Il Turkish Stream prende forma

Turkish StreamDopo l’annuncio dell’abbandono di South Stream e la firma del memorandum con la turca Botas, prosegue lo sforzo di Gazprom per sviluppare una nuova infrastruttura di esportazione del gas diretta in Europa attraverso  la Tuchia. I dettagli della tratta hanno cominciato a essere diffusi nei giorni scorsi, anche per dare credibilità alle strategie di diversificazione russa.

Il nuovo progetto di gasdotto, chiamato Turkish Stream, dovrebbe partire dalla costa russa, nella zona di Anapa, e attraversare il Mar Nero. Il punto di attracco è previsto nell’area del villaggio di Kıyıköy, nella Turchia europea, mentre il punto di ingresso nella rete di distribuzione turca sarà nella zona di Lüleburgaz. Il punto di uscita verso l’UE è invece previsto nella zona di Ipsala, vicino al confine turco-greco.

Nel complesso, la lunghezza della tratta onshore è prevista di circa 180 km, mentre non ci sono ancora notizie esatte sulla tratta offshore (e infatti le navi Siapem sono alla fonda). È probabile che si sia presa inizialmente in considerazione anche l’ipotesi di un raddoppio di Blue Stream, ma Gazprom e Botas hanno preferito mantenere la maggior parte della tratta offshore, forse anche per sfruttare i contratti già assegnati da South Stream per le condotte sottomarine e la posa dei tubi.

Analogamente a South Stream, la capacità complessiva di Turkish Stream dovrebbe essere di 63 Gmc annui, distribuiti su quattro linee da 15,75 Gmc annui ciascuna. Secondo quando dichiarato da Gapzrom, 47 Gmc annui saranno destinati all’ingresso in UE, mentre gli altri 16 saranno destinati alla domanda turca, prevista in forte aumento.

La costruzione della prima linea destinata a rifornire il mercato turco occidentale non dovrebbe essere in dubbio, dato che domanda, offerta e capacità di costruzione ci sono. Permangono forti dubbi sull’effettiva realizzazione delle successive tre linee, destinate a rifornire un mercato europeo debole e sulle quali è facile attendersi da parte della Commissione un veto sul piano regolatorio.

Di grandi volumi di gas russo in transito in Turchia se ne riparlerà dunque forse tra qualche anno, anche se nel frattempo una stabilizzazione dell’Ucraina e un più ampio coinvolgimento finanziario occidentale a fianco di Kiev potrebbero rendere il transito attraverso l’Ucraina un’opzione meno rischiosa e tutto sommato conveniente per Gazprom.

Il Corridoio meridionale dopo South Stream

Hazar - The Southern Gas Corridor Beyond South StreamL’annuncio di Putin a inzio dicembre dell’abbandono di South Stream ha attratto molta attenzione mediatica. La vicenda del gasdotto da diverse decine di miliardi di dollari rappresentava infatti il simbolo più evidente dello scontro in atto tra le strategie di Gazprom e quelle della Commissione Europea.

Ora che il progetto è ufficialmente abbandonato, sia Gazprom sia la Commissione Europea finiranno col rivedere profondamente i propri piani, soprattutto a causa delle aspettative tutt’altro che rosee del mercato del gas in Europa. In questo quadro, difficilmente ci sarà posto per l’ipotesi di deviare la rotta del South Stream passando dalla Turchia, secondo la formula giornalistica del Turk Stream.

Sull’argomento, segnalo una mia analisi pubblicata oggi dal Caspian Strategy Institute.

South Stream: Putin annuncia la cancellazione

Reuters - Russia's South Stream pipeline falls victim to Ukraine crisis, energy routA esprimersi è stato Putin in persona: South Stream non si farà, almeno per il momento. Nonostante le aziende russe e i committenti internazionali fossero già impegnati nelle attività preliminari della costruzione, l’annuncio è stato netto e lascia poco spazio alle interpretazioni.

South Stream diventa la prima vittima eccellente della crisi dei prezzi del greggio. La contrazione delle quotazioni sta già costando alcune decine di miliardi di dollari all’anno alla Russia e mancano indizi affidabili su quando i prezzi torneranno a crescere. Per le aziende e per il governo russi è dunque il momento di tagliare le spese inutili, a cominciare proprio dal gasdotto sotto il Mar Nero.

Negli  ultimi mesi, i dubbi erano diventati sempre più insistenti. A pesare, oltre agli effetti della crisi del greggio, altri tre fattori: le sanzioni internazionali, che hanno compromesso in parte le relazioni economiche. Più importante ancora, e parzialmente sovrapposta alla prima, è stata la guerra di logoramento della Commissione, che da tempo si è attestata su posizioni antirusse e che ha fatto della riduzione dei rapporti con la Russia un mantra.

Infine, l’elemento che forse ha pesato di più è la debolezza del mercato europeo, di cui si fanno fatica a immaginare le prospettive. Sebbene la IEA preveda un aumento dei consumi europei a 518 Gmc entro il 2030, la situazione economica del continente e le incertezze legate alle politiche ambientali rendono particolarmente rischioso investire in nuova capacità di esportazione verso l’UE. Soprattutto se l’alternativa è la Cina, dove la nuova domanda non manca e i capitali da investire nemmeno.

L’annuncio di Putin è arrivato durante una visita ad Ankara. Ed è stato seguito dall’annuncio che un gasdotto da 63 Gmc sotto il Mar Nero si farà comunque, ma con approdo in Turchia. Dove peraltro già arriva il Blue Stream. Secondo le dichiarazioni, sarebbere già stato firmato un accordo preliminare per destinare 14 Gmc al mercato turco – quello sì in forte crescita – e il resto ai mercati europei.

Si tratta probabilmente di una mossa mediatica per mascherare la retromarcia russa, ma se fosse realizzato priverebbe la strategia europea del Corridoio meridionale del gas della sua funzione anti-russa. La realizzazione di TAP-TANAP e quella del nuovo gasdotto russo saturerebbero ampiamente la nuova domanda di gas per i prossimi decenni, quantomeno su quella direttrice.

Resta da vedere quali saranno le prossime mosse russe. Di certo, il grande perdente di oggi è un’azienda italiana: Saipem, che avrebbe dovuto realizzare la prima linea e parte della seconda, per un totale di 2,4 miliardi di euro di commesse. Certo, potrebbe in teoria prendere l’eventuale nuova commessa russa, ma intanto oggi il titolo in borsa è crollato.

Seminario: the EU Southern Gas Corridor

Seminario ISPI - The EU Southern Gas CorridorSi è tenuto oggi a palazzo Clerici un seminario a parte chiuse dal titolo The EU Southern Gas Corridor, organizzato da ISPI e HASEN.

A parlare del gasdotto TAP e delle altre infrastrutture destinate a portare il gas azerbaigiano sono stati ricercatori, operatori del settore e giornalisti.

Sul sito dell’ISPI sono presenti alcune delle presentazioni.

La Turchia come hub regionale del gas

Simone Tagliapietra - Turkey as a Regional Natural Gas Hub: Myth or Reality? An Analysis of the Regional Gas Market Outlook, beyond the Mainstream RhetoricLa decisione di costruire TANAP e TAP ha dato finalmente una dimensione concreta al Corridoio meridionale del gas. Per ragioni geografiche, economiche e politiche, il nodo centrale del corridoio non può che essere la Turchia.

Con un mercato in forte crescita e con una posizione geografica all’incrocio tra Caucaso, Iran, Iraq e Bacino del Levante, Ankara rappresenta un partner inevitabile di ogni sviluppo nell’area.

Il governo turco carezza da tempo l’ipotesi di sfruttare questa posizione per diventare un vero e proprio hub del gas, su cui far transitare una quota delle importazioni europee non facilmente sostituibile. Col risultato di diventare un partner sempre più indispensabile per l’UE.

Le prospettive di realizzare questo progetto nel medio termine (5-10 anni) non ci sono, per via delle carenze sul lato dell’offerta. In un orizzonte più lungo, c’è qualche possibilità, ma esistono molte incertezze: dalle reali possibilità di sviluppo delle aree di produzione alla consistenza della domanda europea.

Per approfondire questi temi, segnalo l’ottimo paper di Simone Tagliapietra: Turkey as a Regional Natural Gas Hub: Myth or Reality? An Analysis of the Regional Gas Market Outlook, beyond the Mainstream Rhetoric.

La Turchia e la sicurezza energetica europea

Energy, Turkey, the EU, the Adriatic basinSegnalo tre contributi molto interessanti pubblicati dallo IAI sulla Turchia e collegati al suo ruolo nella sicurezza energetica europea:

Sebbene sia a questo punto chiaro che le prospettive di accesso della Turchia all’UE siano le medesime dell’Ucraina, la cooperazione tra Ankara e i governi europei è quantomai importante per lo sviluppo del sistema infrastrutturale europeo.
Non bisogna tuttavia sopravvalutare il ruolo della Turchia: per quanto importante, nei prossimi decenni difficilmente dal Paese transiterà più del 5% dei consumi europei di gas (20-25 Gmc/a), ossia meno che dalla Tunisia. E anche qualora le più rosee aspettative dovessero realizzarsi, si arriverebbe al massimo al 10%.

Inoltre, la Turchia rappresenta anche un grande importatore di gas (46 Gmc nel 2012) e ha interessi convergenti rispetto ai consumatori europei quando si tratta della maggiore minaccia alla sicurezza energetica, ossia la stabilità dei Paesi produttori.

Diversa la questione quando si tratta di costi di realizzazione delle infrastrutture e di tariffe per il trasporto. Per questo, però, ai governi europei conviene essere coerenti con le scelte di fondo di politica economica degli ultimi decenni e lasciare che a occuparsi in prima linea della questione siano gli operatori.

Chi nelle diverse istituzioni sostiene il contrario ha probabilmente un forte interesse a usare la sicurezza energetica come pretesto per perseguire altri fini, sia nel dossier ucraino sia in quello turco.