BP Statistical Review 2016

bpSegnalo la pubblicazione dell’edizione 2016 del BP Statistical Review of World Energy, una delle più complete e autorevoli raccolte di dati sul mondo dell’energia.

Nel 2015, i consumi mondiali di energia primaria – ossia da tutte le fonti sommate – sono arrivati a 13.147 Mtoe (+1% rispetto al 2014). La Cina si conferma il primo consumatore (3.014 Mtoe, +1,5%), seguita dagli Stati Uniti (2.281 Mtoe, -0,6%), dall’UE (1.631 Mtoe, +1,6%), dall’India (701 Mtoe, +5,2%), Russia (667 Mtoe, -3,3%) e Giappone (448 Mtoe, -1,2%).

Per quanto riguarda le fonti, il petrolio si conferma la principale (4.331 Mtoe, +1,9%), seguita dal carbone (3.840 Mtoe, -1,8%), dal gas naturale (3.135 Mtoe, +1,7%), dalle rinnovabili (1.258 Mtoe, +4,7%) e dal nucleare (583 Mtoe, +1,3%).

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BP Statistical Review 2014

Segnalo la nuova edizione dello Statistical Review of World Energy di BP, da cui ho tratto i dati dell’infografica della settimana scorsa.

Nessun sorpresa: la domanda mondiale di energia è arrivata a 12.730 Mtep, in aumento del 2% rispetto al 2012. A trainare i consumi Cina (+4,4%), Stati Uniti (+2,6%), India (+3,8%) e Brasile (+2,9%). Stagnante invece la domanda europea (-0,3%), con Francia (+1,3%) e Germania in aumento (+2,5%) e Italia (-2,7%), Spagna (-5,3%) e Regno Unito (-0,8%) in contrazione.

I primi dieci consumatori mondiali di energia nel 2013

In aumento i consumi di tutte le fonti, anche se con ritmi diversi. Più modesto nel caso di gas e petrolio (+1,1%) e nucleare (+0,6%), moderato nel caso di carbone (+2,8%) e idroelettrico (+2,7%) e marcato nel caso delle rinnovabili (+16%). In termini assoluti, a crescere di più è stato il carbone, che con 103 Mtep in più ha soddisfatto il 42% della nuova domanda.

Per quanto riguarda la composizione del paniere, il petrolio resta dominante (33%), seguito carbone (30%), gas (24%), idroelettrico (7%), nucleare (4%) e rinnovabili (2%). Paniere invariato rispetto al 2012, a dimostrazione della forte inerzia che caratterizza i consumi energetici.

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Shah Deniz II: firmata la decisione finale d’investimento

ZOOM - Shah Deniz - nuova composizione azionaria (2014)Oggi i soci del consorzio Shah Deniz hanno firmato la decisione finale d’investimento relativa alla seconda fase, quella che fornirà il gas naturale destinato a raggiungere il mercato italiano.

L’investimento riguarda le attività di produzione e l’estensione del South Caucasus Pipeline fino al confine tra Georgia e Turchia, per una spesa preventivata in 28 miliardi di dollari. La nuova produzione attesa è di 16 Gmc/a, di cui 6 destinati alla Turchia, 1 alla Grecia, 1 alla Bulgaria e 8 all’Italia.

La decisione finale d’investimento era attesa da mesi ed era stata posticipata più volte a causa negoziazioni tra i soci sull’investimento, con contrapposizioni in particolare tra la compagnia di stato azerbaigiana Socar e l’operatore del consorzio, la britannica BP.

A sorpresa, cambia la composizione azionaria: dal 2014, Statoil scenderà dal 25,5% al 15,5%, incassando 1,45 miliardi di dollari. A salire sarà la partecipazione di BP (al 28,8%) e quella di Socar (al 16,7%). Le altre quote restano invece invariate: Total (10%), Lukoil (10%), NICO (10%), TPAO (9%).

In seguito alla firma di oggi vengono meno tutte le incertezze relative al progetto e si attendono ora le (inevitabili) decisioni finali d’investimento relative a TANAP e TAP. Restano ora sul tavolo solo i dubbi relativi all’effettiva tempistica di arrivo sul mercato italiano: ufficialmente il 2019, probabilmente il 2020.

Aggionamento: secondo quanto riportato da FT, Statoil e Total si sono tirate indietro dal progetto TANAP, nel quale avrebbero dovuto rilevare quote pari rispettivamente al 12% e al 5%. L’accordo finale sulle quote non è ancora stato raggiunto, ma il governo azerbaigiano dovrebbe in ogni caso mantenere una quota di almeno il 51%.

I limiti delle previsioni

FT - The World in 2040Con l’aumentare della complessità e dell’incertezza che caratterizzano il mondo (dell’energia e non), cresce la necessità di trovare un apparente conforto nelle previsioni e negli scenari dei ricercatori.

A gennaio BP ha aggiornato il proprio outlook al 2030, a marzo Shell ha pubblicato i New Lens Scenarios, a luglio la EIA ha pubblicato l’edizione 2013 del proprio International energy outlook e a novembre la IEA pubblicherà l’edizione 2013 del proprio World Energy Outlook.

Strumenti interessanti e ben confenzionati, ma intrinsecamente sbagliati. Come ha ben messo in luce Nick Butler, previsioni a trent’anni non fanno altro che proiettare il consenso degli addetti ai lavori oggi. Utili per capire le aspettative di oggi, ma incapaci (epistemologicamente, passatemi il termine) di cogliere l’ignoto che è destinato a verificarsi, nel settore energetico come in ogni altro settore.

Basta pensare ai cambiamenti tecnologici, economici, politici degli ultimi venti anni per giungere alla conclusione che molto spesso sia l’imprevedibile a essere maggiormente significativo. A cominciare dalla tecnologia, in continua e imponderabile evoluzione.

Come ricorda Butler, a metà anni ottanta di climate change non si parlava (bei tempi!), l’Asia centrale e il Causaso erano sovietici, la Cina era un Paese agricolo sottosviluppato con consumi petroliferi pari a quelli italiani, il fracking e la perforazione orizzontale erano tecniche esotiche.

Morale della favola? Una volta letti i vari scenari, la cosa più utile da fare potrebbe essere provare a pensare “cosa potrebbe andare storto”.