Consegnato il primo motore navale dual-fuel

gCapitain - Engine to Power World’s First Dual-Fuel Containership Delivered to ShipyardCome riportato da gCapitan, è stato consegnato ai cantieri NASSCO di San Diego il primo motore navale con doppia alimentazione, gasolio e gas naturale. Il propulsore muoverà un cargo della classe Marlin da  3,100-TEU.

Il motore è stato prodotto in Corea del Sud su licenza MAN e consente l’utilizzo del gas stoccato sulla nave direttamente sotto forma di GNL. Assieme al propulsore sono stati infatti consegnati due serbatoi criogenici da 900 metri cubi, per un totale di circa un milione di metri cubi di gas.

La soluzione tecnologica adottata rappresenta un importante passo avanti verso la diversificazione delle fonti nel settore trasporti, dominato da quasi un secolo dai derivati del petrolio. Oltre alle ricadute in termini di sicurezza dell’approvvigionamento, i motori a doppia alimentazione consentono anche di sfruttare i eventuali differenziali di prezzo tra combustibili e soprattutto di adattare la propulsione in base alle normative di emissione locali, introducendo un ulteriore elemento competitivo nel settore del trasporto marittimo.

A spingere verso un maggiore uso del gas è anche la normativa sulle emissioni marittime, che soprattutto in Europa sta diventando sempre più stringente. Sebbene i derivati del petrolio siano attualmente destinati a dominare ancora a lungo il mercato del trasporto navale, il GNL vedrà senza dubbio crescere la propria quota, anche considerando il cospicuo numero di progetti in cantiere. La tecnologia a doppia alimentazione potrebbe rivelarsi determinante e segnare un vero e proprio cambio di passo nell’industria.

La UE spinge per liberalizzare le esportazioni di idrocarburi USA

Sole24Ore - L'Europa punta i piedi per liberare l'export di petrolio e gas UsaIl Sole24 Ore riporta oggi la notizia di un documento della Commissione europea trapelato nelle mani del Washington Post, in cui si vede la pressione che i negoziatori europei del nuovo accordo di libero scambio transatlantico stanno facendo sui loro omologhi americani, affinché si proceda all’eliminazione delle restrizioni alle esportazioni di idrocarburi fuori dai confini statunitensi.

Tali restrizioni furono introdotte negli anni ’70, quando gli embarghi posti in essere dagli arabi e la diminuzione della produzione domestica accrebbero la percezione dell’esistenza di una minaccia alla sicurezza energetica nazionale.

A seguito della shale revolution tali restrizioni non hanno tuttavia più molta ragione d’essere: gli USA ormai producono al loro interno o importano dal vicino e affidabile Canada la gran parte degli idrocarburi di cui abbisognano.

Secondo la Commissione europea, facilitare le esportazione di idrocarburi USA verso l’Europa può migliorare la sicurezza energetica europea.  Ci sono tuttavia ragioni di crede, e in questo blog l’abbiamo detto più volte, che questo miglioramento sia piuttosto trascurabile.

Semmai, il beneficio che l’Europa potrebbe ottenere sarebbe quello di vedere ridotto il vantaggio competitivo delle raffinerie e delle altre industrie americane che usano gli idrocarburi come materia prima, materia prima che in situazioni di eccesso di offerta viene inevitabilmente venduta a un prezzo ribassato (si ricordi che in questi anni il Brent è stato sensibilmente più caro del West Texast Intermediate).

Nel caso queste pressioni avessero un seguito positivo nell’accordo transatlantico, il comparto europeo, che vive una situazione di profonda crisi, potrebbe avere qualche piccola ragione di gioire.

Le migliori università per lavorare nell’oil&gas

Rigzone - The EU's Best Universities for an Oil CareerUn buon lavoro nell’industria petrolifera? Meglio partire bene e scegliere un’università che offra un curriculum di studi competitivo, buone connessioni con l’industria e – of course – didattica in inglese.

A mappare le migliori offerte in Europa ci ha pensato Rigzone (se poi interessa, c’è anche un elenco delle università statunitensi).

Tenetevi forte, l’Italia fa un figurone: due atenei su sette sono italiani. Si tratta del Politecnico di Torino, che offre la laurea magistrale in Petroleum Engineering, e dell’Università degli Studi di Perugia, che offre la laurea magistrale in Petroleum Geology.

Gli altri atenei sono le due università di Aberdeen, la Norwegian University of Science and Technology, l’olandese Delft University of Technology e l’austriaca Montanuniversität Leoben.

Certo, come ogni graduatoria è opinabile e forse incompleta, ma il punto centrale resta: dove si investe in internazionalizzazione e si creano percorsi di studio che guardano alle frontiere dell’industria, l’università italiana ha ancora molto da dire.

Amaie Sanremo: 430 mila euro di multa

AmaieSanzione pesante per l’Amaie, la municipalizzata di Sanremo: 10% del fatturato del 2010, pari a quasi 430.000 euro. Secondo quanto indicato nella delibera (215/2014/S/eel), Amaie non ha rispettato gli obblighi di legge relativi all’installazione dei misuratori elettronici per ben due anni: 2008 e 2009 (SQ indica anche il 2011).

Amaie ha dunque violato la normativa che prevede un progressivo aumento della quota di utenti che dispongono dei misuratori elettronici, i contatori che consentono servono tra l’altro a garantire al cliente una fatturazione basata su prelievi effettivi e che offrono agli operatori la possibilità di proporre offerte di vendita a prezzi multiorari.

Amaie ha tentato di evitare la sanzione addossando la responsabilità alle trattative fallite con Enel per la cessione della rete, ma l’Autorità ha giudicato le giustificazioni assolutamente insufficienti. L’esistenza di una trattativa, tra l’altro dall’esito incerto, non può infatti esimere dal rispetto delle prescrizioni di legge.

La delibera è del 16 maggio e Amaie aveva in teoria trenta giorni per pagare o sessanta giorni per fare ricorso. Difficile che la via del ricorso possa portare a ribaltare la delibera. Alla fine, con ogni probabilità, a pagare saranno i sanremesi, sia come utenti o sia come azionisti.

Nota: Sanremo è la mia città, per questo l’argomento mi sta a cuore.

Continua la crisi russo-ucraina

mappa-ucrainaSe non fosse che delle persone stanno morendo negli scontri fra miliziani filo-russi e soldati pro-Kiev, la crisi russo-ucraina potrebbe essere facilmente paragonata a una telenovela o a una partita di poker dai continui colpi di scena.

Stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore, il tira e molla tra Mosca a Kiev si è riacutizzato in queste ore a seguito dell’abbattimento di un aereo militare da parte dei ribelli e della dichiarazione di Gazprom di pompare in Ucraina, d’ora in poi, solo il gas pagato in anticipo.

La tensione torna dunque a salire, a dimostrazione di come la crisi non sia affatto di facile soluzione e di come le pressioni e le iniziative di Bruxelles abbiano un potere limitato.

Come più volte ribadito in questo blog, la sicurezza energetica italiana non è al momento minimamente in pericolo, ma è possibile che alcuni Paesi dell’Est Europa debbano presto fronteggiare una scarsità di gas che potrebbe colpire nei prossimi mesi il comparto industriale e quello elettrico (in caso di scarsità, scatterebbe infatti il razionamento dell’offerta, che favorisce i consumatori domestici e penalizza le imprese e le centrali termoelettriche).

Difficile tuttavia pensare che in un modo o nell’altro un accordo non venga raggiunto per l’autunno. Troppi i soldi in palio, anche per Mosca. Certo, come in una partita a poker, resta da vedere chi spunterà il risultato migliore.

Sicurezza energetica: le proposte della Commissione europea

bandiera europeaNonostante il suo mandato scada tra pochi mesi, la Commissione europea ha pubblicato la scorsa settimana le sue proposte per una Strategia per la Sicurezza Energetica Europea.

Rispondendo alle richieste del Consiglio europeo di marzo, e tenendo in considerazione in primo luogo i rischi connessi alla crisi russo-ucraina, la Commissione ha ribadito la necessita di adottare una strategia “testarda”, che promuova la capacità dell’Unione di resistere nel breve termine agli shock e alle interruzione dei rifornimenti energetici e che, nel lungo periodo, consenta alla stessa Unione di ridurre la dipendenza da particolari fonti di energia, particolari fornitori o particolari vie d’approvvigionamento.

Per fare questo è necessario ci sia la volontà degli Stati membri di coordinarsi e cooperare attivamente, anteponendo la prospettiva comunitaria a quella strettamente nazionale. Si tratta di qualcosa più facile a dirsi che a farsi, visto che i vari Stati membri presentano situazioni fortemente differenziate e quindi non è facile per i vari governi superare gli egoismi nazionali e adottare atteggiamenti più solidali.

A questo punto la palla passa al Consiglio europeo, che si riunirà il 26 e 27 giugno e che dovrà anche esprimersi sulle proposte circa le politiche energetico-climatiche per il 2030.

PS: guardando all’elenco delle infrastutture che per la Commissione sono importanti per garantire la sicurezza enegetica nei vari paesi membri viene da chiedersi chi pagherà il tutto. La trentina di infrastrutture elencate hanno infatti un costo di realizzazione di alcune decine di miliardi di euro ed è poco plausibile che i privati saranno disposti a metterceli tutti, tanto più che la domanda di energia in Europa è stagnante e il consumo di gas in Europa dovrebbe addirittura cadere, se venisse attuato il piano proposto dalla Commissione per il 2030. D’altra parte, la sicurezza è un bene pubblico e il mercato non è il miglior meccanismo per garantirne un’adeguata offerta.