Nabucco: RWE vende a OMV

OMV buys RWE stake in Nabucco gas pipeline projectL’austriaca OMV ha acquisito la quota della tedesca RWE all’interno del consorzio Nabucco, anche se non sono state fornite indicazioni sul prezzo pagato.

Fino all’operazione, le quote del Nabucco erano divise in modo paritetico (16,67%) tra sei soci: oltre a OMV e RWE, la bulgara BEH, la turca Botas, l’ungherese MOL e la rumena Transgaz.

Con l’operazione, OMV diventa l’azionista di riferimento, anche se sono già stati annunciati nuovi cambiamenti nella composizione del consorzio.

Sebbene fosse attesa da tempo, l’uscita di RWE segna un indebolimento del consorzio nella competizione con TAP per il trasporto del gaz azerbaigiano in UE.

Gas naturale: i consumi al 2035

Stime dei consumi di gas naturale al 2035 - elaborazione su dati IEAFare previsioni a lunga scadenza è un esercizio difficile e generalmente smentito dai fatti. D’alta parte, ogni riflessione sul futuro implica necessariamente delle aspettative quantificabili, quindi tanto vale provare a cimentarsi.

Tra le previsioni relative all’energia, quelle IEA sono comunemente considerate il punto di riferimento. Ho analizzato i dati relativi ai consumi di gas previsti fino al 2035, relativi all’UE e al mondo e fatto qualche semplice elaborazione, che metto a disposizione di chi fosse interessato:

Overstretching russo sul fronte gasdotti?

GazpromGazprom ha annunciato nelle scorse settimane la firma di due memoranda per il potenziamento delle infrastrutture di esportazione dirette in Europa occidentale.

Il primo, con la polacca EuroPolGaz, riguarda l’ampliamento del gasdotto Yamal-Europa da 33 ad almeno 48 miliardi di metri cubi all’anno, con il nuovo gas diretto soprattutto verso Ungheria e Slovacchia. L’entrata in funzione è ipotizzata per il 2019.

Il secondo, con l’olandese Gasunie, allo scopo di raddoppiare ulteriormente la capacità di Nord Stream, da 55 a 110 miliardi di metri cubi all’anno. Le due nuove linee servirebbero a portare il gas fino alla Gran Bretagna e ha suscitato l’interesse anche di BP. L’ampliamento dell’infrastruttura avverrebbe verso il 2018.

Oltre a esprimere una non-scontata fiducia nelle prospettive future del mercato europeo, la strategia russa risponde a diverse esigenze.

In primo luogo, quello di ridurre ulteriormente il peso dell’Ucraina quale Paese di transito per il gas russo: la creazione del Nord Stream ha già alleggerito la quota dell’Ucraina (che comunque resta sopra il 50%), riducendo le opportunità per l’Ucraina di ricattare Gazprom o i suoi clienti europei.

La seconda esigenza a cui risponde la strategia di Gazprom è quella di rafforzare la posizione politica dell’azienda nei confronti della Commissione Europea, con la quale è ancora aperto il contenzioso antitrust. Provvedimenti particolarmente duri contro un’azienda pronta a investire tanto in Europa risulterebbero infatti politicamente indigesti.

Infine, nell’ottica della strategia commerciale di Gazprom, le nuove linee di importazione potrebbero rappresentare una contromisura attivabile in caso di scelta del Nabucco come gasdotto per il gas azerbaigiano. L’arrivo del gas di Shah Deniz nei Balcani potrebbe ridurre l’appetibilità del già complesso South Stream, indirizzando gli sforzi finanziari di Gazprom in un’altra direzione.

È bene in ogni caso ricordare che la difficile e incerta congiuntura economica in Europa e il riorientamento di Gazprom verso oriente suggeriscono cautela nel valutare le reali possibilità che le infrastrutture proposte siano effettivamente realizzate, soprattutto nei tempi previsti.

Shah Deniz: si valutano i progetti

Shah Deniz consortium starts evaluation of gas transportation offersI membri del consorzio di Shah Deniz hanno comunicato di aver iniziato il processo finale di valutazione dei due progetti finalisti per il trasporto del gas azerbaigiano in UE, TAP e Nabucco West.

La decisione è attesa per il mese di giugno, mentre già da fine aprile dovranno essere rese legamente vincolanti le offerte di trasporto formulate dai due consorzi.

La valutazione prevede otto criteri: potenzialità commerciali, potenzialità di consegna tempestiva e completa (deliverability) del progetto e del piano finanziario, disegno ingegneristico, trasparenza, operabilità, scalabilità e considerazioni politiche. Queste ultime, in particolare, potrebbero fare la differenza a favore di uno dei due progetti.

Nel mese di maggio sono invece attese le offerte di acquisto da parte degli operatori europei: data la necessità di garantire un mercato finale al progetto in congiuntura incerta come quella attuale, questo è destinato a essere determinante per tutto il processo di scelta.

 

Sicurezza energetica, il cambio di paradigma

La SEN - Il Governo ricomincia a fare politica energeticaIn poco più di dieci anni, l’appovvigionamento energetico italiano ed europeo ha cambiato radicalmente faccia. La spinta politica verso nuove tecnologie per le rinnovabili ha ristrutturato l’offerta, soprattutto nel settore elettrico, mentre le liberalizzazioni imposte a livello europeo hanno rotto il ruolo di monopolio degli operatori nazionali, spesso ancora oggi controllati o partecipati dai rispettivi governi.

Si è trattato di un processo ampiamente annunciato, che però ha portato a un cambiamento di paradigma di cui è consapevole solo una parte dei decisori politici e che è rimasto quantomeno marginale nel dibattito pubblico: i campioni nazionali semi-pubblici non sono più gli strumenti per la tutela della sicurezza energetica.

Eni e, in misura minore, Enel hanno per decenni rappresentato lo strumento di politica energetica nazionale, scritta sotto forma di strategie aziendali. È stato un processo efficace, ma ha avuto costi notevoli: le inevitabili ingerenze politiche nella gestione delle aziende hanno prodotto generato ampi sprechi e inefficienze.

Ora però i mercati sono stati aperti alla concorrenza e il capitale pubblico in queste aziende è sceso: il risultato è stata la loro normalizzazione. Eni e Enel hanno oggi per la sicurezza energetica del consumatore italiano lo stesso ruolo della francese GDF o della tedesca E.On.

A ribadirlo è stato l’ad di Eni, Paolo Scaroni: «gli incumbent europei esercitavano, ancorchéindirettamente, un ruolo di garanti [della] sicurezza [energetica], ma ora le nuove regole del gioco non consentono piu’ alle imprese europee di svolgere questo ruolo, che ritorna ad essere un tema di carattere sovrano, di spettanza dei Governi e dell’Unione Europea».

Ora tocca ai governi europei fare un ulteriore passo avanti: coordinare davvero e in modo profondo le proprie strategie energetiche, definendo strumenti e azioni che abbiano la stessa dimensione del mercato su cui operano le aziende e si servono i consumatori. Quella europea.

Uno dei passaggi chiave per arrivare compiutamente a una strategia europea è quello dell’eliminazione delle partecipazioni pubbliche negli operatori, attuata in modo simmetrico da tutti i governi europei. Si tratterà di un processo lungo, ma sarà inevitabile per creare un mercato davvero concorrenziale, in cui gli Stati-azionisti e gli Stati-regolatori non vivanno più un instabile conflitto di interessi, lasciando i governi liberi di farsi direttamente responsabili delle misure necessarie a garantire la sicurezza energetica per i propri cittadini.

La SEN guarda (poco) all’Europa

SEN: e l’Europa dov’è?Dopo i commenti di Stagnaro e Tabarelli al dibattito sulla SEN lanciato da Formiche, è difficile aggiungere qualcosa.

Tuttavia, un dato più politico che “tecnico” mi pare evidente: la strategia guarda all’Europa molto di sfuggita e – in fondo – senza vederci una reale prospettiva di azione politica. Ho provato a dirlo in un post: SEN: e l’Europa dov’è?.

Un caveat: sono convinto che la prospettiva europea sia allo stesso tempo desiderabile e necessaria. E sono altrettanto convinto che le istituzioni attualmente esistenti non siano all’altezza del compito.