolazione e intervento efficaci da parte del Governo, il risultato sarebbe disastroso (come le privatizzazioni degli anni Novanta) trasformando posizioni dominanti pubbliche in posizioni dominanti private [liberale sì, ma sono anche realista!].

Convincono poco anche le argomentazioni di Giuseppe Artizzu su HuffingtonPost, che vorrebbe mettere all’angolo Eni e Enel perché si oppongono alle posizioni di rendita create dai sussidi alle rinnovabili.

Le posizioni di Eni e Enel sono sacrosante: più generazione termoelettrica oggi vuol dire prezzi più bassi per i consumatori, imprese comprese. In periodo di crisi, le bollette si appesantiscono per arricchire chi ha colto l’occasione di una regolazione fatta male (e torniamo al primo punto).

E a poco vale la difesa di obiettivi europei già di fatto raggiunti e – apparirà sempre più evidente – inutili per l’ambiente perché non globali. Spingere per la privatizzazione di Eni e Enel nella speranza che così si oppongano con meno efficacia ai sussidi attuali è interesse di parte, non disegno sistemico.

Tra l’altro, per perseguire obiettivi di diffusione delle rinnovabili da piano quinquennale si sta ammazzando il mercato elettrico. A dirlo sono i dati del rapporto annuale Aeeg relativi alle quote di mercato. Nel 2012, Enel ha perso 3 punti percentuali, Eni 2, Edison e E.On 1, mentre il Gestore dei servizi energetici (società del Ministero dell’economia che distribuisce buona parte delle rinnovabili sussidiate) ha guadagnato 4 punti ed è il secondo operatore dopo Enel.

Urgono partiti politici con una visione di insieme, un’idea di politica energetica e la volontà di attuarla. Poi si potrà parlare di privatizzazioni.

Libro verde della Commissione Europea

Green Paper "A 2030 framework for climate and energy policies"La Commissione Europa ha appena pubblicato un nuovo libro verde sulle politiche energetiche e climatiche dal titolo “A 2030 framework for climate and energy policies“.

L’obiettivo della Commissione è quello di tracciare obiettivi e corsi di azione possibili per il prossimo decennio, seguendo il consolidato binomio “promozione del mercato” (ben venga) / “ossessione per le questioni ambientali” (sempre più irrealistica, dato il quadro economico).

La consultazione lanciata con il Libro verde si chiuderà il 2 luglio.

Snam: piano strategico 2013-2016

Snam presenta il Piano Strategico 2013-2016Snam Rete Gas ha presentato il piano strategico per il prossimo quadriennio, con investimenti pari a 6,2 miliardi di euro, di cui 1,3 nel solo 2013.

Tra le infrastrutture programmate, altri 1.000 km di rete (+3% rispetto al 2012) e 150 MW di potenza di compressione installata (+17% rispetto al 2012), con un potenziamento complessivo della capacità di reverse flow verso altre reti europee.

Sul fronte dello stoccaggio, Snam ha annunciato un aumento della capacità di modulazione del 25% (da 10,7 Gmc nel 2012 a circa 13,5 Gmc nel 2016) e a un incremento del 14% della capacità di punta.

Sul piano internazionale, Snam prevede un consolidamento delle partecipazioni recentemente acquisite: quelle effettuate nel quadro dell’alleanza Fluxys (tra cui le interconnessioni UK-continente), che richiederanno altri 100 milioni di euro di investimenti nei prossimi anni, e soprattutto quelle nella rete francese TGIF, acquisita al 45% da Snam assieme a EDF e GIC.

L’acquisizione di TGIF, che richiederà ulteriori 600 milioni di euro, è particolarmente importante perché destinata a essere un tassello fondamentale della rete unica europea, in grado di interconnettere i rigassificatori spagnoli con il mercato francese, ma anche con quelli dell’Europa centrale.

Crollano ancora i consumi di gas

Consumi gas, a febbraio -18,4%Mentre qualcuno parla di ulteriore sovracapacità di importazione per decreto, il mercato italiano del gas continua nella sua caduta libera.

Secondo le stime di SQ, febbraio ha fatto registrare un -18,4% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. A gonfiare il dato è stata l’ondata di freddo dell’anno scorso, ma la tendenza di fondo resta: -2,4% rispetto al 2011. Se si considera la media dello stesso periodo degli ultimi nove anni, il calo è di quasi il 7%.

Considerando i settori di consumo, oltre a un fisiologico calo di quelli residenziali a causa del minor freddo, il dato sicuramente più impressionante è quello del termoelettrico: -28,3% sul 2012 e -22,9% sul 2011. Le ragioni sono note. Preoccupante anche il calo, più contenuto, del settore industriale.

La sicurezza energetica nel mercato unico dell’elettricità

La crescente penetrazione delle fonti rinnovabili nel mix elettrico pone una serie di sfide al sistema elettrico, in primo luogo quella dell’affidabilità. Infatti, in assenza di vento o di cielo coperto gli impianti eolici e quelli fotovoltaici non possono funzionare e questo obbliga il sistema a trovare altrove l’offerta necessaria a coprire la domanda. Molte sono le possibilità: maggiori interconnessioni con l’estero, meccanismi di accumulo dell’energia elettrica, capacità di generazione di riserva, etc. La scelta fra queste soluzioni alternative non è semplice, perchè richiede complesse valutazioni tecnico-economiche e perchè inevitabilemtne avvantaggia gli interessi di qualcuno a scapito di quelli di qualcun altro (vedi contrapposizione Terna- Assoelettrica).

In attesa che lo sviluppo tecnologico ci renda disponibili batterie assai più efficienti e meno costose di quelle attuali, la scelta in Italia e in Europa sembra essere quella di garantire la presenza di un’adeguata capacità di riserva, costituita essenzialmente da centrali a turbo-gas. Questa soluzione non è però esente da problemi: dovendo entrare in funzione solo per poche ore all’anno, questa capacità di riserva non può essere adeguatamente remunerata dalla vendita dell’elettricità alla borsa elettrica.

Una soluzione possibile è quella del pagamento della capacità, di cui nei mesi scorsi si è parlato anche in Italia, ma che non è ben vista dalla Commissione europea, la quale teme possa preservare l’attuale frammentazione dei mercati elettrici europei e mascherare indebiti aiuti di stato. In sostanza, per la Commissione introdurre diffusamente meccanismi che remunerano la capacità rischia di minare l’obiettivo che l’Unione Europea si è data di realizzare il mercato unico dell’energia per il 2014.

Per cercare di sondare le opinioni e le varie posizioni la DG Energia ha lanciato una consultazione pubblica, che si concluderà a breve. Nell’attesa che i risultati siano diffusi, per chi ne vuol sapere di più, consiglio di partecipare al workshop che la Florence School of Regulation ha organizzato per il prossimo venerdì 1 febbraio e che vede la partecipazione di importanti rappresentanti delle autorità di regolazione e dell’accademia.

Revisione tariffe del gas: centinaia di milioni in gioco

AEEG - 13 novembre 2012 - 471/2012/R/gas In novembre l’Autorità aveva annnunciato l’intenzione di procedere a una revisione delle modalità di calcolo delle condizioni economiche per il servizio di tutela, che copre un terzo del mercato finale italiano (circa 18 Gmc all’anno) e che fa da riferimento anche per le dinamiche di prezzo sul mercato libero.

Attualmente, la tariffa della componente commercializzazione all’ingrosso (CCI, nel gergo dell’Autorità) – ossia il costo della materia prima in bolletta – è fissata con una formula che simula le quotazioni dei contratti di lungo periodo (95% greggio, gasolio e olio combustibile; 5% spot), quelli detenuti dai grandi operatori nazionali.

Tutto bene? Non troppo. Perché l’impianto dei contratti di lungo periodo (solitamente con clausola take-or-pay) è vecchio di decenni e non risponde più alle condizioni reali del mercato (le economie pianificate non esistono più, bruciare olio combustibile per generare grandi quantitativi di elettricità non è praticabile e i monopoli nazionali sono vietati dalla legilazione europea, per citarne solo alcuni). Tant’è vero che, grazie all’eccesso di offerta, i prezzi sui mercati all’ingrosso sono sistematicamente più bassi dei prezzi dei contratti di lungo periodo.

Chi ci rimette? I clienti finali, soprattutto. Perché i grandi operatori, per limitare l’impatto economico, comprano gas a prezzi spot e lo rivendono a prezzo regolato. L’Autorità riconosce apertamente che c’è un problema: «una regolazione divenuta obsoleta che comporta, date le condizioni e l’evoluzione del mercato, l’insorgere di rendite improprie a danno dei clienti finali».

Urgono quindi, secondo l’Autorità, modifiche alle modalità di calcolo delle condizioni economiche, per «trasferire al consumatore i benefici derivanti dallo sviluppo concorrenziale del mercato all’ingrosso». Per i dettagli, rimando al documento, che prevede sia un “allegerimento” della CCI (legandola maggiormente ai prezzi spot), sia un meccanismo di assicurazione contro le oscillazioni delle quotazioni spot (che remunererebbe comunque chi ha in portafoglio i contratti di lungo periodo).

Il risultato? Fino a -7,44% in bolletta, secondo le stime dell’Autorità. Un bel trasferimento di benefici, dai grandi grandi operatori a favore dei consumatori finali.

Una rapida stima dà conto delle dimensioni della questione: proiettando su base annua le tariffe attualmente in vigore per il cliente domestico tipo, un consumo di 18 Gmc vale indicativamente 15,5 miliardi di euro. La riduzione varrebbe 1,2 miliardi di euro all’anno.

Si tratterebbe di una riduzione netta di 800 milioni di euro all’anno per gli operatori (variamente distribuita a seconda dei portafogli e delle modalità di assicurazione introdotte, ma comunque in buona parte Eni e Edison) e 400 milioni all’anno in meno di pressione fiscale.

Gli operatori si stanno muovento attivamente per mettere i ammorbidire le proposte dell’Autorità. Come se questo non bastasse, il rischio è che venga meno anche l’appoggio “politico” all’Autorità (che formalmente resta indipendente) proprio a causa dell’impatto economico della misura, che ridurrebbe il gettito e sarebbe troppo favorevole ai consumatori.

Un duro compito attende l’Autorità: non si può che fare il tifo per lei.