L’economia ucraina verso il tracollo?

OIES - Ukraine’s imports of Russian gas – how a deal might be reached L’inverno si avvicina e nel prosimo trimestre la domanda di gas europea tornerà a crescere. Intanto però gli stoccaggi ucraini, fondamentali per garantire i flussi di gas verso l’Europa orientale e l’Italia, restano pericolosamente mezzi vuoti (48% a metà agosto).

A rallentare il ritmo delle iniezioni è l’assenza di un accordo tra Gazprom e Naftogaz dopo il cambio di governo a Kiev. Dal 16 giugno, tra l’altro, Gazprom ha interrotto le esportazioni destinate al mercato ucraino, mantenendo solo i flussi diretti in Ue.

I nodi sono due: il primo è il debito, 5,3 miliardi di dollari secondo quando dichiarato da Gazprom, a cui in teoria si aggiungono 11,4 miliardi per volumi acquistati ma non ritirati. Il secondo sono i prezzi per il futuro, considerando che il contratto vigente scade in teoria nel 2019. A ricostruire la vicenda in dettaglio è Simon Pirani.

Secondo Pirani, un accordo sul gas può essere raggiunto anche senza che si risolvano gli altri problemi politici. Nel breve periodo, la soluzione potrebbe essere che Naftogaz segua la prassi di mercato e paghi tutta la somma dovuta, aspettando poi che il tribunale arbitrale decida eventuali compensazioni.

Per il futuro, invece, è probabile che emergano dinamiche più competitive, Naftogaz perda il monopolio sul trasporto e il gas russo venga venduto a intermediari direttamente al confine tra Russia e Ucraina. I rischi di furto saranno così ridotti notevolmente, ma Gazprom dovrà accettare prezzi minori, vista la generale discesa dei prezzi sui mercati Ue e la crescente competizione del carbone sul mercato ucraino.

A rendere incerti gli sviluppi è però soprattutto la disastrosa situazione economica dell’Ucraina, che mette in dubbio i fondamenti stessi dell’intervento del Fondo Monetario, come ben spiegato dal Financial Times. I Paesi occidentali preparino il portafogli.

Oltre la Crimea. Russia contro Europa?

Aldo Ferrari - Oltre la Crimea. Russia contro Europa? «La crisi dell’Ucraina che, dopo l’annessione della Crimea alla Russia, è continuata nelle regioni orientali del Paese, ha profondamente modificato la posizione di Mosca nello scenario internazionale.

La Russia deve ora affrontare una crisi dei suoi rapporti con l’Occidente ancora più grave di quella seguita alla guerra con la Georgia dell’agosto 2008, che pure aveva indotto molti osservatori a parlare con eccessiva precipitazione di “nuova guerra fredda”.

Un nuovo ebook ISPI affronta i temi centrali della odierna situazione russa, tanto nella sfera interna quanto in quella esterna, cercando di comprendere e indagare le ragioni profonde delle difficoltà di un rapporto quello tra Russia ed Europa, o per generalizzare tra Russia e Occidente, che permangono anche venticinque anni dopo la caduta dell’ex Unione Sovietica».

Il volume è scaricabile gratuitamente qui e contiene anche un mio breve saggio dal titolo «Europa-Russia: una convivenza energetica».

La sicurezza energetica europea, tra breve e lungo periodo

OIES - Europe’s energy security – caught between short-term needs and long-term goals Ancora un bel lavoro pubblicato dall’Oxford Energy Studies Institute dal titolo Europe’s energy security – caught between short-term needs and long-term goal, a firma di David Buchan.

Il lavoro analizza la questione dei rapporti energetici tra i Paesi dell’UE e la Russia, alla luce delle conseguenze della crisi ucraina. Alle prese con una dipendenza strutturale dalle importazioni e con la questione degli alti costi delle politiche energetiche immaginate per il 2030, l’UE non può che continuare a dipendere almeno in parte dalla Russia per i propri approvvigionamenti.

La questione chiave, come sottolinea bene Buchan, è che il problema europeo non è la dipendenzas in sé, ma la vulnerabilità, ossia il fatto che interruzioni di breve periodo possano causare danni. Questo problema riguarda soprattutto il gas, data la possibilità di importare da altri fornitori sia il carbone, sia il greggio e i suoi derivati. E riguarda sopratutto i Paesi dell’Europa orientale, dove la dipendenza dal gas russo è totale.

La risposta? Più che farsi prendere dalla fobia anti-russa, i decisori politici europei dovrebbero guardare di più alle soluzioni concrete, come l’aumento delle interconnessioni tra le reti europee e della capacità di stoccaggio. E magari come la costruzione di South Stream, che ridurrebbe le vulnerabilità legate all’instabilità in Ucraina. Che in fondo resta il vero problema.

L’Ucraina e le guerre del gas

Lettera43 - L'Ucraina e le guerre del gas«Mettiamola così: provate a casa vostra a non pagare per sei mesi la bolletta e vedete cosa succede. Certo, potete chiamarla guerra, appellarvi ai tribunali, protestare contro i prezzi alti, ma se vi staccano il gas è solo colpa vostra. E finché non fate il versamento con gli arretrati, la pasta la mangiate fredda. Non c’è bisogno di scomodare quindi la geopolitica per spiegare la questione tra Gazprom e Naftogaz: i debiti vanno saldati, punto e basta».

Stefano Grazioli scatenato su Lettera43. E decisamente condivisibile: qui il resto.

Continua la crisi russo-ucraina

mappa-ucrainaSe non fosse che delle persone stanno morendo negli scontri fra miliziani filo-russi e soldati pro-Kiev, la crisi russo-ucraina potrebbe essere facilmente paragonata a una telenovela o a una partita di poker dai continui colpi di scena.

Stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore, il tira e molla tra Mosca a Kiev si è riacutizzato in queste ore a seguito dell’abbattimento di un aereo militare da parte dei ribelli e della dichiarazione di Gazprom di pompare in Ucraina, d’ora in poi, solo il gas pagato in anticipo.

La tensione torna dunque a salire, a dimostrazione di come la crisi non sia affatto di facile soluzione e di come le pressioni e le iniziative di Bruxelles abbiano un potere limitato.

Come più volte ribadito in questo blog, la sicurezza energetica italiana non è al momento minimamente in pericolo, ma è possibile che alcuni Paesi dell’Est Europa debbano presto fronteggiare una scarsità di gas che potrebbe colpire nei prossimi mesi il comparto industriale e quello elettrico (in caso di scarsità, scatterebbe infatti il razionamento dell’offerta, che favorisce i consumatori domestici e penalizza le imprese e le centrali termoelettriche).

Difficile tuttavia pensare che in un modo o nell’altro un accordo non venga raggiunto per l’autunno. Troppi i soldi in palio, anche per Mosca. Certo, come in una partita a poker, resta da vedere chi spunterà il risultato migliore.

Sicurezza energetica: le proposte della Commissione europea

bandiera europeaNonostante il suo mandato scada tra pochi mesi, la Commissione europea ha pubblicato la scorsa settimana le sue proposte per una Strategia per la Sicurezza Energetica Europea.

Rispondendo alle richieste del Consiglio europeo di marzo, e tenendo in considerazione in primo luogo i rischi connessi alla crisi russo-ucraina, la Commissione ha ribadito la necessita di adottare una strategia “testarda”, che promuova la capacità dell’Unione di resistere nel breve termine agli shock e alle interruzione dei rifornimenti energetici e che, nel lungo periodo, consenta alla stessa Unione di ridurre la dipendenza da particolari fonti di energia, particolari fornitori o particolari vie d’approvvigionamento.

Per fare questo è necessario ci sia la volontà degli Stati membri di coordinarsi e cooperare attivamente, anteponendo la prospettiva comunitaria a quella strettamente nazionale. Si tratta di qualcosa più facile a dirsi che a farsi, visto che i vari Stati membri presentano situazioni fortemente differenziate e quindi non è facile per i vari governi superare gli egoismi nazionali e adottare atteggiamenti più solidali.

A questo punto la palla passa al Consiglio europeo, che si riunirà il 26 e 27 giugno e che dovrà anche esprimersi sulle proposte circa le politiche energetico-climatiche per il 2030.

PS: guardando all’elenco delle infrastutture che per la Commissione sono importanti per garantire la sicurezza enegetica nei vari paesi membri viene da chiedersi chi pagherà il tutto. La trentina di infrastrutture elencate hanno infatti un costo di realizzazione di alcune decine di miliardi di euro ed è poco plausibile che i privati saranno disposti a metterceli tutti, tanto più che la domanda di energia in Europa è stagnante e il consumo di gas in Europa dovrebbe addirittura cadere, se venisse attuato il piano proposto dalla Commissione per il 2030. D’altra parte, la sicurezza è un bene pubblico e il mercato non è il miglior meccanismo per garantirne un’adeguata offerta.