L’uscita dell’Italia dal Trattato sulla carta dell’energia

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L’annuncio dell’uscita dell’Italia dal Trattato sulla carta dell’energia è passato praticamente inosservato perfino tra gli addetti ai lavori per un trimestre, fino a quando la notizia non è stata battuta da SQ.

Il provvedimento risale infatti alla Legge di stabilità di dicembre e prevede il taglio di una serie di spese superflue dovute alla partecipazione italiana a organizzazioni internazionali. Nella revisione della spesa è caduta anche la partecipazione italiana al Trattato sulla carta dell’energia, siglato nel 1994 per favorire gli investimenti nel settore energetico tramite la protezione degli investimenti e il commercio nel settore dell’energia.

La decisione, oltre a far risparmiare all’Italia 450.000 euro all’anno, non sembra destinata ad avere particolari conseguenze, visto che esiste un’ampia serie di altre disposizioni vincolanti a protezione degli investimenti in Italia e di quelli italiani all’estero.

Inoltre, il trattato ha già perso in ogni caso gran parte del proprio senso. Il suo scopo era infatti quello di favorire gli investimenti energetici e i commerci con la Russia attraverso le ex repubbliche sovietiche. La Russia è però uscita dal trattato nel 2009 senza mai averlo ratificato, lasciando così il trattato e il suo Segretariato basato a Bruxelles (il vero centro di costo) privi di una vera e propria utilità.

Per un approfondimento sulla questione, segnalo un post di Francesca Morra e Lorenzo Parola Any consequences stemming from Italy’s withdrawal from the Energy Charter Treaty? pubblicato dall’ISPI Energy Watch.

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