Domande e risposte sul fracking

FT - No middle ground in fracking debateSegnalo un interessante articolo del FT sul fracking e il gas da argille, tema attualmente molto dibattuto nel Regno Unito, dove sono in corso le operazioni per sfruttare diversi giacimenti.

Nunmerose le domande dirette a cui FT cerca di rispondere: cos’è il fracking, cosa sta succedendo nel Regno Unito, quali sono gli effetti. Tra l’altro, a quanto pare è più facile che le miniere di carbone provochino terremoti che non le operazioni di fracking (una delle grandi preoccupazioni dei britannici).

Interessante notare che la Chiesa di Inghilterra si è schierata a favore dello sfruttamento del non convenzionale perché consentirebbe costi dell’energia più bassi, a tutto vantaggio dei più poveri. Punto che sembra spesso sfuggire nel dibattito sulle politiche energetiche e in particolare sulle rinnovabili.

Lettura consigliata e istruttiva, anche se giova ricordare che nel nostro Paese non ci sono riserve di gas da argille e dunque il dibattito difficilmente ci interesserà mai in modo diretto.

Il sistema cinese alla sfida del non convenzionale

FT - China set to miss targets for shale gasfield developmentSecondo quanto riportato dal FT, il governo cinese non riuscirà a garantire i livelli di produzione di gas non convenzionale annunciati per il 2015. Si trattava peraltro di livelli tutto sommato contenuti: 6,5 miliardi di metri cubi (Gmc), 2% dei consumi cinesi (statistiche ufficiali, giova ricordare).

La prima ragione del fallimento annunciato è la carenza di tecnologia e soprattutto di capacità operative da parte delle compagnie cinesi. Un secondo fattore sarebbe amministrativo, data la difficoltà di gestire le autorizzazioni per le condotte.

Un terzo fattore è poi direttamente collegato alla natura dello stato cinese: i prezzi del gas sono stabiliti per decreto e sono stati molto bassi negli ultimi anni. Ora è stato annunciato un aumento per i clienti non residenziali del 15%, ma è troppo tardi rispetto ai tempi di sviluppo (inoltre, possono variare arbitrariamente in futuro, anche in base agli obiettivi di inflazione).

Nel 2012 la Cina ha prodotto 0,5 Gmc di gas non convenzionale e un aumento a 6,5 Gmc in due anni appare difficile. Le difficoltà attuali gettano un’ombra sulle reali possibilità dell’economia cinese di raggiungere gli ambiziosi livelli previsti per i prossimi decenni.

INGRANDISCI - Composizione della produzione cinese di gas al 2035 (fonte IEA)Secondo i dati IEA, nel 2035 la produzione non convenzionale cinese dovrebbe arrivare a circa 235 Gmc, di cui 115 di gas associato al carbone, 95 di gas da argille, 25 di gas da sabbie compatte, coprendo oltre il 40% del fabbisogno cinese previsto (544 Gmc). Tenendo sempre a mente che si tratta di stime a oltre 20 anni, sono in ogni caso dati molto alti.

Non si può fare a meno di pensare che un tale aumento della produzione sarà di difficile gestione senza riforme diffuse nel Paese. Più in generale, sembra che anche sul fronte energetico inizino a emergere segnali di una crescente difficoltà a mantenere la competitività del sistema economico senza un superamento dell’attuale sistema politico, che per ragioni organizzative (burocrazie sovrapposte) e simboliche (la legittimità del sistema resta basata sul Partito Comunista). Superamento tutt’altro che facile, naturalmente.

Il petrolio non convenzionale come fenomeno statunitense

The Shale Oil Boom: A U.S. PhenomenonSegnalo un nuovo paper di Leonardo Maugeri The Shale Oil Boom: A U.S. Phenomenon, dedicato tra a ricostruire il panorama del non convenzionale statunitense e a esplorare i fattori che ne rendono difficilmente replicabile il modello in altri Paesi.

Tra i più importanti, oltre alla dotazione geologica, vi sono la disponibilità di attrezzature, la scarsità di popolazione, la miriade di imprese comptitive e proponse al rischio e i diritti di proprietà delle risorse sotterranee (che negli Stati Uniti sono del proprietario del suolo).

Il testo contiene anche qualche interessante spunto di riflessione in ambito geopolitico.

 

L’impatto del gas non-convenzionale

A shale gas revolution?Segnalo un interessante studio del MIT su The Influence of Shale Gas on U.S. Energy and Environmental Policy.

Lo studio compara lo scenario energetico statunitense con e senza gas da argille e valuta l’impatto del non-convenzionale sul costo dell’energia, sugli interscambi con l’estero e sui livelli di occupazione.

I risultati sono tutti largamente prevedibili e naturalmente positivi in tutti gli ambiti. I ricercatori del MIT tuttavia sottolineano che il gas da argille ha anche l’effetto di prevalere sulle rinnovabili, riducendone il peso e quindi aumentando l’impatto in termini di emissioni.

Aggiungerei, però, che non si tratta di un fatto completamente negativo: oltre al fatto che il gas spiazza in larga misura anche il carbone, il cui uso per la generazione elettrica produce più alte emissioni, restano infatti due dati essenziali.

Il primo è che posticipare l’adozione di misure eccessivamente stringenti in materia ambientale, soprattutto nell’attuale contesto macroeconomico, rappresenta un vantaggio competitivo, anche perché consente di scaricare sugli altri i costi dei limiti autoimposti.

Il secondo è che entrare più tardi massicciamente nelle rinnovabili – ossia, quando il gas sarà troppo costoso in termini comparati – consente di utilizzare direttamente le tecnologie più avanzate, scaricando sugli altri i costi rappresentati dagli investimenti già effettuati (per semplificare molto, chi dubita che i pannelli solari tra 10 anni saranno molto più efficienti e molto meno cari? Bene, noi intanto avremo i pannelli di oggi e staremo ancora paganti il V conto energia…).

 Molto su cui meditare, su questa sponda dell’Atlantico.

Petrolio, la prossima rivoluzione

Leonardo Maugeri - Oil: the Next Revolution – The Unprecedented Upsurge of Oil Production Capacity and What It Means for the WorldTitolo forse un po’ roboante per un interessantissimo paper di Leonardo Maugeri, Oil: The Next Revolution. The Unprecedented Upsurge of Oil Production Capacity and What It Means For The World, pubblicato dalla Harvard Kennedy School.

Tra i punti chiave del lavoro, Maugeri sottolina alcune conclusioni:

  • il petrolio non sta finendo, i problemi nel suo sfruttamento non sono sotto la superficie, ma sopra (leggi: politici).
  • la nuova produzione nel corso del decennio si concentrerà in Iraq, Stati uniti, Canada (e Venezuela) e ogni problema politico in uno (si indovini quali) di questi Paesi potrebbe avere conseguenze destabilizzanti.
  • la produzione non convenzionale negli Stati Uniti non è una bolla e probabilmente si estenderà sempre più (con tempi e modi diversi) agli altri Paesi.
  • a livello aggregato la produzione convenzionale sta crescendo, ma in alcune aree (Nord America e Mare del Nord) sta diminuendo in modo irreversibile.
  • l’epoca del “cheap oil” è definitivamente tramontata, ma è non è ancora prevedibile a quale livello si attesterà il prezzo e le tecnologie non convenzionali potrebbero essere determinanti nel contenerlo.
  • il mercato petrolifero resterà molto volatile fino almeno al 2015. Dopo il 2015, i grandi progetti attualmente in cantiere dovrebbero aumentare la capacità produttiva mondiale, provocando una contrazione duratura dei prezzi (con un caveat: i consumi mondiali devono crescere meno dell’1,6% annuo per tutto il decennio).
  • gli scontri tra l’industria petrolifera e i gruppi ambientalisti rischiano di rallentare lo sviluppo di nuovi progetti (in Occidente) e sarebbe necessaria una rivoluzione nelle tecnologie di riduzione delle emissioni e dell’impatto ambientale.
  • in seguito all’aumento della produzione non convenzionale, l’Asia diventerà sempre più il mercato di riferimento per la produzione petrolifera mediorientale, rendendo la Cina un protagonista della politica nella regione.
  • la dipendenza dell’emisfero occidentale (leggi: Nord America) dalle importazioni petrolifere si ridurrà, ma non isolerà gli Stati Uniti dalle dinamiche dei mercati mondiali.
  • la crescita del non convenzionale indirizzerà le attività del’industria petrolifera verso l’emisfero occidentale per i prossimi decenni.

Buona lettura.