Economia dell’energia. I fondamenti

Giancarlo Pireddu - Economia dell'energia. I fondamentiPerché una fonte si impone sulle altre in un certo momento storico? Perché è razionale importare anziché produrre internamente? Quali sono gli effetti dei diversi modelli di regolazione? L’energia è molto prima economia che politica, ma il fondamento economico di ogni questione energetica è spesso sottovalutato nel dibattito pubblico, soprattutto in Italia.

Il libro di Pireddu consente al lettore di comprendere i fondamenti economici e tecnici da cui le decisioni politiche non possono prescindere, o che possono ignorare solo a un prezzo molto alto.

La lettura non è facile, il testo è rivolto un pubblico universitario, ma è estremamente utile per chi voglia capire le basi economiche di ogni discorso sull’energia. Inoltre, l’agevole distinzione per argomenti e l’indice molto completo lo rendono anche un ottimo strumento di consultazione su singoli aspetti.


Giancarlo Pireddu
Economia dell’energia. I fondamenti
Pavia University Press – Biblioteca delle Scienze, 2009, 439 pp.
ISBN/EAN: 978-88-89629-43-7
Scheda su libreriauniversitaria.it
Servizio bibliotecario nazionale


Petrolio, la nuova minaccia globale

ISPI dossier - Petrolio, la nuova minaccia globale - 29/03/2012È uscito oggi il nuovo dossier ISPI «Petrolio, la nuova minaccia globale»: titolo un po’ giornalistico, ma contenuti interessanti.

Segnalo in particolare alcune analisi:

Per dovere di cronaca, nel dossier è anche presente un’intervista video al sottoscritto:

Buona lettura.

Il petrolio è welfare. Anche a Occidente

Caso Italia. Nel 2012 lo Stato dovrebbe incassare dalla tassazione sugli oli minerali poco meno di 25 miliardi di euro. Se ci aggiungete l’Iva (che è calcolata anche sulle accise, generando così un fenomeno inspiegabile in natura di tassazione della tassazione) vi avvicinate (complessivamente) a 35. Ci si finanzia grosso modo il 5% della spesa pubblica corrente (al netto degli interessi).

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Il petrolio è welfareA togliere di mezzo qualche luogo comune e qualche iper-semplificazione mentale è Massimo Nicolazzi, in un dossier Ispi dedicato al petrolio e anticipato su Limes online. Lettura caldamente consigliata, va da sé.

Consumi di gas europei e nuove infrastrutture

Le infrastrutture di importazione di gas naturale in EuropaNord Stream II: 27,5 miliardi di metri cubi (Gmc). South Stream: 60 Gmc. Nabucco: 30 Gmc. Galsi: 8 Gmc. TAP: 10 Gmc. Rigassificatori: diverse decine di Gmc. I progetti di infrastrutture fioriscono, ma altrettanto non si può dire dei consumi di gas: secondo i dati Eurogas, l’associazione delle imprese europee del settore, i consumi europei continuano la loro altalena. 517 Gmc nel 2008, quando la crisi iniziava a fare capolino, 487 Gmc nell’anno orribile 2009, 522 Gmc nel 2010, quando si osava pensare che forse il peggio fosse passato, per poi tornare giù fino a 495 Gmc nel 2011.

Non il contesto ideale in cui realizzare infrastrutture che costano alcuni miliardi di euro, tra l’altro in gran parte da prendere a prestito, in un momento non certo felice per i mercati del credito.  Tra gli addetti ai lavori, si è diffusa la consapevolezza che all’odore del gas spesso si è sostituito quello della naftalina, almeno fintanto che la situazione economica non tornerà ad essere prevedibile e almeno moderatamente positiva.

In questo contesto, fare previsioni diventa un’arte più difficile del solito: secondo lo scenario di riferimento IEA, i consumi europei al 2020 dovrebbero arrivare a 547 Gmc. Considerando il calo della produzione interna (da 188 a 155 Gmc, con un mancato boom del non-convenzionale europeo), la necessità di importazioni arriverebbe a 393 Gmc, ossia 52 più del 2010.

Nel frattempo, le infrastrutture che erano partite in tempi migliori, come il Nord Stream I e Medgaz, sono state concluse per forza di cose: da quei 52 andrebbero dunque tolti rispettivamente 27,5 e 8 Gmc. Resterebbero dunque 16,5 Gmc di nuova necessità di importazione da soddisfare di qui al 2020: tanti quanti un gasdotto (TAP o chi per esso) in arrivo dall’Azerbaigian e un po’ di nuova capacità di rigassificazione.

Con buona pace degli altri. Nabucco di naftalina puzzava già da un po’, ammesso che importare il gas iraniano sia mai stata un’idea vagamente fattibile. Per quanto riguarda i gasdotti dalla Russia, è possibile che Gazprom spinga per realizzare in ogni caso entro il decennio il Nord Stream II, ma è difficile immaginare che ci possa essere posto di qui al 2020 anche per altri 60 Gmc di South Stream. E questo senza considerare la questione degli investimenti necessari a garantire la relativa capacità di upstream.

In un contesto economico-finanziario particolarmente movimentato, è quindi probabile che sul fronte del gas per qualche anno di movimenti se ne vedano relativamente pochi, almeno per progetti a breve scadenza.