Tensioni in Libia ma non sui mercati del petrolio

mappa-libia-cirenaica3Nonostante le numerose tensioni geopolitiche che hanno caratterizzato questo primo scorcio di 2015, il prezzo del petrolio, dopo un mini-rimbalzo a inizio febbraio, si mantiene su livelli piuttosto contenuti, attorno ai 60 $ al barile.

In particolare, la situazione di profonda crisi che caratterizza la Libia non sembra incidere troppo sulle quotazioni internazionali.

Su questo tema vi segnalo un mio breve contributo apparso oggi su AgiEnergia.

Crisi libica: nessun rischio per la sicurezza energetica italiana

Il Giornale - Il tecnico italiano ex ostaggio dell'Isis: "Vogliono solo il petrolio"La situazione libica è giunta nei giorni scorsi a un nuovo momento di crisi, con l’avanzata delle fazioni che si rifanno all’ISIS. Tornano così gli allarmi per gli approvvigionamenti energetici nazionali: dalla Libia arrivano infatti in Italia importanti forniture di petrolio e di gas naturale, ma anche in caso di completo collasso della produzione libica non ci sarebbero problemi per l’Italia.

Nei primi undici mesi del 2014, gli operatori nazionali hanno importato mediamente 3,3 milioni di tonnellate (Mt) di petrolio libico, pari al 6,7% del totale. Per quanto riguarda il gas naturale, nel 2014 le importazioni italiane dalla Libia attraverso il gasdotto Greenstream sono state di 6,4 miliardi di metri cubi, pari all’12% del totale importato.

Quantità rilevanti, ma perfettamente sostituibili, come ampiamente dimostrato nel 2011. Allora i flussi di greggio si interruppero per sei mesi e quelli di gas per sette senza alcuna conseguenza rilevante per i consumatori.

Nel caso del petrolio, a garantire la sicurezza è l’esistenza di un mercato sostanzialmente globale e liquido. Sebbene esistano diversi tipi di greggio adatti a diversi impianti di raffinazione, l’offerta sul mercato è abbastanza varia e diversificata da offrire facilmente un sostituto (nel caso specifico, l’Azerbaigian). La produzione libica, a regime, non arriva peraltro nemmeno al 2% del totale mondiale.

Nel caso del gas, a garantire la sicurezza è l’esistenza di un sistema di approvvigionamento diversificato e ridondante. La capacità di importazione della rete italiana ammonta infatti a oltre 100 Gmc/a, di cui il gasdotto della Libia rappresenta appena 9 Gmc/a. Il resto della capacità arriva da Nord Europa, Russia, Algeria e tre rigassificatori: decisamente abbastanza per rimpiazzare i flussi libici senza problemi.

La sicurezza degli approvvigionamenti italiani è poi amplificata dal calo dei consumi dovuto alla crisi economica. Nei primi undici mesi del 2014, le importazioni italiane di greggio sono state pari a 49,3 Mt, mentre nello stesso periodo del 2011 erano state di 62,3 Mt.

Parallelo anche il calo delle importazioni di gas: nel 2014 sono state di 54,5 Gmc, contro i 68,7 Gmc del 2011. E nel frattempo i rigassificatori in servizio sono passati da due a tre.

Gli interessi delle imprese italiane in Libia sono fortissimi, a cominciare da Eni, che è il primo operatore del Paese. Senza considerare le innegabili questioni di sicurezza. Tuttavia, sul fronte degli approvvigionamenti energetici, la completa destabilizzazione della Libia non porrebbe problemi rilevanti per l’Italia.

Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio

ISPI - Energia e gepoliticaIl fabbisogno energetico globale si espande incessantemente e le fonti fossili continuano a dominare i consumi di tutte le grandi economie. Alla stesso tempo, le crisi che in questi anni stanno sconvolgendo alcune delle principali aree di produzione stanno inevitabilmente condizionando le scelte politiche dei governi, con conseguenze di lungo periodo.

Sul tema ho appena curato per l’ISPI una collettanea dal titolo Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio. Questo l’indice del volume:

Prefazione di Paolo Magri
1 – Geopolitica dell’abbondanza di Massimo Nicolazzi
2 – L’energia del futuro, tra rivoluzione americana e boom asiatico di Matteo Verda
3 – L’energia in Europa al 2030: ambiente vs competitività? di Nicolò Rossetto
4 – Cina: da produttore a importatore di Filippo Fasulo
5 – La Russia dopo la Crimea: la fine di South Stream e la proiezione verso l’Asia di Fabio Indeo
6 – L’area del Caspio nello scenario energetico contemporaneo di Carlo Frappi
7 – Il gas naturale liquefatto: evoluzione di un mercato sempre più globale di Filippo Clô
8 – Prepararsi al futuro: alcune indicazioni sulle policy per l’Europa di Matteo Verda

Il volume è scaricabile gratuitamente qui.

Produzione petrolifera: costi di estrazione e breakeven

Segnalo un’interessante tavola sui costi di estrazione medi del petrolio per tipo di giacimento e area geografica di produzione, coi relativi volumi prodotti, pubblicata da Unione Petrolifera in occasione del tradizionale preconsuntivo petrolifero annuale.

UP - Costi di estrazione a breakeven con BrentConsiglio la lettura di tutte le slides del preconsuntivo, che contengono anche altri dati interessanti sullo scenario internazionale e sulla situazione italiana.

La rivoluzione shale e il crollo del greggio

IWE - The Shale Revolution and the oil slumpSono disponibili sul sito dell’ISPI Energy Watch le slides relative all’intervento “The Shale Revolution and the oil splump“, tenuto ieri da Massimo Nicolazzi a Padova.

L’intevento ha aperto i lavori del convegno “Il mercato degli idrocarburi: scenari e politiche energetiche”, organizzato Centro Levi Cases dell’Università di Padova.

 

La crisi del settore della raffinazione in Europa

ISPI - 2014 in refining: Europe is ailing, Italy is worseDue giorni fa è stato segnalato un post di Simona Benedettini sul mercato della capacità inglese. Oggi, vi rimando al secondo post apparso sul nuovo Osservatorio energia dell’ISPI.

Il pezzo, firmato da Matteo Villa, fa il punto della situazione sull’andamento del settore della raffinazione del petrolio in Europa e tratteggia un quadro piuttosto fosco.

Dalla crisi finanziaria del 2008 in poi l’Europa ha visto le proprie raffinerie fronteggiare da un lato il calo della domanda interna e dall’altro la crescente competizione dei produttori extra-UE, col risultato che i margini si sono notevolmente ridotti e si è registrata la chiusura di alcuni stabilimenti, non ultimo nel nostro paese.

Insomma, anche la raffinazione soffre nel Vecchio continente dell’eccesso di capacità e della mancata crescita dell’attività economica. Da sette anni ormai, il Pil europeo è stagnante e grazie alla maggiore efficienza la domanda di energia non può che essere in calo.

In questo contesto negativo, il calo dei prezzi del greggio degli ultimi mesi può dare una temporanea boccata d’ossigeno, ma non è affatto sicuro che questa cosa durerà a lungo e che i problemi del settore si ridimensioneranno. Anzi, il dato strutturale è che senza politiche adeguate la UE rischia davvero di perdere un settore economico storicamente molto importante.